Torna visibile a Firenze, presso il centro Ex3 a Gavinana, il Memoriale italiano di Auschwitz, opera d’arte contemporanea collocata nell’ex campo di sterminio e poi smantellata, che qui ha trovato una nuova casa.
Il Comune di Firenze e la Regione Toscana nell’ottobre del 2014 hanno accolto la proposta dell’Associazione nazionale ex deportati (Aned) di ospitare a Firenze il Memoriale che per decisione della Direzione del museo polacco non poteva più restare nel luogo per cui era stato concepito. La scelta di accogliere il Memoriale si è basata sulla convinzione del valore storico, culturale, artistico, civile dell’opera e sulla consapevolezza della presenza in Toscana di sensibilità e competenze largamente diffuse sui temi della memoria, espresse negli anni con impegno sia dalle istituzioni che dalla società civile.
Il Ministero per i beni culturali, riconoscendo il valore di assoluto rilievo del Memoriale per la cultura italiana del Novecento e quale testimonianza della deportazione italiana nei campi nazisti, ha curato lo smontaggio ed il trasferimento dell’opera a Firenze, a cura dell’Istituto superiore di conservazione e restauro.
All’ingresso presenta una targa scritta da Primo Levi in cui tra l’altro si legge: “‘Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo. Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile,che non sia stata inutile la nostra morte”. Il Memoriale, una delle prime installazioni multimediali al mondo, su progetto dello studio BBPR è costituito da una passerella lignea circondata da una spirale ad elica all’interno della quale il visitatore cammina come in un tunnel. La spirale è rivestita all’interno con una tela composta da 23 strisce dipinte da Pupino Samonà, seguendo la traccia del testo di Primo Levi, mentre dalla passerella sale la musica di Luigi Nono.
L’architetto Lodovico Belgiojoso (che era stato deportato nel Lager di Mauthausen) nell’inaugurare l’opera nel 1980 aveva scritto: “Nel nostro progetto ci siamo sforzati di ricreare, allusivamente, un’atmosfera di incubo, l’incubo del deportato straziato fra la quasi certezza della morte e la tenue speranza della sopravvivenza, mediante un percorso che passa all’interno di una serie infinite di spire di una grande fascia elicoidale illustrata, che accompagna il visitatore dal principio alla fine. È l’idea di uno spazio unitario, ossessivo, realizzato con un ritmo di zone di luce e d’ombra che si alternano equidistanti fra loro, consentendo anche la visione, attraverso finestre, degli altri blocchi del campo, visione altrettanto ossessiva”.
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di Danilo Premoli – Office Observer