Università: quanto costa l’istruzione in Italia?

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Ogni anno, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, le città universitarie danno il bentornato agli studenti per un nuovo ciclo di studi e di avventure. Siamo in autunno, le giornate si accorciano e si riparte con l’anno accademico. Dalle matricole ai laureandi e dagli studenti più diligenti fino ai fuoricorso, le strade e i palazzi di centro e periferia ritornano a popolarsi di migliaia di giovani almeno fino a metà luglio, quando terminano le sessioni estive e moltissimi fuori sede rientrano dalle proprie famiglie.

Il nostro Paese, piacevole constatazione, continua nel frattempo ad attrarre un numero sempre maggiore di studenti internazionali, che scelgono l’Italia come meta per alcuni mesi o anni della loro vita. Tutti questi movimenti, oltre a un impatto economico di un certo peso, producono effetti rilevanti anche nel settore immobiliare, sollevando grandi riflessioni e, soprattutto, tante domande: quanto costa vivere in una città universitaria? Ci sono abbastanza strutture e posti letto? Qual è la situazione delle tasse universitarie in Italia? E in Europa? Insomma, che cosa bolle in pentola?

L’Italia è tra i paesi con le tasse universitarie più alte d’Europa

Lo abbiamo detto in modo chiaro due settimane fa: vivere e studiare fuori sede è ancora un lusso per pochi. Tra affitti, bollette, spese condominiali, mezzi di trasporto, materiali didattici e spese in vitto, svago e salute, chi opta per un trasferimento in una città universitaria può arrivare a spendere anche 17mila euro all’anno, con punte di 19mila euro se l’ateneo ha sede nel Nord Italia. E soprattutto se l’ateneo è privato o ha tasse elevate. In un’analisi dettagliata sulla situazione delle tasse universitarie in Italia, l’Unione degli universitari (Udu) ha fatto emergere alcuni dati meritevoli di attenzione.

La ricerca ha dimostrato come, in Italia, la tassa media per gli studenti iscritti agli atenei pubblici oscilli tra i 900 e i 1.000 euro, mentre per gli atenei privati si arriva a una media di 3.408 euro annui. Invece, un master presso un ateneo pubblico viene in media 3.543 euro all’anno.

Il gettito complessivo derivante dalla contribuzione studentesca per gli atenei pubblici italiani si attesta intorno a 1,5 miliardi di euro che diventano 1,8 miliardi considerando tutti i proventi per la didattica. Un prezzo alto, quello relativo all’istruzione pubblica, rispetto al resto di molti paesi d’Europa. In Germania in cui non ci sono tasse universitarie, ma solo contributi semestrali tra 100 e 350 euro, trasporti pubblici inclusi. In Francia, secondo il report, le tasse vanno da 170 per una laurea triennale a 380 euro per un dottorato. In Spagna, i costi variano molto, con una triennale che può costare tra 150 e 3.500 euro all’anno e un master tra 300 e 3.500 euro, a seconda dei crediti. In Svezia, Danimarca e Finlandia, laurea e master sono gratuiti. Nel Regno Unito, le tasse possono arrivare fino a 9.250 sterline in Inghilterra, mentre in Scozia gli studi universitari sono gratuiti per gli studenti locali. Nei Paesi Bassi, infine, le tasse vanno da 700 a 2.100 euro all’anno. “I dati italiani – sottolinea Simone Agutoli dell’esecutivo nazionale dell’Udu – dimostrano come le università dipendano in maniera preoccupante dalle tasse degli studenti per il proprio sostentamento finanziario. È inaccettabile che il governo non intervenga per garantire un’adeguata copertura finanziaria degli atenei tramite fondi pubblici”.

Grande divario tra Nord e Sud

“La tassazione universitaria italiana è tra le più alte d’Europa, nonostante dal 2017 al 2021 ci siano stati alcuni interventi calmieranti che hanno innalzato l’esonero totale a 22mila punti Isee. Ci preoccupa però che il Governo Meloni abbia fermato qualsiasi progresso nella riduzione delle tasse, esponendo gli studenti al rischio di un ulteriore aumento”, dichiara sempre Agutoli, il quale critica la Ministra Bernini per aver recentemente parlato di un 40% di studenti che non pagano le tasse. “Tale percentuale – puntualizza Agutoli –  è valida solo per gli studenti che frequentano gli atenei statali, non per la totalità degli studenti universitari italiani. Ad oggi, meno di un universitario su tre non paga le tasse universitarie. Tra l’altro, molti atenei non ricevono adeguati rimborsi dal Ministero per gli esoneri concessi, creando un’ulteriore disparità finanziaria. Questo squilibrio colpisce soprattutto gli atenei del Sud Italia, dove il numero di studenti esonerati è molto elevato. È essenziale che il Ministero garantisca un’entrata media uniforme per tutti gli iscritti”.

La ricerca evidenzia inoltre enormi divari territoriali nella tassazione media tra gli atenei italiani. Le università del Nord Italia tendono a ottenere un gettito estremamente più elevato rispetto a quelle del Sud, aggravando ulteriormente le disuguaglianze regionali. Si passa da una tassa media per iscritto pari a 400-500 euro per Sassari, Foggia, Napoli Orientale e Calabria fino a un massimo di 1400-1600 euro per Insubria, Politecnico di Milano e i due atenei di Venezia. L’ateneo con il gettito più alto percepisce una tassa media che è superiore di tre volte e mezzo quella dell’ateneo con il gettito più basso.

Almeno 11 atenei hanno tasse fuori legge

“Denunciamo – continua Agutoli – come almeno 11 atenei italiani superino il limite massimo di legge. Il Dpr n. 306/1997 impone che le università possano chiedere al massimo il 20% di contribuzione studentesca rispetto al finanziamento ordinario statale, come stabilito recentemente dal Consiglio di Stato che ci ha dato ragione in occasione di un importante ricorso contro l’Università di Torino, condannandola a rimborsare 39 milioni di euro. Secondo una prima simulazione, sono infatti 11 gli atenei fuorilegge (Insubria, Politecnico di Milano, Venezia Ca’ Foscari, Milano Bicocca, Milano Statale, Verona, Bologna, Piemonte Orientale, Modena-Reggio Emilia, Padova e probabilmente Venezia Iuav) che superano il limite di legge, raccogliendo illegalmente 68 milioni di euro. Con una seconda simulazione, altri 3 atenei (Udine, Pavia e Torino) si aggiungono alla lista, portando il totale dello sforamento a 92 milioni di euro. È gravissimo che questo accada e che il Governo faccia finta di nulla”.

Concludendo, Agutoli afferma: “L’Udu propone un modello più equo e accessibile per la contribuzione studentesca. Il nostro obiettivo finale è quello di rendere l’istruzione universitaria completamente gratuita, finanziata dalla fiscalità generale grazie a uno stanziamento aggiunto pari a 2,2 miliardi. Solo così potremo eliminare qualsiasi barriera all’accesso e favorire un accesso alla conoscenza diffuso e democratico. Ancora oggi, se non sei esonerato per motivi reddituali o di merito, per studiare all’università subisci una tassazione molto pesante; mentre i master risultano quasi sempre inaccessibili. Chiediamo alla Ministra Bernini di garantire adeguati finanziamenti e impedire gli aumenti delle tasse universitarie che stiamo vedendo in alcuni atenei”.

Stanze singole: a Milano 637 euro al mese, a Bologna 506, a Roma 503

Vediamo adesso le spese per l’affitto nelle principali città italiane. Secondo un recente rapporto di Immobliare.it, Milano, oltre a essere per distacco la città più cara d’Italia in cui comprare e affittare casa, si conferma il centro più oneroso anche quando si tratta di prendere in locazione una stanza: una singola costa 637 euro al mese, in crescita del 4% rispetto a un anno fa. Tra le città con un’importante tradizione universitaria, Bologna è al secondo posto per quanto riguarda il costo di una singola, con 506 euro al mese, in rialzo del 5%. Terzo posto per Roma, che vede aumentare i canoni del 9% superando di poco il tetto dei 500 euro al mese e fermandosi a 503. In quarta posizione Firenze con i suoi 493 euro, mentre Bergamo e Padova sono molto vicine con 448 e 442 euro al mese, collocandosi rispettivamente in quinta e sesta posizione. Settima, invece, Venezia, dove affittare una stanza costa in media 417 euro. Chiudono la top10 tre città con prezzi molto vicini tra loro, sempre al di sopra dei 400 euro: Torino (409 euro), Verona (407 euro) e Napoli (405 euro).

Stanze doppie: Milano (353 euro), Roma (283) e Napoli (271)

Passando al costo di un posto letto nelle stanze doppie, qui la situazione è un po’ diversa: se, infatti, Milano detiene comunque il primato con 353 euro, al secondo posto c’è Roma, sebbene decisamente più lontana con i suoi 283 euro. Gradino più basso del podio per Napoli (271 euro), poco più avanti rispetto a Bologna, dove per affittare un posto letto in una doppia è necessario mettere a budget ogni mese 264 euro. Seguono Siena (258 euro) e Brescia (252 euro). Settima piazza per Firenze (245 euro), con Bergamo (244 euro) e Padova (237 euro) alle spalle. Decima posizione per Torino, con 228 euro.

Quanti anni di lavoro per ripagare la spesa?

Conoscendo il sistema Italia, penso che difficilmente si realizzerà l’obiettivo finale dell’Unione degli universitari, quello di rendere l’istruzione universitaria totalmente gratuita. Puntare però a ridurre le tasse degli atenei, abbassare i prezzi degli affitti e più in generale favorire un accesso allo studio a un numero maggiore di persone dovrebbe essere una priorità per tutti noi. Anche perché, di questo passo, quella di studiare (specialmente da fuori sede) potrebbe presto diventare una scelta costosissima e controproducente, soprattutto dal punto di vista del ritorno economico. Gli stipendi, anche per i laureati, non sono affatto adeguati ai costi della vita, soprattutto se paragonati alle altre grandi città europee. A costo di risultare monotono e ripetitivo, continuerò a parlare con i dati. E i dati parlano da soli: gli stipendi non crescono ma i prezzi delle case e i costi della vita sì. Quanti anni bisogna lavorare per ripagare i costi degli anni dell’Università?

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