Il progetto di legge n. 2332, attualmente all’esame della VII Commissione Ambiente della Camera, conferisce al governo una delega ampia e strutturale per la riscrittura unitaria, semplificata e digitale della disciplina in materia di edilizia e costruzioni.
L’intervento legislativo intende giungere all’adozione di un nuovo testo unico dell’edilizia, capace di ricomporre un corpus normativo oggi estremamente frammentato, fissando tempi certi per l’esercizio della delega e prevedendo una procedura di adozione dei decreti delegati assistita dai pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti.
L’operazione di riordino ha il duplice obiettivo di uniformare le definizioni delle categorie di intervento edilizio, intervenendo sulle definizioni sostanziali (categorie di intervento edilizio, nozione di ristrutturazione, limiti alla nuova costruzione) e, razionalizzare le procedure (titoli abilitativi, controlli e semplificazioni).
In questo modo si intende superare le antinomie che caratterizzano l’attuale D.P.R. 380/2001, vero punto di snodo, ma anche fonte di molteplici letture giurisprudenziali e amministrative.
Uno dei criteri direttivi più delicati riguarda la definizione dei principi fondamentali dell’urbanistica e dell’edilizia, al fine di delimitare chiaramente il perimetro statale rispetto a quello regionale.
Il tentativo è di conciliare l’autonomia territoriale con un livello minimo di uniformità nazionale come quadro omogeneo di riferimento, puntando a neutralizzare conflitti di competenza e ridurre il contenzioso costituzionale e la disomogeneità regolatoria. Resta tuttavia cruciale la delimitazione del perimetro statale, per evitare che la nuova cornice normativa riproduca — sotto altra forma — la frammentazione oggi esistente.
Un asse portante del progetto è la semplificazione amministrativa, da realizzarsi attraverso la razionalizzazione dei titoli edilizi e la digitalizzazione integrale dei procedimenti.
Il progetto prevede il potenziamento dello sportello unico digitale, con interoperabilità delle banche dati e tracciabilità dei tempi procedimentali.
La semplificazione, tuttavia, potrà dirsi effettiva solo se accompagnata da un investimento strutturale in risorse e formazione. Senza questi presupposti, la semplificazione rischierebbe di restare formale, generando invece nuovi oneri operativi per gli enti locali e per gli operatori del settore.
Nel corso delle audizioni parlamentari, infatti, diversi stakeholder (enti locali, ordini professionali, associazioni di categoria) hanno segnalato che senza piattaforme digitali unificate e standard procedurali vincolanti, il rischio è di sostituire la complessità analogica con una complessità digitale di nuova generazione.
La delega, in coerenza con le strategie europee di contrasto al consumo di suolo, dedica molta attenzione alla rigenerazione del tessuto urbano esistente e alla riqualificazione delle aree dismesse e al riuso del suolo urbanizzato. A tale scopo prevede strumenti operativi e incentivi attraverso l’introduzione di strumenti per varianti semplificate, cambi di destinazione d’uso e incentivi all’efficienza energetica.
Tra i criteri direttivi figurano anche la qualità progettuale, la sicurezza sismica, le prestazioni energetiche, la sostenibilità ambientale e l’accessibilità universale.
La loro effettività dipenderà dalla capacità del legislatore delegato di tradurli in standard tecnici misurabili e di chiarire le responsabilità operative lungo la filiera edilizia.
In assenza di un disegno chiaro sui controlli e sulle competenze delle diverse figure (stazioni appaltanti, professionisti, imprese), il rischio è di perpetuare disomogeneità applicative e contenziosi e di trasferire a valle — nella fase applicativa — l’incertezza che la riforma mira a eliminare.
La delega prevede una disciplina transitoria e l’adozione di decreti correttivi per assicurare il raccordo con il D.P.R. 380/2001.
Occorrerà disciplinare con precisione le pratiche pendenti, le sanatorie edilizie e i procedimenti in corso, per scongiurare vuoti normativi o conflitti tra regimi ed evitare fasi di paralisi applicativa.
La delega si colloca in un momento cruciale per il diritto dell’edilizia, segnato da contrasti interpretativi profondi e come un’occasione per stabilizzare definizioni, competenze e procedimenti in un settore dove l’incertezza interpretativa alimenta un conflitto costante tra apparati normativi e autorità, anche giurisdizionali.
Un riordino strutturale potrà evitare il ripetersi di casi come la come quella oggi in corso a Milano, la cosiddetta “vicenda urbanistica” emblematica della divaricazione di letture tra giustizia amministrativa e giustizia penale in cui la medesima operazione edilizia è stata ritenuta pienamente legittima dal giudice amministrativo e, al contempo, abusiva dalla Procura della Repubblica.
Proprio nei giorni scorsi, con la sentenza n. 3105/2025, il TAR Lombardia – Milano (Sez. II) ha confermato la legittimità di un intervento di demolizione e ricostruzione con mutamento di sagoma e sedime, presentato mediante SCIA alternativa al permesso di costruire (art. 23 D.P.R. 380/2001).
Il giudice amministrativo – che già aveva espresso la propria interpretazione differente rispetto alla Procura di Milano con la sentenza 2747/2025 del 22 luglio 2025 – ha riconosciuto che: i) tali interventi rientrano nella ristrutturazione edilizia di cui agli artt. 3 e 10 del D.P.R. 380/2001, ii) la dialettica tra proponente e Commissione per il Paesaggio costituisce elemento fisiologico del procedimento, non un indice patologico, iii) il parere della Commissione è espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile solo per illogicità manifesta, iv) le norme morfologiche del PGT possono essere derogate, previa acquisizione del parere favorevole e dell’atto d’obbligo del proponente.
Eppure, la stessa operazione è oggetto di procedimento penale per ipotesi di abuso edilizio e corruzione.
Questa frattura tra ordinamenti e divergenza di giudizi mostra quanto sia urgente una riforma capace di ricondurre la materia edilizia a un quadro normativo coerente e prevedibile, in cui definizioni, titoli e responsabilità risultino univocamente declinati.
Solo così la certezza del diritto potrà tornare a essere fondamento e garanzia dell’azione amministrativa.
di Antonio Ditto – VD Avvocati Associati