Draghi getta la palla in tribuna: Qe e tassi aspetteranno

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Il board esecutivo della Banca Centrale Europea, quello che prende le decisioni in merito ai tassi d’interesse dell’Euroarea e alle politiche monetarie dell’istituto centrale, ha deciso di non decidere alcunché. Ogni possibile azione sulla leva monetaria è rimandata a dicembre, quando a Francoforte ci sarà l’ultima riunione di quest’anno. Tanto è bastato ai mercati per sentirsi rassicurati, con i principali indici borsistici in crescita, e al costo dei finanziamenti, a cominciare dai tassi applicati sui mutui, per predisporsi a muoversi verso nuovi minimi storici dopo quelli toccati in settembre.

La scelta della Bce non ha stupito. Nessuno si attendeva manovre o anche solo ritocchini alle politiche in essere; tantomeno variazioni del costo del denaro. Ciò che però molti attendevano, e che non si è invece verificato, era l’indicazione da parte del presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, sulle prossime mosse o per lo meno sulle intenzioni future.

Draghi si è limitato a dire che il Qe proseguirà invariato, “chi ha scritto di una riduzione (il cosiddetto tapering, ndr) degli acquisti di titoli ha seguito le parole di qualcuno che non era informato sull’esatto stato della situazione e che non aveva idea – ha detto Draghi in conferenza stampa aggiungendo che – è improbabile che la Bce sospenda da un giorno all’altro il programma” di alleggerimento quantitativo, con cui il sistema economico europeo è stato inondato di liquidità allo scopo di incrementare investimenti e inflazione.

Cosa succederà quindi il prossimo marzo, quando il Qe dovrebbe ufficialmente terminare? Non si sa! La possibile estensione del Qe oltre il limite stabilito è stata discussa? Ufficialmente non ancora. Si è deciso qualcosa in merito alla qualità di bond acquistabili dalla Bce visto che in alcuni Paesi, e per ammissione dello stesso Draghi, i titoli acquistabili si stanno esaurendo? Nessuna decisione è stata ancora presa. La Bce sta insomma cercando di prendere tempo, confidando che la tenue ripresa economica dell’Ue possa proseguire e si spera accelerare nel quarto trimestre, sebbene le stime di Francoforte siano orientate verso un crescente pericolo di rallentamento.

Il problema non è di facile soluzione: la politica monetaria extra espansiva sta iniziando ad alimentare alcune bolle speculative – si veda ad esempio quella dei titoli collaterali che gli istituti di credito continentali possono vendere alla Bce nell’ambito del Qe e che cominciano a scarseggiare, o anche, ipotizzano alcuni, certe bollicine immobiliari locali – ma un’improvviso cambio di direzione con strette monetarie, anche se lievi, rischierebbe di craccare tutto il sistema economico europeo, già di per sé così delicato.

Il fatto è che la cinghia di trasmissione della politica monetaria non è abbastanza lunga per rimettere in moto da sola l’economia reale. I problemi di produttività delle economie si risolvono con politiche industriali, del lavoro e fiscali, come sanno bene il settore italiano delle costruzioni e quello dell’immobiliare. Ma per attuarle c’è bisogno di copertura finanziaria che – cosa sottolineata anche in passato dallo stesso Draghi, che in questo si è sempre dimostrato assai poco partigiano – in Italia può passare solo per riduzioni della spesa pubblica, anche perché la capienza fiscale del Paese è già oltre il limite. Altro che flessibilità crescente, che poi è un modo gentile di dire facciano maggior deficit e debito pubblico, nel tentativo di guadagnare tempo in attesa che la congiuntura internazionale migliori e in qualche modo ci trascini verso l’alto. Gettare anche il pallone di riserva in tribuna non impedirà alla partita di andare avanti.

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