Il tema della semplificazione della disciplina degli appalti pubblici ha portato alla luce la necessità di rettificare la vigente disciplina. Tale constatazione pare stia conducendo in direzione di qualche necessario risultato concreto. Non mancano però preoccupazioni sul tipo di modifiche che vi saranno. Sul tema vi è quindi ampio spazio per un tempestivo dibattito tecnico con l’obiettivo di far funzionare al meglio il sistema. Requadro intende offrire uno spazio libero dove potere discutere e presentare idee in merito, aprendo di fatto il dibattito con il seguente primo contributo di Luigi Donato, Capo del Dipartimento Immobili e Appalti della Banca d’Italia.
L’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici ha determinato un effetto recessivo e indesiderato sul flusso delle gare. In base ai dati pubblicati dall’Anac tra il 2015 e il 2016 vi è stato un netto calo delle gare (cioè, in base ai Cig, dei contratti stipulati dopo una gara o attraverso altre modalità consentite) ridottesi nel numero da 134.952 a 118.989 (per i lavori il calo è stato pari a – 26,26 %, da 40.827 a 30.105) e anche negli importi, da 121.323 milioni a 102.042 milioni (per i lavori – 14,88%, da 24.176 milioni a 20.579 milioni).
Nel 2017 vi è stata una netta ripresa per quanto concerne gli importi, segno anche di un arretrato da smaltire (138.975 milioni, + 36.19% rispetto al 2016 e + 14,55 % rispetto al 2015). Sono aumentate le gare, come numero complessivo rispetto sia al 2016 sia anche al 2015 (137.237 nel 2017). Per i lavori la crescita si è attesta su 33.421 gare rispetto a 30.105 del 2016 (+11,01%), ma sono sempre molte meno rispetto al 2015 (- 18,14 %, erano 40.827).
I dati sono indubbiamente complessi da valutare e da verificare poi per l’anno in corso, anche perché sono verosimilmente frutto di tendenze e fattori diversi. Emerge però con chiarezza che il mercato degli appalti pubblici ha reagito negli ultimi anni con preoccupazione alla nuova costruzione normativa; traspare dai commenti delle diverse associazioni e degli operatori, pubblici e privati, una latente sfiducia sulla possibilità di coniugare il complesso pacchetto di regole (peraltro ancora incompiuto per la copiosa normativa di attuazione prevista) con un efficiente ed efficace funzionamento del mercato degli appalti in vista di consentire alle amministrazioni pubbliche di svolgere adeguatamente le funzioni assegnate.
Su un punto si concentra il dibattito in corso: vi è una forte esigenza di semplificazione per rendere il processo più fluido e veloce, puntando sulla correttezza, professionalità e responsabilità delle stazioni appaltanti piuttosto che su un percorso a ostacoli di regole che non è poi così sicuro siano in grado di risolvere i problemi della patologia del sistema.
Nella fase attuale si intrecciano le proposte di intervenire, anche incisivamente, sul Codice; in realtà una riforma integrale sembra poco realistica (anche perché, in fondo, si tratta del recepimento di direttive europee, sia pure molto appesantito da presidi ulteriori scaturiti dalla prospettiva dell’anticorruzione) e un nuovo shock normativo sarebbe probabilmente anche un rimedio peggiore del male.
La strada più efficace sembra essere quella di procedere ad interventi mirati con due criteri di riferimento che si sostengono a vicenda: semplificare in ogni modo il percorso del procurement per ottenere risparmi di tempo e di costi non necessari e incentivare la necessaria maggiore qualificazione delle stazioni appaltanti, base per operare correttamente e con efficacia.
Dunque nell’immediato è possibile avviare un’azione progressiva ascoltando le esigenze concrete degli operatori; ed è anche possibile farlo con decretazione d’urgenza viste le difficoltà che mostra il sistema del procurement nel garantire alle amministrazioni pubbliche, a prezzi convenienti e in tempi ragionevoli, i mezzi e gli strumenti per fornire servizi e infrastrutture affidabili alla collettività.
In questa logica, tra le possibili proposte di semplificazione, per iniziare, si segnala l’introduzione della facoltà di invertire l’ordine di apertura delle buste di cui si compone l’offerta. Verrebbe così estesa in via generale, ad esempio nell’art. 32 del Codice che disciplina le fasi della procedura di gara, anche per i settori ordinari la facoltà, già prevista nei settori speciali e ammessa opportunamente dall’art. 56, par. 2, della Direttiva 2014/24/EU, di esaminare le offerte tecniche ed economiche prima di verificare l’assenza di motivi di esclusione e il rispetto dei criteri di selezione.
Si otterrebbe così un’efficace semplificazione e la riduzione dei tempi delle procedure di gara connessi con l’esame della documentazione amministrativa che, se svolto all’inizio della procedura di gara, impone verifiche onerose nei confronti di tutti i concorrenti. Queste verifiche, considerata anche la possibilità del sub procedimento del soccorso istruttorio, possono durare mesi e riguardare anche centinaia di concorrenti.
Un risultato di semplificazione ancora maggiore si avrebbe accompagnando questa facoltà con l’abrogazione del comma 2 bis dell’art. 120 del Codice del processo amministrativo che prevede dal 2016 un termine di trenta giorni per impugnare il provvedimento sulle esclusioni ed ammissioni, con preclusione di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti. La verifica dei requisiti a ridosso dell’aggiudicazione farebbe convergere invece il contenzioso sul provvedimento di aggiudicazione (evitando quindi ricorsi meramente strumentali) anche in relazione ai profili riguardanti il possesso dei requisiti di partecipazione; ne deriverebbero anche effetti deflattivi del contenzioso (che pure il comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. intendeva ottenere).
Il rischio che l’offerta (e in particolare la componente economica) possa influenzare la stazione appaltante nello svolgimento delle successive verifiche amministrative verrebbe poi comunque arginato dalla possibilità di accesso immediato e completo alla documentazione amministrativa e di comprova dei requisiti.
Dal punto di vista operativo, l’utilizzo della facoltà di posticipare l’esame dei requisiti di ammissione, da valutare caso per caso anche in relazione alla specificità dell’appalto, dovrebbe essere preventivamente indicato nella determina a contrarre (con il supporto di un’adeguata motivazione) e nel bando di gara. In particolare, tale facoltà potrebbe essere esercitata, verosimilmente, soprattutto in relazione alle gare meno complesse e/o aventi ad oggetto servizi/forniture standardizzati.
La nuova norma dovrebbe specificare che le stazioni appaltanti, ove si avvalgano di tale facoltà, devono procedere prima all’apertura delle buste tecniche ed economiche e, successivamente, dopo la formazione della graduatoria di gara e dopo la verifica di congruità, all’apertura delle buste amministrative. L’esame del possesso dei requisiti si potrebbe effettuare solo sui primi cinque concorrenti in graduatoria. In caso di esclusione dei primi cinque, si scorrerebbe ai successivi.
Inoltre, tenuto conto che al momento dell’apertura delle buste amministrative la graduatoria di gara si è già formata, occorrerebbe chiarire le conseguenze sul procedimento delle eventuali esclusioni disposte in questa fase per motivi attinenti al possesso dei requisiti di partecipazione. Pragmaticamente basterebbe estendere la portata applicativa dell’art. 95, comma 15, del Codice secondo cui ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte, non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte.
In definitiva, questo possibile intervento di semplificazione mostra anche un metodo concreto per dare impulso al meccanismo del procurement attraverso un percorso di mirate modifiche normative successive, all’insegna del buon funzionamento del sistema; il merito delle singole tappe può essere così definito partendo dalla prima esperienza del Codice e, in particolare, dalle esigenze operative dei soggetti del mercato degli appalti, dal lato dell’offerta e come da quello della domanda.
di Luigi Donato, Capo del Dipartimento Immobili e Appalti della Banca d’Italia