Secondo il Project Management Institute, la gestione per progetti è una buona prassi per creare valore anche in organizzazioni “non progettizzate”. Le committenze di opere infrastrutturali complesse indicano come fattore determinante per il successo delle iniziative, prima ancora della qualità del progetto (inteso come design), l’istituzione di cabine di regia che adottino tecniche di project management.
Anche nei progetti infrastrutturali, l’area del project management è oggi per lo più presidiata da società di consulenza, che offrono un servizio di supervisione generale. Restano vacanti ampi spazi per una figura di Project Manager di provenienza tecnica, “mani in pasta” per intenderci, che sappia dialogare con il team di progettazione e di costruzione, in modo da incidere direttamente sui fattori che determinano il successo e, in ultima analisi, il valore generato dal progetto.
Le società di consulenza possono essere preziose alleate, ma noi ingegneri e architetti non dobbiamo delegare a loro tutto il lavoro di regia. Dobbiamo piuttosto fare un coraggioso salto verso competenze che non sono tradizionalmente ovvie per un ingegnere, ma che sono parte integrante della crescita di un buon gestore di progetti.
Mi riferisco al set di tecniche, strumenti e soft skills, che caratterizzano l’operato del Project Manager e ne definiscono la professionalità.
La parola chiave è “ingaggio”. Sempre più spesso, il cliente chiede a noi progettisti di assumerci la responsabilità di guidare il progetto (inteso come project e non solo come design) nel rispetto dei vincoli di tempi, costi e qualità attesa. La massima espressione di questa dinamica è l’interesse crescente verso soluzioni Design & Build, dove il progettista sottoscrive anche l’impegno contrattuale di realizzare l’opera, con approccio EPC chiavi in mano. Non è un caso che questa esigenza emerga principalmente in contesti mission critical, caratterizzati da un’elevata complessità tecnica e tempi sempre più stringenti. Scenari sfidanti per il cliente stesso, che difficilmente riesce a esprimere nella propria organizzazione le necessarie figure di coordinamento e delega all’ingegneria i ruoli di management dell’intervento.
I nostri team si stanno allargando, coinvolgendo nuove specializzazioni come Data Scientist, Innovation Specialist. Ci interroghiamo su come la nostra professione si confronterà con l’intelligenza artificiale, i digital twins, il metaverso. In questo contesto di proliferazione di nuove specializzazioni diventa sempre più strategico avere a bordo professionisti dedicati a ruoli di coordinamento, non solo tecnico, ma anche gestionale. Project e Construction Manager insomma.
Per conseguire questi risultati non basta inserire nell’organigramma aziendale qualche Project & Construction Manager. La vera svolta di qualità la facciamo quando riusciamo a diffondere nella nostra organizzazione una cultura da Project manager. È quello che si definisce maturità in project management e che, in sostanza, comporta che anche i progettisti specializzati, nel momento di prendere delle scelte tecniche, tengano in considerazione non solo gli impatti sul design, ma anche come le loro scelte possano generare o mitigare rischi sul progetto, sul rispetto di tempi e costi e sulla qualità rilasciata.
Di nuovo siamo alle persone e al loro ingaggio. Abbiamo bisogno di persone che vogliano, con coraggio, occuparsi di tutti gli aspetti del progetto e sappiano cucire gli spazi tra le varie discipline. Che sappiano ascoltare, perché alla fine si tratta di mettere i colleghi nelle migliori condizioni per lavorare insieme. Si tratta di capire le esigenze delle persone, le sfide che stanno affrontando e aiutarle a risolverle, tenendo a mente che il Project Manager è prima di tutto un semplificatore, che “mette l’olio negli ingranaggi”.
Certamente tutti gli specialisti devono fare un salto evolutivo. Non è più il mondo delle società di ingegneria con organigrammi e job description rigidi, ma piuttosto di organizzazioni flessibili dove si chiede a tutti di fare un passo in più, di portare competenza ed energia a supporto del progetto. Mi piace vedere il project manager come una figura costantemente in crescita per quanto riguarda le soft skill, le abilità relazionali, la capacità di coinvolgere e condividere: fare esperienze e portarle dentro i progetti. Il PM ideale è quello in grado, infine, di far crescere anche il suo team.
Portare nuova linfa, nuove competenze ed energia: questa la sfida delle nostre realtà. Questa è oggi la principale sfida organizzativa per le società di ingegneria.
di Alberto Caccia, ingegnere, Direttore di CAP DC Italia e Responsabile dell’area Project & Construction Management del Gruppo Lombardini22