La Bce ha ripreso in mano le forbici e, nel Consiglio di oggi, ha ridotto di altri 25 punti base i tassi di interesse di riferimento. La decisione è arrivata dopo la valutazione delle prospettive di inflazione, che si sta assestando attorno all’obiettivo del 2% a medio termine e che, nello scenario di base, si collocherà al 2% nel 2025, all’1,6% nel 2026 e al 2% nel 2027.
I guardiani dell’euro hanno quindi portato i tassi di interesse sui depositi al 2%, sulle operazioni di rifinanziamento principale al 2,15% e sulle operazioni di rifinanziamento marginale al 2,40%. con effetto dall’11 giugno 2025.
A metà maggio si è assistito al primo sorpasso del tasso variabile sul fisso. Era nell’aria e hanno cominciato ad apparire le prime offerte di mutuo a tasso variabile, con indici inferiori rispetto a quelli fissi.
Facile.it parlava dell’inizio di un trend e aveva stimato che con questo tipo di intervento le rate di un finanziamento variabile standard sarebbero diminuite nei prossimi mesi di circa 17 euro, passando dagli attuali 618 euro di media a circa 601.
Quello di oggi potrebbe essere l’ultimo taglio abbastanza prevedibile perché durante l’estate la Bce potrebbe mantenere un atteggiamento attendista per comprendere l’andamento dell’economia, in attesa di ulteriori risvolti in autunno.
Nell’intervista a Requadro, Andrea Polo, communication officer di Facile.it, sottolinea che nella prima parte del 2026 l’Euribor dovrebbe rimanere stabile, per poi tornare a oscillare nel secondo semestre del prossimo anno. A dicembre 2026 è previsto un aumento di una decina di punti base. Ecco che, prendendo un mutuo variabile standard da 126.000 euro su 25 anni con Ltv al 70%, la rata potrebbe scendere di una ventina di euro entro la fine dell’anno, stabilizzarsi nella prima parte del 2026 e risalire di una decina di euro entro la fine del 2026.
Sprint dei mutui nel primo trimestre dell’anno
Nell’ultimo trimestre del 2024, con il recupero dell’interesse verso i mutui, il mercato immobiliare ha segnato un +7,6% dopo due trimestri di crescita decisamente stentata e dopo 18 mesi di contrazione e il 2024 si è chiuso con una versione di tendenza tiepida, si è registrato un +1,3% di compravendite rispetto al 2023.
Nel primo trimestre del 2025 la domanda di mutui è comunque cresciuta del +22,4%, in un mercato trainato dalle surroghe, che rappresentano il 40% del totale (Barometro Crif – Mutuisupermarket).
Secondo il Barometro, però, nel primo trimestre sono cresciuti i prezzi al metro quadro degli immobili oggetto di garanzia di mutuo: gli usati hanno registrato un incremento del +3,7%, i nuovi del +3% e i ristrutturati del +3,3%.
Inoltre, secondo l’analisi di immobiliare.it, l’offerta di immobili ha registrato una variazione appena positiva (+0,3% rispetto allo stesso periodo del 2024), mentre i prezzi hanno anch’essi segnato nel Q1 un moderato incremento del 2,9%. Anche la percentuale di immobili che hanno subito un ribasso di prezzo è rimasta pressoché invariata. In netta controtendenza, invece, la pressione della domanda che sta crescendo in modo significativo (+18,2%), che ha determinato una riduzione dei tempi medi di permanenza sul mercato.
Tirando le fila, quando il costo del denaro diminuisce i cittadini sono più propensi a stipulare un mutuo, ma se i valori residenziali aumentano, è lecito pensare che la partita finisca in parità, senza nessuno che per il momento metta la palla al centro.