Prestiti d’onore agli studenti? Sono casi amari

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Quando si parla di prestito d’onore il pensiero corre agli States, dove questa formula è prassi. Negli Usa il costo medio di un’università è di 25 mila dollari e può arrivare fino a 60 mila per gli atenei più prestigiosi. Ne consegue che gli studenti si indebitino e si impegnino a saldare il finanziamento negli anni successivi, anche con piani che possono durare 20 o 30 anni.

Questo meccanismo ha generato un debito enorme, 1.700 miliardi di dollari nel 2023, tanto che l’eliminazione di parte degli interessi dovuti dagli studenti era uno dei cavalli di battaglia del programma di Biden per le presidenziali.

Il quadro resta comunque quello di uno stato dove chi vuole andare all’università ha fondamentalmente due strade: usare fondi familiari già esistenti o fare debiti per decenni.

In Italia questo sistema, almeno per le università pubbliche, è difficilmente attuabile, perché la media dei costi per studiare è di circa 900-1000 euro all’anno. A questa base vanno però aggiunte tutte le spese che uno studente deve sostenere, dal vivere ai trasporti, fino ai costosi affitti se è fuori sede.

Diverso il discorso per i master o le università private, che costano parecchio anche in Italia e hanno aperto le porte ai prestiti d’onore anche nel paese.

In sostanza, il prestito d’onore agli studenti viene erogato sotto forma di una linea di credito e il rimborso è previsto al termine degli studi. Le condizioni variano da banca a banca e ci sono convenzioni con gli atenei per porzioni del prestito a fondo perduto. Gli interessi sono percentualmente piuttosto bassi, in media del 2%.

I dati parlano comunque di una quota di studenti che ricorre ai prestiti  inferiore all’1% in Italia, contro il 12% in Germania, il 54% Paesi Bassi e, il 55% in Svezia (Dati Consap).

Il fondo studio

Il fondo studio è stato istituito nel 2010 durante il governo Berlusconi su proposto di Giorgia Meloni che allora era ministro alla gioventù e l’obiettivo dichiarato era di permettere ai giovani meritevoli, ma privi dei mezzi finanziari sufficienti, di intraprendere un percorso di studi o completare la propria formazione grazie a un prestito garantito dallo stato. 

La dotazione iniziale era pari a 20 milioni di euro e la gestione era stata affidata (lo è tuttora) alla Consap. Finora sono stati finanziati poco più di 2.500 prestiti per 24,7 mln di euro. Troppo poco, tanto che ora il governo lo sta rilanciando con la  legge di conversione del Decreto Sport, che prevede una garanzia statale, fino al 70% della quota di capitale erogata. 

Questo dovrebbe permettere alle banche di concedere più prestiti e sarebbe un primo passo, se non fosse che poi questi fondi devono essere restituiti dagli studenti, che si trovano a fare i conti con una realtà di rimborso che può accavallarsi anche con il mutuo per la casa.

Il tutto in un mondo del lavoro dove:

  • L’Italia ha perso in venti anni oltre un quinto dei giovani, diventando ultima in Europa per la presenza di under 35
  • migliorano gli indicatori del mercato del lavoro, ma al sud la disoccupazione giovanile è pari a tre volte quella del nord;
  • il lavoro dei giovani è sempre più instabile e discontinuo, anche nel settore pubblico;
  • Ci sono basse retribuzioni per i giovani del settore privato.

La fotografia arriva dal rapporto Eures “Giovani 2024: Bilancio di una Generazione” commissionato e dal Consiglio nazionale dei giovani e dall’Agenzia italiana per la gioventù.

In più, in Italia l’istruzione rende meno che in altri paesi, soprattutto per i più giovani. 

I dati Ocse mostrano che chi possiede un titolo d’istruzione terziaria in Italia guadagna in media il 38% in più rispetto a chi ha un titolo di istruzione secondaria, 14 punti in meno della media europea; prendendo in esame la sola fascia d’età 25-34 anni la situazione è ancora più sfavorevole: 13% in più contro la media europea di 34%.

I dati sono frutto dell’University report 2024, Quanto vale il titolo di studio nel mercato del lavoro? di Job pricing, che sottolinea come, secondo i dati raccolti da AlmaLaurea nel rapporto sulle condizioni di occupazione dei laureati 2023, il salario medio netto mensile per i laureati di primo livello nel 2022 sia stato di 1.332 euro, mentre per i laureati di secondo livello di 1.366 euro. A cinque anni dalla laurea il salario medio netto mensile sale a  1.635 euro per i primi (+18%) e 1.697 euro per i secondi (+19%).

In sostanza, a fronte di una crescita retributiva più contenuta tra i 15 e i 34 anni, già dai 35 anni si inizia ad apprezzare il ritorno di investimento del conseguimento di una laurea.

La classifica della Ral media dei laureati per la classe di età 25-34 per ateneo, anno 2023, euro vede l’università Bocconi in testa con 38.390 euro, seguita dal Politecnico di Milano con 37.751 e l’università degli studi dell’Insubria con 37.161 euro.

In questo contesto, la rata di rimborso del prestito d’onore varia naturalmente dall’importo richiesto. Ad esempio, per un prestito d’onore presso Intesa Sanpaolo del valore di 15mila euro, rimborso a 60 mesi, Taeg e Tan a 2,5%, la rata mensile può essere di 250 euro mensili.

Si tratta di una cifra abbordabile, ma che può cominciare a pesare se si somma al mutuo di una casa. Ragionando in termini generali, l’importo medio del mutuo nei primi trimestri del 2024 è di 133 mila euro (Fonte Facile.it) e l’età media dei mutuatari è compresa tra i 36 e i 45 anni.

La fotografia diventa allora quella di un bacino di utenti che può trovarsi sulle spalle due finanziamenti, o più se attivano anche dei prestiti finalizzati, capaci di assorbire molto più del terzo dello stipendio, limite universalmente accettato come sostenibile.

A meno che lo stipendio non sia robusto e riesca a sostenere l’investimento fatto, situazione che in Italia è ancora appannaggio di pochi, o meglio, di pochissimi giovani, perlopiù in balia di saliscendi dei tassi e dei prezzi degli immobili.

Eppure studiare e avere una casa dovrebbero essere due pilastri della vita di ogni persona, anche di chi parte da zero.

Ecco perché il prestito d’onore agli studenti diventa un amaro caso, che perlomeno aggiunge fatica alla possibilità dei giovani di avere una casa di proprietà, possibilmente prima di andare in pensione.

 

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