Edilizia scolastica: fondi promossi, cantieri rimandati

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Che le scuole pubbliche italiane non brillino per sicurezza e salubrità non è notizia nuova, ma con la valanga di fondi del PNRR qualcosa dovrebbe bollire in pentola, burocrazia permettendo.

In Italia ci sono 40.321 scuole pubbliche attive, il 68,9% delle quali è dedicato all’infanzia e all’istruzione primaria. Nell’anno scolastico 2023/2024 gli studenti sono stati 7.194.400 in totale, distribuiti in 364.069 classi.

In tutto questo la fotografia dell’edilizia scolastica rappresenta un parco di edifici dove oltre la metà è stata costruita tra il 1950 e il 1992 e solo uno su dieci dopo il 1997. I comuni hinterland sono quelli con più scuole costruite dopo il 1997 (12,1%), mentre nei comuni polo la quota scende al 7,3%.

3,9 mld per la messa in sicurezza e riqualificazione delle scuole

Secondo il portale Futura, che raccoglie lo stato dei fondi del Pnrr per la scuola, ammontano a 3,9 miliardi di euro le risorse per mettere in sicurezza e riqualificare le scuole italiane. 

Il timing prevedeva nel 2021 l’individuazione degli enti locali nell’ambito della programmazione triennale nazionale, nel biennio ‘22-’23 la procedura di aggiudicazione e avvio dei lavori, in quello ‘24-’25 l’esecuzione dei lavori e il monitoraggio e nel 2026 la conclusione dei lavori.

Eppure, più del 40% degli interventi è ancora bloccato nella fase del progetto.

Una scuola su due ha bisogno di interventi urgenti

Lo si evince dal XXIII report “Ecosistema Scuola” di Legambiente i cui dati, relativi al 2022, parlano chiaro: gli edifici scolastici del sud, insieme a quelli delle isole e del centro, hanno mediamente necessità di interventi urgenti per una scuola su due, a fronte delle scuole del nord che ne necessitano solo nel 21,2% dei casi. 

In Sicilia e Calabria ben una scuola su tre ha necessità di interventi urgenti di manutenzione; inoltre, nelle città capoluogo, negli ultimi 5 anni non è stato costruito nessun nuovo edificio scolastico. 

Sul fronte messa in sicurezza, altro osservato speciale è il centro Italia colpito dal sisma 2016 dove negli ultimi 5 anni, denuncia Legambiente, gli edifici in cui sono stati realizzati interventi di adeguamento sismico sono solo il 3,4%.  

“La transizione ecologica “– ha dichiarato Claudia Cappelletti, responsabile nazionale scuola di Legambiente -passa anche per l’edilizia scolastica e i relativi servizi, ma oggi questo percorso è fin troppo timido e fatica a decollare”.

Efficientamento energetico solo per il 12,7% degli edifici

A livello nazionale, nel 2022 gli edifici costruiti secondo i principi di bioedilizia rimangono relegati al 1,3% del totale. L’efficientamento energetico, pur affrontato da alcune amministrazioni su un numero consistente di edifici di propria pertinenza, riguarda solo il 12,7% del totale degli edifici scolastici tra quelli realizzati negli ultimi 5 anni, distribuito in modo piuttosto disomogeneo. 

Questo a fronte che di tutti gli edifici scolastici, solo il 5,4 % si trova in classe A, mentre ben il 73% in classe E, F e G. 

Nota positiva riguarda invece l’interesse delle amministrazioni (90%) a realizzare comunità energetiche scolastiche. 

Una questione di sicurezza

La maggior parte degli edifici scolastici statali non dispone di tutte le attestazioni relative ai requisiti di sicurezza: le certificazioni sono detenute da poco meno del 40 per cento dei casi.

Poco più di un terzo degli edifici scolastici, statali e non, è privo di barriere fisiche, con una forbice di quasi 8 punti tra le regioni del nord e quelle del mezzogiorno a sfavore di quest’ultimo. Solo il 16% delle scuole dispone di “segnalazioni visive” per studenti con sordità o ipoacusia, mentre le “mappe a rilievo e i percorsi tattili“, necessari a rendere gli spazi accessibili agli alunni con cecità o ipovisione, sono presenti solo nell’1,5% delle scuole. Questi i dati del rapporto annuale 2023 Istat

Ma i fondi chi li spende?

Le province autonome di Trento e di Bolzano hanno speso ogni anno risorse pari a oltre il quadruplo del valore nazionale (espresse in rapporto alla popolazione studentesca); in regioni quali Campania, la Sicilia e la Puglia la spesa annua è stata invece inferiore del 40 per cento rispetto al dato italiano.

Lo sottolinea lo studio Per chi suona la campan(ell)a? La dotazione di infrastrutture scolastiche in Italia di Banca d’Italia (a cura di Mauro Bucci, Luigi Gazzano, Elena Gennari, Adele Grompone, Giorgio Ivaldi, Giovanna Messina e Giacomo Ziglio).

Sotto il profilo dei soggetti erogatori, la quota di risorse spese dal livello di governo centrale tende comunque ad essere più elevata nel Lazio e nelle regioni meridionali. 

Il punto è che lo stesso occasional paper evidenzia che un’analisi più dettagliata sugli aspetti di natura finanziaria è ostacolata dall’assenza di informazioni a livello micro sulle risorse disponibili per l’edilizia scolastica, considerata la pluralità delle fonti di finanziamento e dei livelli di governo coinvolti. 

Mappare i gap infrastrutturali

Secondo i ricercatori di Banca d’Italia, i dati più recenti sui finanziamenti finora effettivamente assegnati agli enti territoriali mostrano un parziale disallineamento rispetto ai fabbisogni locali, su cui hanno inciso aspetti di una governance molto complessa in materia di edilizia scolastica come anche la scelta di allocare i finanziamenti con procedure competitive basate sulla partecipazione a bandi. 

L’azione di riequilibrio delle misure previste nel Pnrr potrebbe essere agevolata da una mappatura granulare e ad ampio spettro dei gap infrastrutturali.

In altre parole, sapere chiaramente chi ha bisogno di cosa ed entro quando, per non perdere l’occasione di disperdere le uniche risorse attualmente disponibili per rimodernare la scuola italiana.

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