L’Inghilterra non è mai stata timida quando si è trattato di riformare religioni o usi e costumi radicati nell’immaginario collettivo. Da Enrico VIII ai Clash, lo spirito iconoclasta dell’impero mercantile è riaffiorato ciclicamente in tutti gli aspetti del vivere comune.
Lo scorso dicembre, il piano nazionale di urbanistica (National Planning Policy Framework, NPPF) è stato aggiornato per la prima volta da un governo laburista, dodici anni dopo la sua prima pubblicazione firmata congiuntamente da Conservatori e Liberali.
Come riportato in tutti i media, il team di Keir Starmer non ha fatto segreto di voler rivoluzionare il sistema decisionale urbanistico per aumentare la costruzione di abitazioni (il target ufficiale è 1,5 milioni di nuove unità). Più in generale, il governo in carica ha un chiaro manifesto a favore di investimenti nell’immobiliare e nelle infrastrutture digitali.
In questa atmosfera di cambiamento, la distillazione del concetto di Grey Belt è una delle novità più dirompenti, con effetti immediati sulle strategie di promotori immobiliari e investitori.
Vediamo perché.
Green Belt: un mito da riformare
Per oltre 70 anni, la Green Belt è stata il pilastro intoccabile dell’urbanistica britannica. Progettata per frenare l’espansione urbana incontrollata e proteggere gli spazi verdi, ha finito col rappresentare una barriera rigida a qualsiasi sviluppo, anche in aree già compromesse.
Questo dogma, tuttavia, non è più sostenibile in un paese che soffre una cronica carenza abitativa.
L’aggiornamento del National Planning Policy Framework (NPPF) pubblicato nel dicembre 2024 ha introdotto la Grey Belt, una nuova categoria di terreno all’interno della Green Belt che può essere destinata allo sviluppo urbano.
Si tratta di aree che:
• Sono già edificate o hanno un impatto ambientale limitato.
• Non svolgono un ruolo chiave nel preservare l’identità paesaggistica della Green Belt.
• Possono essere riqualificate senza minare l’integrità del territorio circostante.
Il criterio principale per la classificazione come Grey Belt è che il terreno non contribuisca fortemente ai principi fondamentali della Green Belt, come impedire la fusione tra città o proteggere il paesaggio rurale.
Questo cambiamento apre un’opportunità per sviluppatori e investitori, che ora possono presentare progetti con una maggiore probabilità di approvazione.
Tuttavia, l’entusiasmo iniziale è stato frenato da due fattori: l’assenza di linee guida chiare e l’incertezza su come le autorità locali interpreteranno la nuova policy. Alcuni esperti sostengono che, in mancanza di regole precise, la Grey Belt potrebbe diventare una zona grigia di conflitti normativi.
Small is beautiful
Uno degli aspetti più controversi delle nuove normative sulla Grey Belt è l’applicazione delle cosiddette “golden rules” per lo sviluppo residenziale. In particolare, se un progetto prevede più di 10 unità abitative, scatta automaticamente l’obbligo di destinare almeno il 50% delle unità all’affordable housing.
Questo vincolo ha portato gli sviluppatori a valutare un approccio alternativo: ridurre la dimensione dei progetti, restando sotto la soglia delle 10 unità.
Secondo le nuove regole, un sito Grey Belt che prevede meno di 10 unità residenziali può essere sviluppato senza dover soddisfare il rigido requisito dell’housing sociale.
Questo significa:
• Meno vincoli normativi, con un iter approvativo più snello;
• Maggiori margini di profitto, poiché non è necessario riservare metà delle unità all’edilizia sociale;
• Maggiore appetibilità per investitori privati, attratti dalla possibilità di sviluppare senza dover negoziare pesanti obblighi di affordability.
Data center: un asso pigliatutto?
Se per il residenziale sopra le dieci unità la Grey Belt pone vincoli stringenti, il discorso cambia quando si tratta di sviluppi commerciali e industriali.
I data center, per esempio, sembrano godere di una flessibilità ben maggiore rispetto agli insediamenti residenziali. Mentre gli sviluppatori immobiliari devono rispettare requisiti di affordability e sostenibilità, i data center non sono soggetti agli stessi vincoli.
Questo sta portando a un fenomeno interessante: gli sviluppatori stanno valutando sempre più siti Grey Belt per usi non residenziali, approfittando della minore rigidità normativa.
Secondo alcune analisi, questa asimmetria potrebbe generare un effetto distorsivo:
• La Grey Belt, nata per agevolare la costruzione di nuove case, rischia di essere monopolizzata da progetti non residenziali, che trovano nel nuovo quadro normativo un’opportunità senza precedenti.
• Gli investitori potrebbero essere incentivati a privilegiare progetti commerciali o industriali, riducendo la capacità della Grey Belt di rispondere all’emergenza abitativa.
Alcuni esperti si chiedono se questa tendenza fosse prevista dal governo o se rappresenti un effetto collaterale “indesiderato”di una normativa ancora in fase di consolidamento.
In conclusione
L’introduzione della Grey Belt è un passo significativo verso un’urbanistica più dinamica, ma il suo successo dipenderà dalla capacità del governo di:
• Chiarire le regole di applicazione, per evitare conflitti interpretativi tra autorità locali e sviluppatori;
• Bilanciare residenziale e commerciale, per garantire che la Grey Belt non diventi un’esclusiva di data center e logistica;
• Evitare la frammentazione dello sviluppo, prevenendo la proliferazione di micro-progetti residenziali senza una visione organica
Per investitori e sviluppatori, la Grey Belt rappresenta un’opportunità da cogliere con attenzione. Comprendere le sfumature di questa nuova normativa sarà cruciale per navigare il mercato e trarre il massimo vantaggio dalle riforme in corso.
di Lorenzo Pandolfi – Logic Planning