I data center in Italia sono una tela bianca, diventerà a stelle e strisce?

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Il mercato della colocation dei data center in Italia ha raggiunto nel 2023 654 milioni di euro di valore (+10% rispetto al 2022) e, secondo l’analisi del PoliMi, si stima possa crescere fino a raddoppiare nel 2025.

È uno scenario dove l’Italia presenta il 13% circa dei data center europei, ma sta vivendo un momento di accelerazione, con 23 organizzazioni, di cui 8 nuove società che hanno annunciato l’apertura di nuove strutture nel biennio ‘23-’25, generando un potenziale di investimento di 15 miliardi di euro.

I data center sono attraenti per l’aumento vertiginoso di dati e sistemi di elaborazione (Ai generativa, IoT e machine learning), che in Italia si unisce attualmente alla nascita del Polo strategico nazionale con gli investimenti fatti dalla pubblica amministrazione finanziati dal Pnrr.

Milano guida il paese, secondo JLL il segmento dei data center è in rapida crescita perché la città beneficia di una posizione strategica come punto di connessione tra Europa, Medio Oriente e Africa, offrendo prezzi competitivi, disponibilità di terreni e infrastrutture adeguate. Le principali aree di sviluppo si concentrano nella macroarea allargata di Milano: a ovest (Settimo Milanese/Cornaredo), sud (Siziano/Noviglio) ed est (Peschiera Borromeo/Settala).

Le previsioni per fine anno e oltre

In attesa dei dati degli investimenti di fine anno le previsioni del PoliMi guardano a un valore che potrebbe quindi superare il miliardo di euro all’anno.

Secondo Savills, entro il 2027 la capacità di alimentazione dei data center europei aumenterà fino a 13.100 MW, il che rappresenta un aumento del 21%, mentre l’utilizzo totale della larghezza di banda internazionale in Europa aumenterà con un tasso di crescita annuale composto del 31% entro il 2030. 

L’intelligenza artificiale gioca un ruolo fondamentale in questa crescita, dal momento che per il mercato europeo dell’Ia è prevista una crescita robusta ad un tasso annuo del 15,9%, il che contribuirà anche all’impennata della domanda di data center. Nonostante l’aumento di data center, rimarrà una forte discrepanza tra domanda e offerta: servirebbero quindi 22.700 Mw di potenza nel 2027 per far combaciare le due forze.

Un elemento che può diventare cardine dell’investimento in data center va quindi oltre le nuove tecnologie e la necessità di digitalizzare la Pa e guarda alla potenza.

Attualmente, per fare cloud e housing basta infatti una potenza inferiore ai 2 Mw e per le imprese da 2 Mw a 10 Mw. Oltre i 10 Mw si tratta di data center potenti e in grado di ospitare servizi cloud pubblici e di grande diffusione.

Per questo tipo di data center serve allacciarsi alla rete dell’alta tensione, il che richiede investimenti corposi anche a livello strutturale. Se a questo si aggiunge la necessità di lavorare secondo criteri Esg, il panorama per chi investe in Italia assume sempre più la forma di una tela bianca.

Perché Milano dispone già oggi di 108 megawatt, con altri 91 megawatt in sviluppo, mentre Roma sta cercando di rispondere a una forte domanda ed è in fase di sviluppo (Vertiv) quindi, il mercato potrebbe letteralmente raddoppiare nei prossimi anni.

Data center a stelle e strisce?

Il 30 settembre 2024 la presidente del consiglio, Giorgia Meloni, ha ricevuto a Palazzo Chigi il presidente e ad del fondo d’investimento statunitense BlackRock, Larry Fink.

Il colloquio ha fatto seguito alla partecipazione dell’ad Fink all’evento tenutosi lo scorso giugno nel corso del Vertice G7 di Borgo Egnazia sulla Partnership for global infrastructure and investment (Pgii) e nel corso del colloquio si è parlato di possibili investimenti del fondo Usa in Italia nell’ambito dello sviluppo di data center e delle correlate infrastrutture energetiche di supporto. 

In Italia Blackrock possiede attualmente partecipazioni in banche (Mediobanca, Unicredit, Intesa, Banco Bpm), società di moda e anche infrastrutture e trasporti. In particolare, BlackRock risulta detenere quasi il 5% di Enel e in questi giorni è trapelato l’interesse del colosso americano nel rigenerare le ex centrali a carbone in Lazio della società, per destinarle appunto a data center.

In attesa di capire se il mercato dei data center in Italia si colorerà di stelle e strisce, l’interesse di chi investe in questo asset resta quindi alto, tanto quanto giustificato.

 

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