Smart working e Covid, più di tutto conta comunicare

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Questa strana e inedita situazione che stiamo vivendo non offre alcuna garanzia sulla sua prevedibile durata, di impone continue e talvolta radicali revisioni di programma, a tutti i livelli, compreso uno dei mondi che più ci interessano da vicino: quello del lavoro (in generale), e quello “smart” in paticolare.

Il modo con cui è cominciato, se non altro a livello generalista, è semplicistico: definire smart il semplice svolgere a distanza ciò che si potrebbe fare vis-a-vis crea una confusione semantica. Se fosse tutto qui, si tratterebbe solo di un problema di delivery digitale da un altrove a un centro di raccolta e coordinamento (l’azienda, l’ufficio, la sede…). Tutto qui?

L’accesso all’agilità del lavoro si è fatto di colpo più “agile”, anche perché in deroga alla legge attuale, ma non produce gli effetti connaturati allo smart working in senso proprio (fluiditàndelle connessioni, moltiplicazione relazionale, ecc…). E’ invece una straniante sperimentazione di massa: l’allontanamento e la separazione di un sempre più ampio numero di persone dalle proprie comunità lavorative, abilitate tramite tecnologia a mantenersi operative. Vediamo come il Covid-19 abbia stravolto diversi ambiti: i third place (i luoghi he non sono né casa né ufficio) sono temporaneamente congelati, mentre i first (le abitazioni) e i second (i luoghi di lavoro) si sono sovrapposti.

Un boom a così grande scala, mai visto prima, è un acceleratore di progressi di cambiamento che avrà un impatto a medio termine su tutta la più ampia gamma di possibilità. Gli scenari che si aprono sono molteplici e così le domande: abbiamo la struttura digitale adeguata per il remote-worker? Come manterremo la continuità relazionale? Sarà la fine del coworking e degli uffici? Svilupperemo rituali sempre più ossessivi della salute e dell’igiene? Come diventerà la nostra casa per un lavoro da remoto prolungato? Oggi ci stiamo allenando a un’altra prossemica, fisica e virtuale in un tempo… Dovremo imparare a coniugare in modo nuovo prossimità e distanza, comunicazione e mediazione, spontaneità e formalizzazione. Questo può aprire nuovi scenari di progettazione, ai modelli d’uso e gestione degli spazi, all’invenzione di nuove tipologie.

Un’occasione da cogliere.

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