Nel terzo trimestre del 2025 il living ha attirato 200 milioni di euro di investimenti, per un totale di 640 milioni da inizio anno. L’80% del volume è stato generato a Milano e ha visto tornare progetti di sviluppo di studentati, capaci di prendersi un 24% degli investimenti nel comparto. Inoltre, il trend non riguarda solo Milano, ma anche le secondary cities, come Bologna, che sono sempre più attenzionate dagli investitori (dati Colliers).
I dati confermano l’attenzione verso lo student housing e non potrebbe essere altrimenti, visto che in Italia gli studenti fuori sede sono quasi 700mila, pari a oltre il 40% degli iscritti ai percorsi universitari. Tuttavia, i posti letto disponibili coprono appena il 5% del fabbisogno complessivo, una delle percentuali più basse d’Europa: in Germania ci si attesta sul 13%, in Francia al 16% e nel Regno Unito si tocca quota 30% (Fonte Assoimmobiliare).
In questo contesto si inserisce anche l‘offerta religiosa. Collegi, studentati, appartamenti gestiti da enti religiosi sono probabilmente la più antica e radicata nel territorio forma di student housing, che si trova però a far fronte a quello che è un problema comune a tutti: la necessità di rinnovare il parco immobiliare.
Una presenza capillare
Il portale Ospitalità Religiosa mostra la mappa degli studentati e delle residenze universitarie gestite da enti religiosi cattolici in Italia. Le strutture sono suddivise per tipologia: blu per quelle che accolgono solo ragazze, rosse per quelle riservate ai ragazzi e verdi per quelle miste.
Anche se non ci sono dati definitivi dell’offerta complessiva religiosa nello student housing, emerge quindi una presenza capillare che interessa tutto il territorio nazionale, che oggi è orientata verso l’efficientamento del patrimonio esistente.
Del resto, efficientare è anche la base dei grandi deal che stanno prendendo forma in Italia a opera dei grandi gruppi, si pensi a operatori come Ardian e Rockfield che si stanno espandendo con la loro strategia paneuropea o all’arrivo di Nido Living, recentemente attivo a Milano con il progetto Unione Zero, e a Torino con l’acquisizione dello Scalo Vallino.
È probabile che una tale iniezione di fondi sia difficile da attivare per gli enti religiosi, ma se porgono la mano a quelli civili allora si può fare.
Un esempio arriva da Padova, dove è stato consegnato il cantiere all’impresa vincitrice dell’appalto per la rigenerazione di una porzione dell’immobile del Collegio delle Missioni Africane, in pieno centro.
La nuova residenza universitaria, di proprietà Esu Padova, occuperà tutto il corpo nord dell’edificio e offrirà 109 posti letto. Alcuni frati continueranno a risiedervi per offrire anche supporto spirituale. Sarà la prima residenza universitaria a Padova gestita con logica alberghiera e domotica integrata.
Lo student housing è al centro anche di un protocollo d’intesa firmato tra la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) e il gruppo Cdp.
L’accordo punta a valorizzare il patrimonio immobiliare non strumentale delle diocesi italiane e degli enti religiosi, per sostenere l’offerta di infrastrutture sociali dell’abitare.
In sostanza, la Cei favorisce il coordinamento tra diocesi ed enti religiosi, definendo un perimetro immobiliare compatibile con la riqualificazione in chiave student housing.
Le strutture coinvolte sono esistenti e acquisiranno una nuova finalità sociale, mentre Cdp metterà a disposizione le risorse finanziarie necessarie e le proprie competenze nella gestione dei fondi immobiliari.
Una sinergia che può rinfrescare o addirittura rigenerare immobili e offrire più posti letto a studenti fuori sede, di cui l’Italia ha un gran bisogno.