Rigenerazione urbana in Italia ed Europa: la bilancia è in equilibrio?

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Case, uffici, stadi, parchi, magazzini: non c’è limite alla tipologia di asset che possono contribuire a rigenerare una città e, di conseguenza, il parco immobiliare di un un paese.

In Italia, al parco residenziale ci dovrebbe pensare la direttiva Case green, anche se sotto questo fronte tutto tace dopo il primo clamore iniziale, mentre società e fondi si occupano degli asset commerciali.

Alla rigenerazione intesa come grandi progetti, residenziali, commerciali o sempre più mixed used, ci pensano diversi soggetti e qui i numeri cominciano a diventare consistenti.

Nelle quattordici città metropolitane italiane le azioni di rigenerazione urbana coinvolgeranno infatti oltre 11,4 milioni di metri quadrati complessivi in un’ottica di lungo periodo, creando un valore aggiunto immobiliare di 54,65 miliardi di euro, con impatti indiretti pari a 51,25 miliardi e ricadute indotte di natura sociale da 55,2 miliardi di euro. (Scenari Immobiliari)

Secondo l’ufficio studi di Cam Spa, le costruzioni avranno un ruolo centrale nella rigenerazione: per ogni euro investito si avverte un impatto sulla produzione di 3,2 euro e un valore aggiunto di 1,2 euro. Sul fronte dell’occupazione, un miliardo di investimento produce lavoro per 16mila unità. 

Il nodo è nella collaborazione tra diversi soggetti, come ha evidenziato il presidente di Assoimmobiliare Davide Albertini Petroni durante l’ultimo Forum di Scenari Immobiliari:“Alcune delle sfide più complesse che le maggiori città italiane stanno fronteggiando per diventare più vivibili e inclusive potranno essere vinte solo attraverso la collaborazione tra Amministrazioni locali, terzo settore, investitori e operatori immobiliari privati” aveva dichiarato Petroni. 

L’Europa ci mette i soldi

Nel periodo di programmazione 2014-2020 l’Europa ha investito oltre 115 miliardi di euro nelle aree urbane e circa 17 miliardi nelle strategie integrate per lo sviluppo urbano sostenibile. 

Nel periodo 2021-2027, con una dotazione complessiva di 392 milioni di euro, la politica di coesione continuerà a investire.

Tra i vari fondi c’è il Fesr, dove almeno l’8% delle sue risorse in ciascuno stato membro è destinato a priorità e progetti selezionati dalle città stesse e basati sulle loro strategie di sviluppo urbano sostenibile.

 Il Fesr, assieme al Fondo sociale europeo e al Fondo di coesione, sostiene l’iniziativa urbana europea (Iue), che con una dotazione di 450 milioni di euro è in sostanza strumento a sostegno della dimensione urbana della politica di coesione nel periodo 2021-2027. 

Lato pratico, l’Iue ha pubblicato finora due bandi. Il primo, nell’ottobre 2022, era rivolto a progetti in grado di sostenere l’innovazione urbana e le capacità delle città di costruire uno sviluppo urbano sostenibile, sulla base dei valori fondamentali del Nuovo Bauhaus europeo: estetica, sostenibilità e inclusione. 

Sono stati quindi selezionati 14 progetti per i quali il Fesr ha destinato 50 milioni di euro. Ciascun progetto riceverà fino a un massimo di 5 milioni e dovrà essere attuato entro un periodo massimo di tre anni e mezzo. 

Poi c’è Orizzonte europa, il programma quadro di ricerca e innovazione dell’Ue, che nel periodo 2021-2023 ha stanziato 359,3 milioni di euro per la sua missione “città climaticamente neutre e intelligenti”, con l’obiettivo di raggiungere un totale di 100 città climaticamente neutre nell’Ue entro il 2030.

E alcuni stati sono già i primi della classe

Il nord Europa sta spendendo in rigenerazione urbana. Copenhagen vuole diventare la prima città al mondo a emissioni zero e ha riqualificato il vecchio porto di Nordhavn e il quartiere di Fælledby, edificando nuove abitazioni iper sostenibili. 

Amburgo che col progetto di rigenerazione urbana di HafenCity ha determinato una valutazione di impatto in termini di leva di investimento attivata che è di 1 a 3,3 (2,4 miliardi di investimento pubblico attivano 8 miliardi di investimenti privati attesi) ma anche Nantes fa la sua parte, dove l’impatto è stato stimato da 1 a 3. 

In Francia, in particolare, sono stati mappati 600 interventi di rigenerazione urbana che hanno dimostrato come con 12 miliardi di euro di investimenti pubblici siano stati attivati 50 miliardi di euro di investimenti complessivi, pari a un moltiplicatore di 1 a 4 (Fonte Cam Spa).

Barcellona fa scuola con l’housing cooperativo di La Borda, che ha recuperato un’area dismessa nel centro della città trasformandolo in un residenziale attivo.

E per quanto riguarda Londra, come scrive Lorenzo Pandolfi, la metropoli è un terreno di gioco per gli sviluppatori immobiliari più esperti del mondo. I fondi di investimento internazionali sono perpetuamente alla ricerca di nuovi siti da sviluppare. Non è facile identificare edifici industriali di grandi dimensioni e maturi per la rigenerazione ma inspiegabilmente sfuggiti ai radar dei grandi player.

Questa disparità di forza analitica non scoraggia altre tipologie di investitori che preferiscono gestire un portfolio con tanti siti di dimensioni più ridotte invece di poche grandi lottizzazioni che, a parità di rischio urbanistico, bloccano risorse e finanze per tempi più lunghi.

Nel contesto di una forte spinta politica per un approccio brownfield-first, la pressione per il riutilizzo di aree industriali di bassa qualità/intensità d’uso continuerà ad aumentare inesorabilmente, soprattutto se collocate vicino a stazioni ferroviarie o della metropolitana.

Milano, Milano, Milano

La rigenerazione urbana a Milano, burocrazia permettendo, è protagonista assoluta. I progetti più  imponenti vanno dal quartiere di Porta Nuova, primo progetto in Europa a ottenere la certificazione Well community standard Gold a Porta Nova 19 firmato Lombardini22, immobile office che sarà a energia quasi zero.

E ancora, il villaggio olimpico che diventerà un mega studentato, lo Scalo Farini al centro di una riqualificazione di oltre 360mila mq e Milano Santa Giulia che con i suoi 640mila mq di rigenerazione dal valore di 80 milioni di euro.

Poi Via Sarpi con la rigenerazione di 13mila mq destinati a residenziale e commerciale, dove trova spazio anche il social housing, il nuovo quartiere UpTown, CityLife con il nuovo grattacielo CityWave e restando in tema di torri, il Park Towers Milano nel quartiere Feltre.

A chiudere, il nuovo quartiere North of Milan, dove sono previsti sviluppi residenziali e servizi per i cittadini.

Guardando invece alla capitale, la rigenerazione urbana corre parallela ai lavori per il Giubileo ma stando ai dati del primo rapporto della fondazione Roma Regeneration, i processi di rigenerazione urbana potranno interessare 11 kmq di superficie territoriale da oggi al 2050, recuperando a usi più attuali oltre quattro milioni di metri quadrati di immobili.

 Il valore aggiunto che la rigenerazione urbana porterà al mercato immobiliare (e quindi al valore della città) è quantificabile in 22 miliardi di euro e in ulteriori 40 miliardi di euro di impatto sociale ed economico per i cittadini. 

A questi volumi si potrà aggiungere, sulla base della piena attuazione delle previsioni urbanistiche vigenti, la trasformazione di 96 kmq di territorio, con lo sviluppo di 15 milioni di mq di nuove superfici, 58 miliardi di euro di valore immobiliare e 104 miliardi di euro di valore per i cittadini.

Una bilancia in equilibrio

Milano è irriconoscibile rispetto a solo a un decennio fa e molte altre città, anche più piccole, si stanno rigenerando, soprattutto nelle aree centrali e strategiche come quelle portuali o più comunque centrali.

Rigenerare significa dare valore ai cittadini, è innegabile, che hanno a  disposizione più centri, servizi, strade migliori, verde pubblico, ma anche case più costose.

L’applicazione della direttiva Case green in Italia avrà quindi un peso importante su una bilancia che dovrebbe stare in equilibrio tra la necessità di rigenerare, il successo degli sviluppi immobiliari e la possibilità degli italiani di acquistare o affittare un’abitazione in città.

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