Il raccordo tra tutela paesaggistica e provvedimenti edilizi

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Il nuovo regolamento sugli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata è oggetto di uno studio di Anci che sintetizza le principali novità introdotte dal DPR 31/2017.

Il quaderno operativo, oltre alla ricostruzione del quadro normativo di riferimento, allinea le procedure edilizie, ormai sempre più autocertificate, con le autorizzazioni necessariamente espresse e preventive richiesta dalla disciplina di tutela dei vincoli paesaggistici.

Al riguardo, è paradossale rilevare che la disciplina italiana che regola l’attività edilizia sia sulla carta la più efficiente del mondo occidentale.

Solo in Italia è possibile demolire e ricostruire un edificio anche con forma diversa (ma di pari volumetria), semplicemente depositando in comune il relativo progetto (in questo consiste la comunicazione inizio lavori asseverata – CILA). Per fare ancora meglio non si potrebbe che pensare a comunicare la realizzazione dei lavori dopo averli finiti, a posteriori cioè. Ma anche questa procedura la conosciamo bene: si chiama condono edilizio.

Nessuno però s’è accorto di tanta efficienza, anzi la sensazione diffusa è che la ristrutturazione di un edificio o più semplicemente la volontà di realizzare una tettoia piuttosto che una nuova finestra siano soggette a procedure dall’esito incerto, soprattutto nei tempi.

Come mai? La risposta è duplice.

In primo luogo, i piani regolatori e i regolamenti edilizi locali compongono un intreccio di casi, sotto-casi ed eccezioni che anche gli uffici che pure li hanno prodotti non riescono ad interpretare e che spesso prescrivono sia l’ottenimento di pareri preventivi ampiamente discrezionali (che tardano ad arrivare ed impongono prescrizioni discutibili), sia convenzioni non strettamente necessarie e sempre di difficile negoziazione con gli uffici.

In secondo luogo, il valore culturale e paesaggistico del nostro territorio impone che tutte le opere che modificano l’esteriore aspetto degli edifici siano preventivamente autorizzate, secondo procedure dai tempi teoricamente certi, ma dilatabili e il cui superamento non vale né assenso, né diniego, dando solo la possibilità di rivolgersi al Tar per ottenere un mero ordine alla PA di determinarsi.

Ben si capisce allora perché la semplificazione procedurale della disciplina di legge italiana sia solo teorica: la CIAL viene depositata (e i lavori avviati) solo dopo aver sciolto tutti i lacci dei regolamenti locali e, spesso, solo a valle della discrezionale approvazione del progetto da parte delle autorità competenti alla tutela dei vincoli paesaggistici.

È proprio rispetto a quest’ultimo profilo che, alla luce della novità normativa, il documento di Anci comincia a individuare i 31 casi in cui l’autorizzazione paesaggistica non è necessaria.

Si tratta di una serie di interventi eterogenei, accomunati principalmente dalla mancanza di impatto sull’aspetto esteriore degli edifici: è quindi il caso di opere strettamente interne comunque denominate (anche ove comportanti mutamento della destinazione d’uso), o ancora di interventi su prospetti o coperture degli edifici qualora rispettino le caratteristiche esistenti, o di installazione di pannelli solari, se posti su coperture piane e se non visibili dagli spazi pubblici esterni, o, ad esempio, di tende parasole su terrazze o spazi pertinenziali ad uso privato

Il quaderno di Anci, richiama quindi gli interventi soggetti al procedimento autorizzatorio semplificato, consistenti nelle opere elencate nell’allegato B al Regolamento e suddiviso in 42 punti.

Si tratta, in via esemplificativa, di interventi di adeguamento alla normativa antisismica o per l’efficientamento energetico, ove comportino innovazioni alle caratteristiche tipologiche, ai materiali o alle finiture esistenti, oppure ancora di opere dirette all’installazione di impianti tecnologici esterni (condizionatori, parabole, antenne) se visibili dallo spazio pubblico, o alla demolizione senza ricostruzione di manufatti edilizi privi di interesse architettonico, storico o testimoniale. Lo Studio illustra poi la procedura per l’ottenimento dell’autorizzazione semplificata, individuando le modalità di compilazione e presentazione della relativa domanda, la relativa istruttoria e il provvedimento finale.

In sintesi le maggiori innovazioni in chiave di semplificazione prevedono, al termine di una verifica preliminare condotta dall’autorità procedente, la possibilità di convocare una conferenza di servizi, con termini dimezzati, nel caso in cui siano necessari atti di assenso ulteriori rispetto all’autorizzazione semplificata. In caso contrario, sarà la stessa amministrazione procedente a valutare la compatibilità dell’intervento che, se valutata positivamente, porterà ad una proposta di accoglimento che dovrà passare il vaglio della Soprintendenza. Qualora il Soprintendente non si esprima entro venti giorni, si forma il silenzio-assenso.

Dopo aver ricordato la procedura ordinaria per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (che, in sintesi, si snoda dall’acquisizione del parere della locale Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio da parte dell’Amministrazione competente all’emanazione del successivo parere del Soprintendente, per concludersi con il rilascio dell’autorizzazione – con efficacia immediata – entro il termine di 20 giorni dalla ricezione di quest’ultimo), lo studio si concentra sul raccordo tra le procedure per la formazione o il rilascio dei titoli edilizi e le disposizioni per la tutela dei valori paesaggistici.

Attraverso il richiamo alle tabelle ministeriali, è così evidenziata la nuova semplificazione procedurale che tuttavia resta comunque assoggettata alle norme tecniche degli strumenti utbanistici locali”.

di Guido Alberto Inzaghi – Partner – vai al Blog di Dla Piper

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