Quando la rigenerazione non funziona, le Vele di Scampia: origini, declino e futuro

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Quando si pensa alle Vele di Scampia, situate nella periferia settentrionale di Napoli, l’immaginario collettivo evoca subito scene di violenza, degrado, criminalità e mala vita organizzata, alimentate nei decenni da numerosi episodi di cronaca nera, reportage, romanzi e fiction televisive. Tuttavia, la storia di questo complesso abitativo è molto più complessa di quanto possa sembrare. Le Vele, infatti, nascono da un ambizioso progetto di rigenerazione urbana pensato per offrire una soluzione al problema abitativo di Napoli, con l’obiettivo di creare una comunità di cittadini viva e connessa. Quello che oggi è visto come un simbolo di fallimento urbano, quindi, un tempo è stato l’emblema di una visione architettonica carica di speranze e utopie.

Poi le cose hanno preso una direzione diversa, con le Vele che sono tornate a far parlare di sé proprio in queste ultime settimane. Il 22 luglio 2024, una tragedia ha visto il crollo del ballatoio nella Vela celeste causando 2 morti e 12 feriti, a significare che le strutture sono anche pericolose e fatiscenti. Il 10 settembre, infine, soltanto due settimane fa, è arrivata l’ordinanza del sindaco di Napoli di provvedere allo sgombero parziale delle altre due vele superstiti (la rossa e la gialla).

E adesso? Quale sarà il destino delle Vele? Ecco in breve la nascita, l’evoluzione e il declino di uno dei complessi abitativi più controversi d’Italia, fino alla decisione di demolirle.

Le origini delle Vele: un progetto pieno di speranze

Le Vele di Scampia furono costruite tra il 1962 e il 1975 come parte di un progetto di edilizia residenziale pubblica, sulla base della legge n. 167 del 1962, destinato ad affrontare la crescente domanda di abitazioni a Napoli: sette edifici triangolari che avrebbero compreso 1.192 appartamenti e ospitato circa 6.500 persone. Ogni vela era alta 45 metri per 14 piani complessivi e lunga circa 100 metri. Al momento della costruzione, ai sette edifici furono assegnate denominazioni con le lettere dell’alfabeto, da A a D e da F ad H.

L’architetto Francesco Di Salvo, autore del progetto dopo aver vinto il concorso pubblico indetto dalla Cassa per il Mezzogiorno, sognava di creare un modello abitativo ispirato alle teorie urbanistiche di Le Corbusier. L’idea alla base delle Vele era quella di edifici che avrebbero dovuto rappresentare una soluzione al sovraffollamento urbano, garantendo spazi aperti e condivisi in cui gli abitanti potessero interagire tra loro. Nell’ideare le Vele, Di Salvo s’ispirò probabilmente anche a un edificio costruito a Berlino nel 1938 dall’architetto Walter Segal: due prismi paralleli di tre piani su pilotis, separati da un’intercapedine scoperta in cui sono posti i ballatoi di accesso alle abitazioni e dalla quale traggono luce e aria i bagni e le cucine, mentre soggiorni e camere da letto sono aperte al cielo e al sole (e anche al vento alla pioggia).

Il nome “Vele” deriva dalla particolare forma degli edifici: strutture alte e affusolate con ampie superfici inclinate che ricordano, appunto, le vele di una nave. Gli edifici furono pensati per favorire la socializzazione e lo sviluppo di una vita comunitaria, con passaggi pedonali sopraelevati e spazi aperti tra le strutture. E non solo. Insieme alla costruzione degli edifici residenziali, Di Salvo progettò anche diversi spazi comuni: aree verdi e luoghi per ospitare servizi scolastici, commerciali. Insomma, il progetto era stato pensato per ottenere effetti positivi sia sulle persone sia sul territorio.

Un sogno diventato incubo

Nonostante le intenzioni iniziali, pero, il progetto si rivela presto un fallimento. Diversi fattori hanno contribuito a trasformare le Vele in un simbolo di degrado sociale e criminalità. Prima di tutto, la rapida espansione della città e la mancanza nell’area di servizi essenziali come scuole, ospedali e trasporti pubblici adeguati resero la zona una periferia isolata e marginalizzata. Gli spazi comuni previsti da Di Salvo non furono infatti mai realizzati e anche il progetto degli edifici subì alcune pesanti modifiche che ne abbassarono notevolmente la qualità. Inoltre, la gestione degli alloggi divenne caotica, con l’occupazione abusiva di molti appartamenti da parte di famiglie sfollate a causa del terremoto dell’Irpinia del 1980.

Il design innovativo si rivelò inadatto alla realtà sociale che vi si era insediata. Molti abitanti si trovavano in una condizione di disoccupazione o impiego precario, e le autorità non riuscirono a mettere in atto politiche efficaci per arginare il degrado. Il destino di Scampia ricalcava quello di numerose periferie urbane in Italia e all’estero, lasciate al loro destino, e il livello di abbandono raggiunse nel tempo proporzioni sempre più gravi. Negli anni ’80 la camorra s’insediò con forza nelle Vele, trasformando Scampia in uno dei più grandi snodi del traffico di stupefacenti in Europa, oltre che il palcoscenico di violente guerre tra clan. Non a caso, molti episodi del film Gomorra (2008) e dell’omonima serie televisiva trasmessa dal 2014 al 2021, così come di altre produzioni cinematografiche sulla criminalità organizzata, sono stati ambientati proprio in questi edifici.

Il degrado e l’abbandono

Già a partire dagli anni ’80, gli abitanti di Scampia iniziarono a mobilitarsi contro il crescente degrado della zona e, nel 1986, venne fondato il Comitato delle Vele, con l’obiettivo di migliorare le condizioni del quartiere e allontanare la criminalità. Le proteste fecero pressione sulle istituzioni, che furono costrette a prendere in considerazione la situazione. Verso la fine degli anni ’80 e nei primi anni ’90 si avviò il dibattito sull’abbattimento delle Vele e sul trasferimento dei residenti in abitazioni più moderne e sicure, un processo che ebbe inizio alcuni anni dopo. Nella realtà, infatti, piani di sgombero furono spesso ritardati o eseguiti in maniera disorganizzata, lasciando molte famiglie a vivere in condizioni di degrado per lungo tempo.

Tra il 1997 e il 2003 furono demolite tre delle sette Vele originarie, lasciando in piedi le restanti quattro. La prima ad essere abbattuta fu la Vela F, demolita con ruspe nell’agosto del 1998, dopo un tentativo fallito con esplosivi nel dicembre 1997, che lasciò intatti i piani superiori sospesi sulle macerie. La Vela G fu la seconda a cadere, distrutta con successo tramite esplosivi nel febbraio del 2000 sotto la supervisione dell’esperto Danilo Coppe. La terza, la Vela H, inizialmente esclusa dalle demolizioni per un progetto di riqualificazione, venne infine demolita nell’aprile 2003. Le quattro Vele rimanenti furono poi identificate con nomi basati sui colori: verde, gialla, rossa e celeste.

La demolizione e il futuro di Scampia

Con il nuovo millennio, affiorano più numerose le speranze per ridare un futuro al quartiere napoletano. Tuttavia, solo nel 2019, con l’approvazione del progetto “Restart Scampia”, il piano di demolizione e riqualificazione ha finalmente preso forma. Il progetto, che dovrebbe essere portato a termine nel 2027, prevede la demolizione di tutte le Vele, ad eccezione di una, che sarà convertita in un centro polifunzionale per la comunità.

Nel febbraio 2020, la demolizione della Vela Verde ha rappresentato un momento storico per la città di Napoli e per il quartiere. Questo evento ha segnato l’inizio di una nuova era per l’area, che ora punta alla rigenerazione sociale e urbana, con la creazione di nuovi spazi abitativi, servizi e infrastrutture per migliorare la qualità della vita dei residenti. Un’altra importante iniziativa per rigenerare l’area è stata promossa dall’Università Federico II di Napoli, che nel 2022 ha inaugurato una struttura nel luogo dove sorgeva la vela H. Al momento la struttura ospita alcuni dipartimenti e corsi di studi per le professioni sanitarie.

Nonostante iniziative come queste, il degrado delle Vele non è stato del tutto arginato, come dimostrato dal tragico crollo di un ballatoio esterno della Vela Celeste lo scorso 22 luglio, che ha causato la morte di tre persone. A seguito dell’incidente, il comune di Napoli ha disposto, il 10 settembre 2024, lo sgombero parziale degli appartamenti ancora abitati nelle due Vele superstiti, la “rossa” e la “gialla”, per motivi di sicurezza e per prevenire ulteriori tragedie. Le Vele di Scampia, da simbolo di un’utopia fallita a emblema del degrado urbano, sono oggi al centro di un progetto di rinascita. La loro storia è un monito sull’importanza di considerare non solo l’aspetto architettonico, ma anche le dinamiche sociali e urbane di un quartiere. Con la demolizione delle Vele e l’avvio di nuovi progetti, Scampia ha l’opportunità di riscattarsi, trasformandosi da periferia dimenticata a esempio di rigenerazione urbana.

Rigenerare le Vele: Restart Scampia

Il progetto Restart Scampia prevede la demolizione della Vela Gialla e della Vela Rossa, la riqualificazione della Vela Celeste, e la costruzione di 433 nuovi alloggi autosufficienti dal punto di vista energetico. L’insediamento verrà completato con spazi destinati all’agricoltura urbana (orti e frutteti sociali), un parco pubblico di quartiere, una fattoria con finalità ludiche e didattiche, un mercato di prossimità, un complesso scolastico (scuola dell’infanzia per 120 bambini e asilo nido per 50-60 bambini), un centro civico con funzioni sociali e culturali. L’obiettivo principale è migliorare non solo l’aspetto fisico del quartiere, ma anche garantire agli abitanti una casa dignitosa e un ambiente più vivibile. Il finanziamento del progetto, pari a 159 milioni di euro, proviene principalmente da Fondi Pnrr, Pon metro e Periferie, completando così l’intervento di riqualificazione dell’ex Lotto M delle Vele di Scampia. L’investimento si traduce in un impegno concreto nel promuovere il benessere e il futuro delle comunità.

Le sfide da superare

Il progetto mira a completare e implementare la strategia di riqualificazione della periferia nord della città, avviata negli anni ’90 con la demolizione della Vela F e seguita dalle demolizioni delle Vele G e H negli anni duemila, e della Vela A nel 2020. Tra le principali sfide da superare vi sono le criticità urbane e sociali che affliggono la zona, causate in parte dalla configurazione e dalla condizione delle Vele. In risposta a ciò, il progetto propone la demolizione e la sostituzione delle Vele Gialla e Rossa con nuove abitazioni, capaci di migliorare la qualità dell’abitare e promuovere la sicurezza e l’accessibilità. Un’altra sfida consiste nell’affrontare i cambiamenti climatici e promuovere la gestione sostenibile delle risorse. Per far fronte a questo problema, il progetto prevede la progettazione di edifici residenziali “a dimensione umana”, dotati di soluzioni eco-sostenibili per ridurre l’impatto ambientale e mitigare i cambiamenti climatici.
Inoltre, è essenziale contrastare le difficoltà sociali ed economiche presenti nel quartiere. Per affrontare queste sfide, il progetto propone la creazione di spazi e attività comunitarie, insieme alla promozione dell’integrazione e della partecipazione del Terzo settore e dei residenti stessi. Inoltre, il recupero e la riqualificazione della Vela Celeste, integrando funzioni miste, con una prevalenza di attrezzature pubbliche e la realizzazione di nuovi viali pubblici, pedonali e ciclabili.
In sintesi, il progetto ReStart Scampia affronta le sfide attuali con risposte progettuali orientate a migliorare la qualità dell’abitare, promuovere la sostenibilità ambientale e sociale e favorire il benessere della comunità.

Il progetto delle nuove case

Il processo di progettazione delle nuove case ha coinvolto attivamente gli abitanti delle Vele, assicurando che le nuove costruzioni rispondano pienamente alle loro esigenze. La partecipazione della comunità è stata fondamentale per garantire che il progetto rifletta le esigenze locali, contribuendo a creare un ambiente abitativo soddisfacente per tutti.
Il nuovo progetto prevede la demolizione delle Vele Gialla e Rossa per far posto a 20 edifici contenenti 433 nuovi alloggi, tutti classificati come nzeb (nearly zero-emission building) per massimizzare l’efficienza energetica. L’uso di fonti rinnovabili e componenti energetiche passive mira a raggiungere l’autosufficienza energetica e promuovere un ambiente abitativo sostenibile.
piani terra degli edifici saranno multifunzionali, servendo da punto di incontro per gli abitanti e il quartiere. Ogni edificio residenziale sarà dotato di spazi comuni e tecnici per favorire una gestione sostenibile e circolare delle risorse. Questi spazi saranno utilizzabili per attività come assemblee, studio, lavoro condiviso e gestione degli spazi condominiali. Saranno inoltre disponibili servizi locali e urbani, gestiti da associazioni, cooperative o imprese sociali, aperti alla comunità circostante. Le attività commerciali, come piccole imprese artigianali o sociali, saranno promosse per soddisfare le esigenze del quartiere.

Spazi aperti e sostenibilità

Nel progetto di riassetto del Lotto M di Scampia, l’attenzione alla sostenibilità e alla valorizzazione degli spazi aperti emerge come elemento cruciale. La fase di progettazione coinvolge competenze agronomiche e paesaggistiche per integrare la rigenerazione urbana con la valorizzazione del territorio.
Il progetto prevede la trasformazione delle aree esterne in paesaggi ordinati e funzionali, promuovendo la biodiversità e il benessere collettivo, con sistemi di irrigazione per coltivazioni ornamentali e frutticole. Oltre all’aspetto agricolo, gli spazi aperti ospiteranno diverse attività sociali e ricreative, come parchi giochi, campi sportivi, fattoria didattica e mercato locale. La distribuzione delle funzioni sarà definita attraverso processi di coprogettazione con la comunità locale.
La progettazione degli spazi aperti e delle soluzioni architettoniche è guidata dalla sostenibilità ambientale, con l’obiettivo di migliorare l’ecosistema dell’area. Il progetto mira a ridurre il consumo di risorse, tramite strategie di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico. Valorizzare gli spazi aperti come risorse multifunzionali per migliorare la qualità della vita e la resilienza ambientale del quartiere è al centro della strategia, in linea gli obiettivi della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile e del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, dimostrando un impegno tangibile verso una gestione responsabile delle risorse ambientali.

Gli investimenti per le Vele

Per l’attuazione dei progetti, il Comune di Napoli ha ottenuto risorse finanziarie con un ammontare complessivo di circa 159 milioni di euro provenienti da diverse fonti. Tali risorse sono:

euro 84.518.068,33 Piani urbani integrati “Pui” sono inseriti nella linea progettuale Missione 5 “Inclusione e Coesione”, Componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore”, Investimento 2.2. “Piani Urbani Integrati” [M5C2] del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia (di seguito, “Pnrr”), nonché dal Fondo opere indifferibili;
euro 15.000.000,00 Fondo complementare, tale fondo è previsto dalla misura del Piano Nazionale per gli investimenti Complementari (Pnc) che nasce con lo scopo di integrare, tramite risorse nazionali, gli interventi del Pnrr per gli anni dal 2021 al 2026;
euro 35.000.444,67 Fondo Pon Metro Plus è previsto dal Programma Nazionale Pn Metro Plus e Città Medie Sud 2021-2027 che nasce con lo scopo di integrare le azioni condotte nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Città Metropolitane 2014-2020”.

Gli investimenti vanno ad integrare precedenti linee di finanziamento, quali: Fondo Programma Periferie di euro 17.970.171,00 e il Fondo Sviluppo e Coesione di euro 7.087.864,90.

A chi sono destinate le case: programma particolare e piano di mobilità

nuovi alloggi sono costruiti in sostituzione delle attuali case e destinati alle stesse persone che oggi abitano nelle Vele, qualora questi siano in possesso dei requisiti previsti per legge. Il Comune di Napoli ha previsto un programma particolare per governare e agevolare il trasferimento degli attuali abitanti delle Vele verso i nuovi alloggi. Questo programma offre la possibilità, per i nuclei che non hanno un regolare contratto, di ottenere una sistemazione temporanea della durata di tre anni nei nuovi edifici per coloro che attualmente risiedono nelle case senza il titolo di assegnazione. Durante il triennio, il comune effettuerà un monitoraggio per verificare il possesso dei requisiti previsti.
L’amministrazione ha predisposto, inoltre, un piano di mobilità per il coordinato spostamento degli abitanti nelle nuove abitazioni che non prevede sistemazioni in case temporanee fuori dal quartiere. Il piano verrà attuato in maniera incrementale, e sarà coordinato con la costruzione dei nuovi edifici.

Condivisione e partecipazione: accompagnamento sociale

Oltre alla componente fisica, il progetto include un forte impegno nell’accompagnare le trasformazioni fisiche con delle attività sociali e di partecipazione. Saranno offerti servizi di quartiere e spazi di confronto attraverso il processo di co-progettazione con tutte le realtà del territorio, le associazioni, gli enti istituzionali, i comitati e le varie forme in cui gli abitanti si organizzano. Questo accompagnerà la comunità nel processo di riqualificazione, promuovendo la partecipazione attiva degli abitanti.

Passi verso il futuro: cronoprogramma dell’intervento

Fase 1 (2024-2025)
La prima fase del progetto si concentrerà sulla riqualificazione dei piani terra e dei piani interrati della Vela Celeste, insieme alla realizzazione del primo gruppo di nuovi alloggi. Gli abitanti della Vela Gialla verranno trasferiti nei nuovi alloggi. Una volta completato il trasferimento, la Vela Gialla verrà demolita. Sull’area liberata verranno realizzati i nuovi alloggi nella fase successiva. Nel frattempo prenderanno forma il centro civico e il parco pubblico, destinati a diventare epicentro della vita sociale e culturale della comunità.

Fase 2 (2025-2026)
Nella seconda fase, si procederà con la realizzazione del secondo gruppo di nuovi alloggi sull’area della Vela Gialla. Gli abitanti della Vela Rossa verranno trasferiti nei nuovi alloggi appena completati. Una volta completato il trasferimento, la Vela Rossa verrà demolita. In questa fase, prenderà forma il complesso scolastico (scuola d’infanzia per 120 bambini e asilo nido per 50-60 bambini).

Fase 3 (2026-2027)
La terza fase si concentrerà sulla realizzazione dell’ultimo gruppo di nuovi alloggi sull’area della Vela Rossa. Gli abitanti della Vela Celeste verranno trasferiti nei nuovi alloggi appena costruiti. In questa ultima fase verranno completati gli interventi di riqualificazione e recupero della Vela Celeste.

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