In Italia sono 327.850 le imprese attive nei servizi di ristorazione, di cui 127.667 svolgono attività di bar, 195.670 sono classificate come ristoranti e attività di ristorazione mobile, mentre 3.849 svolgono attività di banqueting, fornitura di pasti preparati e ristorazione collettiva.
I dati Fipe, Federazione imprese ristorazione, intrattenimento e turismo emergono dal rapporto 2025, che stima il valore aggiunto dei servizi di ristorazione 2024 a 59,3 miliardi di euro a prezzi correnti, con un incremento reale del 6,3% rispetto al periodo pre-pandemia e dell’1,4% rispetto all’anno precedente.
Crescono i prezzi dei servizi di ristorazione, che registrano una crescita media del 3,2%, oltre due punti percentuali al di sopra del tasso d’inflazione generale.
Guardando alle oscillazioni all’interno dei singoli comparti, nei bar la variazione tendenziale si attesta sul +3,3%, con valori più alti relativamente ai prodotti di gelateria e pasticceria (+4,0% e +3,7%). Nei ristoranti tradizionali gli aumenti si attestano sul 3,4%, mentre il dato scende leggermente per le pizzerie (+3,2%). Nelle mense, il dato segna una variazione media del +3,6% rispetto al 2023.
Crescono però anche gli investimenti. Nel 2024 circa il 40% degli imprenditori ha effettuato almeno un investimento per il proprio ristorante o bar, da destinare al rinnovo del parco attrezzature, al potenziamento degli strumenti digitali, a riqualificare o ristrutturare il proprio locale.
Nel dettaglio, l’1,8% dei ristoranti ha effettuato interventi per migliorare l’isolamento termico e/o acustico dei locali e lo stesso vale per l’1,7% dei bar. Più elevata la percentuale di imprese che hanno rinnovato o ampliato i locali,5,8% dei ristoranti e 4,0% dei bar.
E guardando al 2025, circa un terzo degli imprenditori ha in programma almeno un investimento da effettuare nel corso dell’anno.
Ciò che manca cronicamente al settore è il personale, con circa l’80% dei ristoranti e il 70% dei bar hanno avuto una qualche difficoltà nell’assumere baristi, banconisti, camerieri, lavapiatti e cuochi. Sicuramente a monte c’è un problema strutturale legato al match tra lavoratori e competenze da un lato e fabbisogni delle imprese dall’altro, che è sempre più spesso inefficiente.
Tuttavia, Fipe sottolinea che solo una minoranza di imprese utilizza i collegamenti con istituti scolastici e professionali per individuare i profili di cui ha bisogno. Per circa il 70% di bar e ristoranti è il passaparola tra familiari e amici il canale prevalentemente utilizzato per ricercare lavoratori. Infine, diversi imprenditori registrano rifiuti da parte dei candidati: insieme alle dimissioni volontarie di lavoratori, il dato può essere letto come un potenziale campanello d’allarme sull’attrattività del settore.
Ossigeno dall’estate 2025
Come accade ogni anno, in attesa dei dati definitivi ci sono voci discordanti sui dati degli arrivi turistici nel belpaese. Sta di fatto che i turisti stranieri stanno sostenendo il settore da alcuni anni, ma questo non sembra bastare per il momento in termini di fatturato della ristorazione.
L’indice Istat del fatturato delle imprese ricettive e della ristorazione ha infatti mostrato una flessione congiunturale (apr. 2025 / mar. 2025) del -0,1% che è diventata -0,2% al netto dell’inflazione.
La situazione è migliorata in termini tendenziali (apr. 2025 / apr. 2024) con un incremento del 2% che tuttavia si è trasformato in -1,5% quando depurato dalla componente inflazionistica.
Secondo Fipe sono numeri che confermano lo stato di incertezza che pesa sul turismo già emerso nei primi mesi di quest’anno soprattutto per la componente italiana che nel periodo gennaio-aprile 2025 ha in effetti registrato un decremento del 3,2% rispetto l’anno precedente, non compensato dall’aumento degli stranieri che si è fermato al +1,5%.
E sulla ristorazione ha pesato anche il rallentamento della domanda non connessa al movimento turistico.
Nel 2024 i bar che hanno chiuso i battenti sono il 3,3% mentre i ristoranti sono rimasti stabili. In sostanza, secondo il rapporto Fipe nel 2024 ci sono state 10.719 imprese di nuova apertura nel 2024, mentre 29.097 hanno cessato l’attività, con un saldo negativo di -18.378 unità.
I dati dicono che a cinque anni dall’apertura di un’attività solo il 53% resiste, ovvero quasi 5 aziende su 10 cessano l’attività entro il quinto anno di vita.
Consumi a volume in calo o stagnanti per effetto della capacità di spesa ridotta e debolezza della domanda interna portano probabilmente il settore a soffrire un mix di aumento dei costi e frenata dei consumi reali.
Ora lo sguardo è puntato sull’estate 2025, con la speranza che un turismo abbondante e di qualità possa ridare ossigeno a un settore che ha però bisogno di una tenuta che sia costante, quindi non solo stagionale, per trovare stabilità e fiducia nel futuro.