Breglia (Scenari Immobiliari): “2025 anno di ripresona per il mercato immobiliare”

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Dal previsto exploit del residenziale al ruolo del risparmio gestito, fino all’impatto realistico che possono avere prodotti attualmente sotto i riflettori come il living o i data center: abbiamo chiesto a Mario Breglia, fondatore e presidente di Scenari Immobiliari come è andato l’anno che si sta chiudendo e quali sono gli outlook per l’immobiliare del 2025.

Domanda: Nel 2024 l’immobiliare italiano ha mostrato segnali di forte ripresa. Quali sono secondo lei gli asset che hanno performato meglio e perché?

Risposta: Il residenziale è andato sicuramente bene. È un residenziale con poca offerta, che però ha performato. Noi lo avevamo già previsto, segnando il 2024 come un anno di lieve ripresa e il 2025 come quello in cui la ripresa ci sarà. 

Sono calati i tassi di interesse, c’è attesa da gennaio di un ulteriore calo sui mutui e, soprattutto, c’è una maggiore propensione delle banche a concedere credito alle famiglie, che si unisce a una forte pressione abitativa sia da parte dei giovani che vogliono stare per conto loro, che di miglioramento abitativo in generale. Inoltre, c’è anche una propensione all’investimento, ovvero all’acquisto di case da mettere a reddito, soprattutto per le locazioni brevi. 

Tra gli asset che hanno ben performato c’è quindi la logistica, mercato ormai consolidato, che continuerà con questo trend positivo grazie all’enorme crescita dell’e-commerce e, in parallelo, alla necessità di scorte sempre aggiornate da parte  negozi di quartiere e dei piccoli centri commerciali. Le stesse grandi società come Amazon stanno investendo molto in logistica, aprendo nuovi centri di raccolta, per cui possiamo dire che la logistica funziona. 

Poi ci sono gli uffici, che non sono andati male. In Italia sta accadendo quello che era già successo anche negli altri Paesi, ovvero il mercato degli uffici nuovi, con caratteristiche che rispondono agli ESG, pensati e strutturati per far lavorare meglio i dipendenti, sono molto richiesti e i loro canoni sono in crescita. Parallelamente, tutta l’offerta datata non trova domanda e ci troviamo con un progressivo aumento del patrimonio di uffici vetusto, anni ‘60, ‘70 ormai anche anni ‘80, immobili che stanno diventando dei vuoti urbani perché non sono più adeguati né alle richieste della domanda, né alle esigenze tecnologiche che hanno le aziende. 

Il 2024 è stato quindi un ottimo anno per il segmento hotel. Nel 2025  ci saranno diverse nuove aperture, soprattutto a cinque stelle, localizzate a Roma, ancora un po’ a Milano, a Venezia e nelle località di mare. Guardando alla grande domanda internazionale di turismo e anche di investimenti nel settore turistico di alto livello, l’Italia è molto indietro rispetto agli altri Paesi. Rispetto alla Francia abbiamo un terzo di hotel a cinque stelle, rispetto alla Gran Bretagna ne abbiamo un quarto, quindi c’è ancora molta strada da fare. Questo vale anche per il segmento dei resort turistici. Il nostro Paese ha quasi 9000 chilometri di coste, con 50-60 resort di livello internazionale, quando dovrebbero essercene almeno il quadruplo.

D.Dall’analisi di Scenari Immobiliari emerge che il risparmio gestito in immobili attraverso fondi immobiliari e Reits si è confermato anche nel 2024 un motore per la crescita del real estate. La tendenza si confermerà anche nel prossimo anno?

R. Gli investitori istituzionali sono tornati e stanno investendo molto nell’immobiliare, perché a loro volta i rendimenti sono tornati ad essere interessanti.

Si tratta di rendimenti che vanno dal quattro al cinque per cento, quindi c’è un margine di interesse. In particolare, i fondi guardano più alla redditività che non al capital gain, aspetto considerato invece da investitori istituzionali sul lungo termine. 

Nel complesso, la situazione attuale vede l’inflazione e il costo del denaro scendere, mentre le rendite immobiliari sono sostanzialmente stabili.

Soprattutto in Italia, dove i contratti per gli uffici sono lunghi, sei più sei, la situazione è appetibile, come anche nella logistica, dove siamo passati dal rendimento dell’otto per cento al quattro per cento. E proprio perché c’è questo grande movimento globale sulla logistica che gli uffici rimangono intorno al quattro per cento, con piccole punte del tre-tre e mezzo per cento, localizzate comunque in poche grandi città italiane.

D.Uno sguardo al 2025: living e alternative sembrano essere tra le asset class più attraenti per gli investitori. Può darci una sua visione in merito?

R.Una premessa sul living: in Italia avremmo bisogno di un milione di case in affitto gestite in modo professionale. Questo è il living: case da dare in affitto a varie categorie, diciamo dalle famiglie, ai giovani, agli studenti, agli immigrati, costruite anche in modo industriale, ma gestite in modo professionale.

Questa situazione esiste in Francia, in Germania, soprattutto in Inghilterra, non in Italia perché la fiscalità non è premiante e il sistema degli sfratti funziona poco. Gli investitori sono, quindi, molto perplessi su questo tipo di investimento. 

Il nostro living, in realtà, è un prototipo, ovvero si tratta di case che vengono ben costruite, ma poi vendute. Sono condomini gestiti in modo innovativo, ma non si tratta di un living per l’affitto. Poi ci sono i privati che trasformano una proprietà in alloggi turistici, ma in questo caso non si tratta di un asset di mercato.

Il tema dei data center è sicuramente interessante ma riguarda alcuni grandi operatori mondiali, come Amazon, Google, Meta, che vogliono realizzare i loro grandi centri e lo possono fare in alcune condizioni particolari. Inoltre, sono talmente strutturati da non avere bisogno di investitori. 

Servono grandi spazi, a costi possibilmente non troppo elevati, una disponibilità di acqua e tanta energia. Viste queste richieste, il 90% dell’Italia non ha le carte in regola, ecco perché, in questo momento, l’unico data center sostanziale è quello di Segrate che sta sorgendo su una vecchia area industriale dismessa.

Nel comparto dei data center siamo comunque a livello di prototipi. Il contesto è ancora prematuro, perché i rendimenti, i consumi e la somma sono ancora embrionali. 

Inoltre, si tratta di impianti estremamente energivori, per cui la loro costruzione va pensata nel dettaglio, a fronte di un sistema elettrico che può avere delle fragilità, per questo si tratta di prodotti che sono per il momento assolutamente marginali.

D.Quali saranno i maggiori driver dell’immobiliare italiano, a suo parere, nel prossimo anno?

R.Sicuramente il calo del costo del denaro, che si lega a un atteggiamento più positivo anche dei giovani e delle famiglie italiane verso l’investimento immobiliare. 

Ad esempio, le persone sanno che attualmente i rendimenti delle case vacanza sono elevati e, anche se non possiedono una proprietà da destinare a reddito, sono a conoscenza che questa opportunità esiste. È un tema di cui si sta parlando e questo contribuisce a creare un clima di fiducia. 

Come in tutti i mercati, anche nell’immobiliare ci vuole un clima di fiducia, che oggi è alimentata da altri fattori, come ad esempio sapere che le tasse non aumenteranno o che gli investimenti previsti per il Case Green sono stati ridimensionati.

Inoltre, c’è un po’ di mobilità interna verso le grandi città, c’è un flusso turistico in forte crescita, i consumi sono in aumento e questo contribuisce a creare in generale l’idea di un Paese, così come degli investimenti immobiliari. Possiamo parlare di un mix di indicatori che portano a definire che se il 2024 è stato l’anno della ‘ripresina’, il 2025 sarà quello della ‘ripresona’.

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