Joe Biden, il 46° presidente degli Stati Uniti d’America, si è ritirato dalla corsa per la riconferma sulla poltrona più alta e pesante del mondo. La notizia, rilasciata ufficialmente domenica 21 luglio, verso sera, era in parte attesa, per lo più auspicata sul lato democratico, e nascosta come la polvere sotto il tappeto su quello repubblicano.
Il vecchio Joe ha quindi accettato di mettersi da parte, accontentando i suoi e nei fatti ammettendo ciò che era sempre più evidente, cioè di non essere in grado di reggere fisicamente, e forse anche mentalmente, una campagna elettorale durissima, contro un accanito lottatore e maestro del gioco sporco come Donald Trump, né altri quattro anni di presidenza.
Ma Biden è comunque uscito di scena col botto, sparigliando le carte nel modo più semplice e istituzionale possibile, ossia indicando come propria sostituta alla corsa elettorale l’attuale vicepresidente Kamala Harris.
Avvocato e politico, simbolo della nuova America, la Harris, il cui padre è di origini giamaicane e la madre indiane, compirà 60 anni il prossimo 20 ottobre, poco prima delle elezioni. Conosciuta per lo più per alcune posizioni di gioventù ritenute “massimaliste” è in realtà un oggetto molto misterioso, almeno da questa parte dell’oceano.
Contattato un amico che fa il professore di statistica a Ucla mi ha spiegato: “Difficile trovare punti su cui attaccarla: da vicepresidente non ha sbagliato nulla, anche perché in realtà ha fatto poco. Nel caso conterà molto chi sceglierà come vice presidente”. Ma non solo, tanti dei cavalli di battaglia della campagna elettorale di Trump contro Biden sono automaticamente depotenziati.
Qualche esempio? L’età: adesso l’anziano che si espone alla figura del rincitrullito è Trump; immigrazione e stranieri: il rischio di fronte a questa “nuova” americana di così grande successo al servizio del Paese è quello di saltare su una mina; diritti delle donne: e che ne parliamo a fare? Legalità: la sfida è tra una professionista legale e un pregiudicato… E via così.
Da osservatori esterni, e soprattutto legati all’informazione, si nota la reazione sbigottita dei leader repubblicani. Sia direttamente del candidato Trump sia dei suoi più importanti e potenti sostenitori, come a esempio Elon Musk, che insistono a ironizzare sul futuro di Biden al parchetto a offrire granaglie ai piccioni, quando ormai questi è fuori dai giochi, senza fare alcun accenno alla prossima probabile avversaria. Il vero pericolo, ormai, per il risultato del voto.
Certo, spunti di ironia non mancano nemmeno dal lato democratico, anzi! La lettera aperta dell’ex presidente Barack Obama, non tanto nascosto dominus del partito, che elogia la scelta coraggiosa e patriottica di Biden, non riesce a mascherare l’unico vero genuino momento di grandezza della sua presidenza: l’essersi levato dalle scatole al momento giusto!
Di già definito in realtà c’è ben poco. Il nuovo candidato Dem emergerà verosimilmente dalla Convention nazionale del partito del prossimo 19- 22 agosto a Chicago. Il vantaggio di Trump è reale, e raschiarlo non è scontato. Di certo però sarà una campagna elettorale più frizzante e imprevedibile rispetto a quella che ci si attendeva.