Per un lungo periodo di tempo il compenso dei professionisti è stato determinato in base a un sistema tariffario obbligatorio, di fatto scomparso a seguito della cosiddetta legge Bersani. Si è quindi arrivati al 21 aprile 2023, con l’introduzione di una legge specifica in materia di equo compenso delle prestazioni professionali.
La legge ha come principale obiettivo quello di rafforzare la protezione del professionista all’interno di un rapporto contrattuale, soprattutto nei confronti di alcune categorie di imprese considerate contraenti forti, come ad esempio le banche, le medie e grandi aziende, la Pa o le compagnie di assicurazione.
E, in parallelo, di evitare che la concorrenza si traducesse in una corsa al ribasso a discapito della qualità.
La legge ha esteso l’ambito di applicazione della disciplina dell’equo compenso anche alla pubblica amministrazione, alle società partecipate e alle medie e grandi imprese. Nel settore delle attività immobiliari, secondo lo studio sui servizi immobiliari di Scenari Immobiliari, si tratta di circa 75 aziende, con circa 11.500 occupati, un fatturato netto di quasi 2,45 miliardi di euro e un volume di salari e stipendi leggermente inferiore ai 100 milioni di euro.
È complesso definire la relazione tra i servizi offerti e il compenso economico, quindi l’equo compenso nel settore immobiliare è ancora oggi un tema discusso in pochi tavoli di lavoro.
Nel 2023, quando la legge è stata promulgata, il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori aveva dichiarato che, finalmente un principio era diventato legge, rappresentando un importante riconoscimento per i liberi professionisti, un patto significativo per proteggerli e anche per tutelare i cittadini che avevano diritto a prestazioni di qualità.
Ma cos’è esattamente l’equo compenso? È la corresponsione di un compenso che, secondo quanto previsto dalle norme, sia proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale.
L’equo compenso e le gare
Attualmente, secondo l’analisi di Scenari Immobiliari il metodo più richiesto nei capitolati di gara relativi ai servizi immobiliari è quello di presentare un’unica offerta, omnicomprensiva. Questa può essere basata su uno sconto sul compenso determinato dal committente posto a base d’asta o su una proposta diretta da parte del cliente. Questo approccio rappresenta una delle maggiori criticità nella valutazione dei servizi, poiché non riflette la complessità e la qualità professionale, e di conseguenza il valore aggiunto delle attività proposte.
Secondo quanto emerge dallo studio di Scenari, si stima che la piena e diffusa applicazione delle disposizioni in materia di equo compenso possa contribuire a incrementare fatturati netti, salari e stipendi delle medie e grandi imprese operanti nei servizi immobiliari di una percentuale, rispettivamente, compresa tra il 26% e il 39% e tra il 32% e il 48%, raggiungendo rispettivamente valori compresi tra i 3,1 miliardi di euro e i 3,4 miliardi di euro e i 130 milioni di euro e 145 milioni di euro.
Nel secondo semestre del 2023 e nel primo trimestre del 2024, su 95 dei 280 bandi di gara pubblicati da stazioni appaltanti e responsabili unici di progetti di matrice pubblica, sono state applicate le norme sull’equo compenso per un valore complessivo di 75 milioni di euro (20% dei 370 milioni complessivi).
Questo prova che l’equo compenso inizia a trovare un’applicazione che può promuovere qualità nella progettazione, nella direzione esecutiva, nella verifica, nei collaudi, nella consulenza e, in generale, nell’industria dei servizi immobiliari.
Equo compenso, surroghe e valutazioni immobiliari
L’equo compenso è una questione che va oltre l’equo pagamento della prestazione del professionista e i cui effetti possono ricadere anche sui consumatori finali.
Al di là di un’applicazione che possa garantire qualità nell’esecuzione delle opere pubbliche e private, l’equo compenso tocca infatti temi di interesse collettivo come la valutazione immobiliare o la possibilità di surrogare un mutuo.
“La qualità delle valutazioni immobiliari rappresenta uno dei principali elementi per la tutela della collettività”. Questo il principio riportato dal Cnappc, Assovib (Associazione società di valutazioni immobiliari) e Confindustria Assoimmobiliare in merito alla definizione di un equo compenso per le valutazioni immobiliari.
I presidenti dei consigli nazionali avevano al tempo ribadito quanto fosse necessario addivenire alla giusta definizione delle prestazioni tipiche della valutazione immobiliare ai fini della concessione del credito e al relativo equo compenso, attività che necessita di dedizione e competenze specialistiche.
Dalla valutazione alla compravendita, dal mutuo alla surroga, questione sui cui, nell’anno della legge, erano emerse diverse critiche.
In caso di surroga, i costi legati all’operazione, specialmente quelli notarili, sono a carico della banca e la normativa stabilisce gli importi che l’istituto di credito deve pagare al notaio.
Con l’entrata in vigore della legge sull’equo compenso questo avrebbe potuto eliminare la possibilità di ottenere prezzi scontati a causa di un aumento dei costi notarili per le banche, in particolare per quelle che in passato avevano beneficiato di tariffe agevolate grazie alla gestione di un gran numero di surroghe annuali.
In sostanza, a causa delle tariffe più elevate, le banche avrebbero potuto irrigidire i criteri per concedere le surroghe, limitando così la possibilità per i consumatori di cambiare banca e trovare condizioni di mutuo più vantaggiose.
A settembre del 2024, quindi poco più di un anno dopo l’entrata in vigore della legge sull’equo compenso, il Notariato ha firmato una convenzione sulle surroghe con quattro istituti bancari.
Obiettivo: contenere i costi e ridurre i tempi delle procedure, salvaguardando l’importanza sociale della surroga, garantendo al contempo un compenso equo e proporzionato alla qualità e alla quantità del lavoro svolto dai notai.