A New York dopo il Labor Day (4 settembre) il panorama degli affitti appare destinato a cambiare drasticamente. La città inizierà infatti ad applicare una legge che impone agli host di registrare le loro proprietà in un database pubblico. Inutile, sebbene abbia rallentato i tempi di approvazione, la causa avanzata da Airbnb secondo cui questa richiesta si rivelerebbe un vero e proprio “divieto di affitto a breve termine”.
Un provvedimento che va messo in stretta relazione a quello recentemente messo in vigore nello Stato di New York, che vieta, nella maggior parte dei condomini, di affittare un’intera unità per meno di 30 giorni senza la presenza fissa del proprietario. Una mossa che cerca di venire incontro a chi affitta una stanza del proprio appartamento “per arrotondare”, scoraggiando invece l’acquisto a scopo di investimento.
Stanno già emergendo alcune alternative volte a colmare il vuoto che Airbnb è destinato a lasciare, come delle startup di “house swapping” e le unità “in stile appartamento” di società di Real Estate che hanno comprato in zone ancora non coperte dalla legge in questione. Tuttavia, prima o poi anche queste soluzioni potrebbero trovarsi ad affrontare situazioni simili a quelle di Airbnb. Stiamo davvero assistendo alla fine degli affitti brevi per come li conoscevamo fino ad oggi?
Vai al sito di Riccardo Ravasini Ravarealty