Città futura: si tracciano i confini della smart city

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L’interconnessione di servizi, utenze, consumi e lavoro; l’inclusione sociale; la tecnologia e le idee innovative in ambito urbano; l’ambiente e l’architettura: in una parola la smart city. Che non è solo un modo diverso di costruire, riempiendo le abitazioni di domotica e di marchingegni tecnologici di varia natura che rendano più semplice e confortevole l’abitare, ma è il tentativo di mettere in rete tutta una serie di informazioni disaggregate, rendendole facilmente fruibili ai cittadini in tempo reale, cambiando la natura stessa delle città e il modo di viverle dei cittadini.

Di questo si è parlato presso lo Urban center di Milano, durante una tavola rotonda organizzata da Planet Idea – società di ingegneria torinese che in Brasile si sta sporcando le mani su tema, realizzando la prima vera smart city, nata da zero per cittadini brasiliani – in occasione della presentazione del libro “La prossima città”, curato da Giuseppe Franco Ferrari, professore del Department of Legal Studies dell’Università Bocconi. “L’idea di Smart City è cresciuta in dieci anni, passando dalla dimensione tecnologica a quella di civiltà e qualità della vita. La sua ampiezza va ora perimetrata e misurata con attenzione”, ha detto Ferrari aprendo i lavori.

Alla discussione hanno partecipato diversi soggetti, tutti coinvolti nel processo di trasformazione della città del futuro in smart city. Dai costruttori, come appunto Planet Idea e Arup Italia, ai fornitori di servizi (Tim e A2A); da chi si occupa di housing sociale (Cdp) a chi invece è impegnato nella sicurezza a 360 gradi (Tyco inegrated fire and security), fino a chi si occupa di business (Studio Bello), di regolamentazione Tourin school of local regulation e infine all’Università di Pollenzo.

“Negli ultimi 12 mesi Planet Idea ha maturato un know-how e un approccio innovativo alla progettazione, a breve che ci renderà in grado di avviare sperimentazioni su progetti oggi in via di definizione su quartieri sul territorio nazionale in collaborazione con partner tecnici e istituzionali per mettere a sistema una serie di interventi innovativi – ha detto il presidente di Planet Idea, Gianni Savio – Stiamo inoltre lavorando a un nostro Manuale di Costruzione della Città Intelligente e predisponendo con Arup Italia un indice per le Smart City che consentirà di valutare gli interventi in brownfield e in greenfield”.

Uno degli elementi per chi non è addetto ai lavori né esperto del tema che emergono con maggiore evidenza è la mancanza di sistemi di misurazione certi, di guidance comuni e condivise e di standard accettati a 360 gradi. Come dire: le idee ci sono e anche le parole per definire e costruire la smart city, ciò che ancora pare mancare è una grammatica che consenta di raccontarla in modo chiaro e lineare e che sia comprensibile a tutti.

Più in generale, comunque, la città intelligente sarà oltre che più popolosa, anche meno costosa, meno inquinante e meglio vivibile. Che si tratti di una direzione già presa, anche se forse l’arrivo non è ancora chiarissimo, è confermato dal progetto basiliano di Planet Idea. La smart city di fondazione da 25mila abitanti che la società sta realizzando a una 70ina di chilometri da Fortaleza procede nonostante la crisi abbia picchiato particolarmente duro sul Brasile. “I compratori, futuri cittadini, sono peraltro locali – conferma l’avvocato Marco Bello – Anche perché una città veramente smart, non solo consente maggiori risparmi di costruzione e minori costi per i consumatori, ma produce ricchezza e benessere per tutti i soggetti coinvolti”.

“Si ritiene che le smart city generi ricchezza diffusa, ma è davvero così?”, si è domandato l’assessore all’Urbanistica di Milano, Pierfrancesco Maran, il cui intervento ha chiuso l’incontro. L’assessore, pur riconoscendo la necessità di un buon grado di libertà necessario perché ogni nuova iniziativa si sviluppi ha segnalato quali ritiene siano le responsabilità del pubblico in tale processo: essenzialmente garantire l’infrastrutturazione e definire il sistema di regole all’interno del quale gli operatori si possono muovere.

Peraltro, si è chiesto Maran: “Il privato è davvero meglio del pubblico in questo tipo di operazioni? Ossia nell’offrire questo tipo di servizi”. Per Maran è infatti “necessario che chi sviluppa queste soluzioni in un’ottica di business ponga attenzione anche alla parte di popolazione che non partecipa a una connessione costante percheé l’accesso alle nuove infrastrutture deve essere aperto anche a chi non le utilizzerà abitualmente”.

Infine, ultimo aspetto sollevato dall’assessore e che apre ad altre e più ampie discussioni, riguarda il rapporto tra le nuove città intelligenti e il territorio circostante, sia in termini di vivibilità sia di interscambi e interconnessioni economiche. Un tema poco dibattuto, ma comunque di grandissima importanza.

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