Per rinnovare le costruzioni focus su edilizia off-site e collaborazioni

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L’edilizia off-site e gli accordi collaborativi sono efficaci strumenti per rinnovare il settore delle costruzioni: questa la prima evidenza emersa dal convegno “Costruiamo il futuro. Dall’on-site all’off-site, industrializzare per rinnovare il settore delle costruzioni”, organizzato da Tecnostrutture, in collaborazione con Harpaceas, Brioschi Sviluppo Immobiliare, Pichler e Rubner.

L’evento, giunto alla sua seconda edizione, ha riunito investitori, produttori, progettisti e altri protagonisti del settore dell’edilizia per delineare una nuova direzione per il futuro delle costruzioni, sia proponendo nuovi strumenti contrattuali per superare la conflittualità, ridurre i tempi e migliorare la qualità dei progetti e delle costruzioni, sia evidenziando i vantaggi dell’edilizia off-site, ovvero l’industrializzazione dei processi costruttivi attraverso le tecnologie che consentono di trasferire la produzione dal cantiere (on-site) alle fabbriche (off-site).

La proposta di nuovi strumenti per ammodernare il settore si è concretizzata nella presentazione di un Position Paper – un documento condiviso e frutto di più di un anno di lavoro da parte di un team di rappresentanti dei vari attori della filiera – che propone un modello di accordo collaborativo come formula contrattuale evoluta per gli appalti in edilizia.

Dal prezzo fisso al prezzo obiettivo e massimo garantito

Il modello proposto prevede il coinvolgimento delle imprese e della filiera produttiva nell’elaborazione del progetto esecutivo, e modalità trasparenti di determinazione dei costi e di contabilizzazione dei lavori. Al concetto di “prezzo fisso” dei tradizionali contratti a corpo si sostituiscono quelli di “prezzo obiettivo” e “prezzo massimo garantito”, attraverso regole e dispositivi che favoriscono la collaborazione tra le parti per il raggiungimento di obiettivi condivisi, e un’equa distribuzione dei rischi e dei benefici.

 Il coinvolgimento nella fase di sviluppo del progetto esecutivo della filiera produttiva (imprese generali, imprese specializzate, aziende della componentistica) consente di sfruttare il loro know-how tecnologico e operativo per ottimizzare costi, tempi e qualità delle realizzazioni, e favorire la costruzione off-site. Attraverso una gestione trasparente e collaborativa tra committente e imprese, e le modalità di appalto “open book – cost plus fee” si possono ridurre e gestire gli imprevisti e le varianti in corso d’opera, e sovrapporre le fasi di progettazione e costruzione riducendo i tempi complessivi di realizzazione degli edifici.

“Oggi l’appalto a corpo – spiega Eugenio Kannès, ceo di Brioschi Sviluppo Immobiliare, fautore del gruppo di lavoro che ha messo a punto il documento sugli Accordi collaborativi – prevede che l’impresa appaltatrice offra e garantisca un prezzo forfettario sulla base di un progetto esecutivo, fornito dal committente, che deve dichiarare di considerare completo ed eseguibile.  In realtà i limiti di completezza e adeguatezza dei progetti costituiscono la principale causa di contenziosi e allungamento dei tempi nei cantieri, e quindi il rispetto di costi, tempi e qualità che i contratti tradizionali dovrebbero garantire è più illusorio che reale. Inoltre, i contratti tradizionali sono rigidi, mal si adattano agli eventi imprevisti – come la storia recente ci ha dimostrato – ma anche a gestire le varianti in corso d’opera, che spesso per gli operatori immobiliari costituiscono una necessità, per adeguare i progetti alle richieste del mercato. Il modello contrattuale “Project Partnering + Cost Plus Fee” proposto richiede un maggiore impegno, ma consente di superare questi problemi, coinvolgendo la filiera produttiva nello sviluppo e ottimizzazione della progettazione, e quindi responsabilizzandola sulla sua adeguatezza, e assicurando maggiore flessibilità e possibilità di ridurre i tempi, migliorando al contempo la qualità del risultato finale”.

Il documento sugli accordi collaborativi presentato dal convegno “Costruiamo il futuro” è stato fatto proprio dal Green Building Council, l’associazione senza scopo di lucro cui aderiscono le imprese e le comunità professionali italiane operanti nel segmento dell’edilizia sostenibile, e dall’Oice, l’associazione di categoria, aderente a Confindustria, che rappresenta le organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica.

Un cambiamento è sempre più urgente: occorre che il settore si rinnovi, sia sul piano dei processi che su quello dei prodotti, anche per risolvere problemi come la scarsità di manodopera specializzata, i lunghi tempi di realizzazione, l’incertezza dei costi, la necessità di costruire con tempi certi e con qualità elevata, l’esigenza di migliorare la sicurezza e le condizioni di lavoro degli addetti, e di realizzare edifici flessibili e sostenibili. Si pensi che, dal 2019 ad oggi, l’aumento dei costi di costruzione nell’edilizia si può calcolare in un range che va dal 30 al 50%. In questo, l’industrializzazione dei processi (off-site) è la via più innovativa e veloce per rendere sostenibile il comparto delle costruzioni: garantisce la certezza dei costi, è altamente tecnologica, assicura una maggiore sicurezza, riduce i costi di manutenzione, si conforma ai criteri ESG e tutela l’ambiente.

“Abbiamo pensato l’evento di oggi – ha spiegato Franco Daniele, ceo di Tecnostrutture, azienda capofila nell’organizzazione dell’appuntamento milanese – come un’occasione per portare dei contributi concreti all’ammodernamento del settore delle costruzioni, a beneficio di tutti. L’industrializzazione off-site è l’unica strada percorribile oggi per ridurre l’impatto ambientale nelle nostre città”.

Il convegno “Costruiamo il futuro” si è strutturato in due parti: nella prima, Kannèsceo di Brioschi Sviluppo Immobiliare, ha presentato il Position Paper sugli Accordi collaborativi, realizzato in collaborazione con Gbc Italia e Oice. Gli ha fatto seguito l’intervento di Stefano Corbella, sustainability officer di Coimache ha ripercorso la genesi e la realizzazione del progetto di riqualificazione di Porta Nuova a Milano – unico sito urbano ad aver ricevuto due certificazioni internazionali di quartiere (LEED for community e WELL for community) – e ha illustrato l’ambizioso progetto “Hackathon sulle città del futuro” realizzato con 16 università italiane e più di 130 studenti che hanno sviluppato una visione della città del futuro basata su un design urbano a misura d’uomo, sull’innovazione del sistema sanitario e su spazi multigenerazionali e inclusivi.

A seguire, sono intervenuti Mauro Bailo, ingegnere tecnico di 2A Group e Alessandra Marini, docente di tecnica delle costruzioni dell’Università degli studi di Bergamo. Il primo ha parlato della sicurezza sul lavoro, sottolineando come, con l’adozione delle tecniche off-site in edilizia, si andrebbe a ridurre gli incidenti sul lavoro del 20% e oltre. Non solo, andrebbe adottata l’abitudine – tutta anglosassone – di effettuare una reportistica su tutti gli episodi di micro-incidenti all’interno di un cantiere. Oggi questi vengono ignorati; sarebbero invece una fonte importante di dati che, elaborati attraverso software e intelligenza artificiale, porterebbero ad adottare best practice all’interno del cantiere.

Alessandra Marini si è focalizzata su nuovi metodi di progettazione che abbiano alla base il Life Cycle Thinking, l’approccio strategico che considera l’intero ciclo di vita di un prodotto, servizio o processo. Si tratta di costruire edifici che siano adattabili ad ogni necessità – la ricostruzione veloce dopo tragici eventi atmosferici, la riparabilità, il riuso degli elementi a fine vita –, che seguano dei nuovi business model, più sostenibili. L’edilizia off-site va in questa direzione, la stessa che stanno adottando anche le politiche europee.

Nella seconda parte del convegno si è parlato di realtà che già attuano l’edilizia off-site. In particolare, è stato fatto un focus sul progetto Camping Marina di Venezia; l’architetto Matteo Thun ha discusso dell’approccio e della filosofia fondamentali per un nuovo modo di progettare e costruire, mentre l’architetto Matteo Beretta si è soffermato sugli aspetti tecnici del progetto Marina di Venezia – una “non architettura” che si sposa perfettamente con la natura, una serie di costruzioni “leggere” ed eco-compatibili, un insieme di vetro, legno, materiali antichi e tradizionali in una struttura totalmente accessibile e sostenibile – e sui vantaggi dell’off-site.

Nela tavola rotonda che ha completato la seconda parte dell’evento hanno discusso – moderati dal giornalista RAI Gianluca Semprini – Daniele, ceo di Tecnostrutture, Mauro Burgio, direttore responsabile Bryden Wood Milano, Alessio Bertella, partner e manager BIM & Digitalization Consulting Services Harpaceas, Luca Benetti, direttore Italia Pichler, Roberto Modena, senior project manager Rubner, Claudio Saibene, Procurement and Conceptual Construction director Coima, Paolo Bertolini, presidente Camping Marina di Venezia, Fabrizio Capaccioli, presidente di Gbc Italia e Massimo Recalcati, direttore generale di Ceas e rappresentante Oice.

 

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