Il progetto firmato dallo studio Mygg di Milano consiste nella ristrutturazione di un edificio degli anni Cinquanta sito a Pontedera in provincia di Pisa. Si tratta di un’operazione di ristrutturazione degli spazi interni e della creazione di un nuovo fronte urbano, che fosse in grado di dialogare con il centro storico esistente. Organizzato su quattro livelli l’edificio è l’headquarter di una società di Real Estate e ospita gli uffici di rappresentanza e gli uffici tecnici della società stessa.
L’intervento mira principalmente, al di là delle sue necessità di riorganizzazione funzionale, a ricucire con il magistero della pietra, un fronte urbano che era stato interrotto da un intervento degli anni Sessanta: l’uso della pietra locale diventa quindi la chiave di lettura principale con cui riscrivere la storia di questo edificio. Il progetto gioca sulle qualità prospettiche del volume edilizio che manifesta già a grande distanza un principio di compatta solidità stereometrica, definendo la potenza quasi monumentale del manufatto e al contempo, in uno sguardo ravvicinato, esibendo il dettaglio raffinato che rende giustizia all’eleganza dell’insieme. Nella dialettica tra potenza ed eleganza si gioca il rapporto con la Storia.
L’uso della pietra Santafiora dorata di provenienza alto Lazio avviene secondo un partito compositivo estremamente semplice e leggibile, interrotto e inframezzato da un contrappunto rigoroso di grandi finestre dotate di profonde imbotti in ottone brunito, che misurano lo spessore dell’architettura di struttura e di rivestimento. Vi sono inoltre pause in ottone brunito che scavano il velario e rivelano, attraverso l’artificio del bassorilievo, la profondità del muro come materia di stratificazione e aiutano gli angoli a diventare più forti sia nella sottrazione che nella fasciatura, serrando in un fermo abbraccio il calore del volume. I gialli delicati della pietra scalfiti dalle abrasioni meccaniche delle lavorazioni rivelano e fanno emergere i rosa di una terra che si trasforma nella luce e trova un’eco più intensa e drammatica nelle lastre in ottone brunito e nelle imbotti delle finestre per via del sole che lo plasma.
La facciata è quindi una scrittura che svela i codici segreti dell’armonia e insegna a parlare piano, quando i colori sono pallidi, e a cantare forte quando la natura impone le sue note accese. La facciata è un gesto di rispetto e di civiltà, una presenza anacronistica che parla la lingua del tempo passato e del futuro, che è già scritto e contenuto in quel passato.
Come la facciata parla la lingua della città, adottando le sue parole, i suoi ritmi e proporzioni, gli interni, rivisti nella loro totalità sia funzionale che stilistica, riprendono invece alcuni stilemi dell’architettura degli esterni in termini di geometria, composizione e materiali. Un impianto classico in facciata dialoga con un impianto classico nella divisione degli spazi interni dove alcuni materiali di varia provenienza (marmo Calacatta Bianco con venature dorate italiano, marmo Dark Emperador spagnolo, Onice Miele iraniano) caratterizzano gli ambienti di rappresentanza come l’atrio e lo scalone monumentale, le sale direzionali e le sale riunioni.
di Danilo Premoli – Office Observer