Efficientamento: l’amore e odio degli italiani per la casa green

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Le case green stanno diventando sempre più centrali nel real estate italiano, riflettendo la crescente attenzione verso il rinnovo del patrimonio immobiliare, la sostenibilità energetica e il rispetto delle normative europee. Con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 e migliorare l’efficienza energetica degli edifici, la direttiva europea Epdb (Energy performance of buildings directive) ha stabilito nuovi standard per il patrimonio edilizio che influenzeranno sia i proprietari di immobili sia l’industria delle costruzioni nei prossimi decenni.

La direttiva Case Green: opportunità e sfide

La direttiva Epdb, rivista nel 2024, mira a rendere gli edifici residenziali in tutta Europa carbon neutral entro il 2050, stabilendo che entro il 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni quasi pari allo zero. Inoltre, entro il 2033, gli edifici residenziali esistenti dovranno essere riqualificati per raggiungere almeno la classe energetica E. Tuttavia, il processo di implementazione della direttiva presenta ancora alcune sfide. Una recente indagine di Nomisma per Rockwool evidenzia come, nonostante il trend positivo nelle ristrutturazioni orientate all’efficienza energetica, molti proprietari italiani non siano ancora pienamente consapevoli delle norme o degli incentivi disponibili per la transizione verso edifici green.

“La ricerca di Nomisma ha evidenziato che risulta evidente una crescente consapevolezza dell’importanza dell’efficienza energetica e della sostenibilità ambientale – commenta Ersilia Di Tullio, head of strategic advisory di Nomisma -, vissuti dai proprietari di casa italiani anche come un’opportunità economica per ridurre i costi energetici nel lungo termine. Tuttavia, molta strada resta da fare sul fronte della sicurezza antincendio, tanto che appena il 19% dei proprietari si ritiene sufficientemente informato sull’argomento. La scelta di intervenire sulla propria abitazione è infine anche condizionata dalla presenza di incentivi, tanto che si dichiara interessato il 78% di coloro che ristruttureranno nei prossimi 10 anni”.

Nomisma: il 70% dei proprietari intende ristrutturare i propri immobili

Secondo la ricerca di Nomisma, circa il 70% dei proprietari italiani prevede di ristrutturare la propria abitazione entro il 2034, con il 61% che ha già effettuato lavori nell’ultimo decennio. I proprietari di case singole o plurifamiliari sono generalmente più propensi a intervenire rispetto a chi risiede in condomini, indipendentemente dalla grandezza dell’immobile. Le case più vecchie tendono a essere sottoposte a interventi più frequenti, e tra i motivi principali c’è una crescente attenzione all’efficienza energetica. Tuttavia, una percentuale significativa, pari al 41%, non ha ancora esaminato la classe energetica della propria abitazione. In generale, oltre il 50% dei proprietari dichiara che il principale motivo per ristrutturare è migliorare il comfort della casa.

L’interesse per l’efficienza energetica supera ormai la necessità di riparazioni urgenti. Infatti, circa il 53% dei proprietari pone la riduzione dei consumi energetici tra le priorità degli interventi di ristrutturazione. Per quanto riguarda la sicurezza antincendio, la consapevolezza delle norme resta bassa: solo il 27% dei proprietari le conosce, evidenziando un bisogno di maggiore informazione e sensibilizzazione. Molti scelgono di affidarsi a una polizza assicurativa (35%), mentre il 24% non ha preso misure di sicurezza e il 23% non sa quali azioni intraprendere.

I costi per ristrutturare casa e l’isolamento termico

Il costo è considerato il principale ostacolo per la ristrutturazione da circa metà dei proprietari, anche se la disponibilità di incentivi finanziari incoraggia molte persone a prendere provvedimenti. Il 44% dei proprietari ha usufruito di incentivi, con il Bonus Casa (41%) che rappresenta la scelta più comune, seguito dal Superbonus 110% (32%) e dall’Ecobonus (24%). Secondo le previsioni, se un sistema di agevolazioni adeguate fosse mantenuto, l’80% di coloro che hanno già pianificato di ristrutturare nei prossimi dieci anni accelererebbe i propri piani, mentre un 34% degli indecisi potrebbe essere incentivato a procedere.

Tra i trend più evidenti c’è un crescente interesse per il miglioramento dell’isolamento termico e per l’installazione di pannelli fotovoltaici, con circa il 60% dei proprietari attenti nella scelta di materiali isolanti. Riguardo alla direttiva europea Case Green, il 48% dei proprietari dichiara di essere informato sugli obblighi e le opportunità offerte dagli interventi di riqualificazione energetica. Tuttavia, non tutti sono pronti ad adeguarsi: circa il 45% dei proprietari non intende eseguire interventi per soddisfare i requisiti della Direttiva Epbd, mentre un 25% è disposto a intraprendere tali adeguamenti.

Bonus casa al 50%, per la seconda è al 36%

La proroga nel 2025 del bonus ristrutturazione al 50%, ma solo per la prima casa, era un’ipotesi presa in considerazione dal governo, poi confermata nel corso della riunione del Consiglio dei Ministri n. 100 che ha approvato la bozza della legge di Bilancio. L’apertura in tal senso era già arrivata dal viceministro all’Economia Maurizio Leo in occasione del convegno di FdI “Far crescere insieme l’Italia”, svoltosi a Milano venerdì 11 ottobre. Sono quindi confermati il bonus ristrutturazioni al 50%, il bonus mobilie, e soprattutto, non ci sarà nessun intervento sul catasto: queste le principali misure per la casa contenute nella manovra approvata martedì dal Consiglio dei ministri e presentata ieri in conferenza stampa.

Rimane però l’aggiornamento delle mappe catastali per gli immobili ristrutturati con il Superbonus, così commentato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “Non siamo davanti a un aggiornamento delle rendite catastali ma banalmente a quello che già normalmente è previsto per tutti noi, chi ha usufruito del Superbonus deve fare l’aggiornamento delle mappe catastali”. Si tratta, come ha ricordato il ministro, di regole già in vigore. La variazione delle rendite, cioè dei valori catastali degli immobili, in seguito a interventi edilizi, non è infatti una novità perché è prevista da un decreto ministeriale del 1994.

Tornando al bonus ristrutturazioni, il Governo ha evitato la riduzione al 36% prevista dalla legge per il 2025. Lo sconto fiscale verrà prorogato per un altro anno al 50% ma solo per le prime case, mentre per le seconde scenderà al 36%. Resta la detrazione spalmata su 10 anni. L’ipotesi di congelare il bonus al 50% per un altro anno era stata anticipata pochi giorni dal viceministro Leo: “Penso che si possa fare, compatibilmente con le risorse». La finalità della misura, ha spiegato il viceministro, è quella di contrastare «fenomeni di non fatturazione”.

Prorogato per il prossimo anno anche il bonus al 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, che a legislazione vigente non era previsto. E stato inoltre rifinanziato il fondo di garanzia per la prima casa, con cui giovani coppie coniugate, famiglie monogenitoriali con figli minori conviventi e under 35 con rapporto di lavoro atipico possono chiedere in banca un mutuo di importo massimo di 250mila euro garantito al 50% dallo Stato.

Ultime novità dalla Camera: serve rinnovare il parco residenziale

Come si evince, l’obiettivo è ambizioso: azzerare le emissioni, sostituire le vecchie caldaie, far diventare le nostre case finalmente green ed ecosostenibili. Ma come fare? A tracciare una rotta possibile è lo studio, presentato alla Camera, sulla decarbonizzazione dei consumi termici residenziali e realizzato da Bip Consulting per conto dalle associazioni Proxigas, Assogas, Federchimica-Assogasliquidi, Assotermica e Utilitalia.

La spesa complessiva per raggiungere gli standard energetici richiesti oscillerebbe “tra 160 e 480 miliardi di euro”: e quindi chi paga? È quanto si è chiesto Alberto Gusmeroli, presidente della Commissione Attività Produttive invitando a scegliere «soluzioni per rendere sostenibile questa transizione che non deve essere fatta contro i cittadini». L’esponente politico della Lega ha ricordato che il suo gruppo ha votato contro la direttiva e rimarcato che «se avessimo destinato tutti i soldi del superbonus per cambiare le caldaie avremmo raggiunto tutti gli obiettivi fissati dall’Europa». Forse una provocazione, ma al di là della polemica, lo studio mette in evidenza l’importanza di rinnovare un parco residenziale che per oltre il 70% è formato da immobili costruiti prima degli anni Ottanta e che per il 50% sono posizionati nelle ultime classi energetiche, F e G.

La metà delle case si trovano in aree climatiche fredde; il 60% degli appartamenti con riscaldamento autonomo non presenta un giardino privato o terrazzo e la mancanza di spazi esterni limita le alternative tecnologiche per il riscaldamento. La sostituzione del parco caldaie tradizionali (circa 12 milioni di apparecchi) con quelle a condensazione permetterebbe di raggiungere il 60% del target della direttiva, che punta a un taglio del 16% dei consumi di energia al 2030, rispetto ai livelli del 2020.

Caldaie a condensazione: la soluzione più conveniente

Ma ci sono diverse variabili da prendere in considerazione. «La maggior parte dei proprietari di case è over 65, la fascia meno predisposta a investimenti in efficienza – ha spiegato Michaela Verdilio di Bip Consulting -. Il 70% delle famiglie ha un reddito medio netto inferiore ai 40mila euro l’anno, comparato ai costi dell’installazione di pompe di calore significa che solo il 30% delle famiglie può sostenere questo investimento». Per valutare la convenienza economica bisogna indagare le spese di installazione e di gestione: secondo quanto riporta Bip Consulting, la caldaia alimentata a gas (metano o Gpl) sembrerebbe la soluzione più economica per i consumatori (costo circa 2mila euro), le pompe di calore (tecnologia elettrica) avrebbero dei costi elevati (circa 10mila euro) anche a fronte dell’attuale costo dell’energia elettrica.

«Lo studio ci dice con chiarezza che, per diverse ragioni, le pompe di calore elettriche non sono sempre adatte al contesto italiano – ha spiegato Marta Bucci dg di Proxigas -. Occorre, quindi, prendere atto di questi limiti e affiancare le pompe di calore ad altre tecnologie, sempre sostenibili, tra queste le nuove caldaie a condensazione alimentate con percentuali crescenti di biometano e che rappresentano la soluzione economica più conveniente». Lo studio stima che solo in 5,9 milioni di immobili in classe F e G, sui totali 16,6 milioni, la pompa di calore elettrica potrebbe essere una soluzione perseguibile sul piano tecnico. Se si considerano anche i fattori legati al reddito delle famiglie, il numero si riduce a circa 1,76 milioni di abitazioni. «La transizione che stiamo vivendo è complessa» ha ricordato Franco Cotana, amministratore delegato Rse che ha sottolineato come «il parco dei generatori di energia da vent’anni fa a oggi non è cambiato di molto».

La strada è ancora lunga e c’è una tabella di marcia che incombe dettata dalla direttiva europea: dal prossimo gennaio non saranno più incentivabili acquisto e installazione di generatori a combustibili fossili. Quindi le nuove costruzioni e le grandi ristrutturazioni non potranno più prevedere impianti alimentati da fossili, ad eccezione dei sistemi ibridi e ad idrogeno. E’ un primo passo verso quelle case green che permetteranno di ridurre i consumi e migliorare il clima, almeno questo è il disegno che vuole perseguire l’Europa.

Casavo: il green come un’opportunità per l’ambiente e per ridurre i consumi

Anche secondo una recente indagine di Casavo, il 64% degli italiani considera la direttiva europea sulle case green un’opportunità per rinnovare il patrimonio immobiliare del Paese. Tuttavia, il 73% degli intervistati teme che i costi di ristrutturazione si impenneranno con il tempo, evidenziando la principale preoccupazione nell’implementazione di queste norme. I costi iniziali elevati e le lungaggini burocratiche rappresentano i maggiori ostacoli per il 56% e il 33% degli italiani.

Tra i principali vantaggi dell’edilizia green, un italiano su due cita la riduzione dei consumi energetici. Questa scelta non solo contribuisce al risparmio economico nel lungo periodo, ma riduce anche la dipendenza dai combustibili fossili, un tema sempre più importante in un contesto di crescente attenzione ai cambiamenti climatici. Il 23% degli italiani ritiene invece che l’impatto ambientale ridotto sia il principale vantaggio dell’edilizia sostenibile. Questa opinione è particolarmente diffusa tra i giovani, con il 32% della generazione Z e il 37% dei millennial che evidenziano una maggiore sensibilità verso le tematiche ambientali.

Gli italiani temono costi elevati e lungaggini burocratiche

Nonostante i vantaggi riconosciuti, le preoccupazioni legate ai costi di ristrutturazione rimangono elevate. Il 73% degli italiani teme un aumento dei costi per adeguare gli immobili alle nuove normative energetiche. Questo dato è cresciuto del 7% rispetto al 2023, segnalando un’inquietudine crescente tra i proprietari di case. Inoltre, il 68% degli intervistati prevede una svalutazione degli immobili classificati tra E e G, accentuando l’attenzione verso edifici con alte classi energetiche. La preoccupazione principale riguarda la possibilità di una riduzione del valore di mercato per gli immobili che non saranno in grado di conformarsi ai nuovi standard energetici.

Victor Ranieri, chief revenue officer di Casavo: “La direttiva ‘case green’ impone una sfida significativa, ma offre anche una grande opportunità per modernizzare il nostro patrimonio residenziale. Si tratta di progetti che non solo riducono l’inquinamento, ma garantiscono anche risparmi economici a lungo termine e migliorano il benessere abitativo. Tuttavia, i dati ci dimostrano che i timori non mancano, soprattutto tra le fasce di popolazione più mature. Al contrario, i più sensibili ai temi ambientali si confermano i giovani. Un’altra preoccupazione è legata alla svalutazione dello stock immobiliare esistente. Ad oggi questo aspetto non ha ancora avuto un impatto tangibile sui prezzi, ma si sostanzia in una crescita della ricerca orientata verso immobili nuovi, ristrutturati o con classi energetiche alte, per tutelare un futuro investimento. Anche attraverso i nostri dati, stiamo già notando un maggior interesse da parte degli acquirenti verso immobili ristrutturati e che rispondono ai criteri di efficientamento energetico”.
Dati confermati anche dalle ultime analisi di Fiaip sull’andamento residenziale nell’H1 del 2024. Secondo il report, sono in aumento le compravendite di immobili nuovi o ristrutturati (+5%), pertanto meno energivori, prioritariamente a seguito del caro bollette e degli effetti della direttiva Ue Case Green, approvata di recente, che dovrà essere recepita dal paese entro maggio del 2026. Il trilocale usato è la tipologia maggiormente compravenduta (per il 70% degli agenti immobiliari professionali coinvolti) e si registra un ritorno all’acquisto nelle zone semicentrali e centrali (per il 75% degli intervistati) privilegiando sia la lontananza da fiumi e torrenti, a seguito dei ripetuti eventi catastrofali legati ad alluvioni ed esondazioni, sia, soprattutto, la vicinanza ai servizi (scuola, ospedali, negozi…) dopo il periodo covid e post covid che aveva registrato, al contrario, un forte desiderio di vivere nelle periferie e prime campagne alla ricerca di maggiore autonomia e spazi verdi.

Case green e mercato del lusso a Milano: un impatto minimo

Che cosa succederà, quindi, si chiedono i proprietari, se non si adeguasse la propria casa alle nuove normative e nei tempi stabiliti? Non sarà possibile rivenderla o, in alternativa, venderla a molto meno se si dovesse rientrare nelle classi energetiche peggiori? Meglio vendere oggi, anche se non si era ancora programmata la decisione, per poter proporre al mercato una casa ancora appetibile prima che il mercato valorizzi soltanto gli edifici che hanno adeguato la loro classe energetica, penalizzando quelli non ancora efficientati?

Tutte domande e riflessioni che arrivano dal Vincenzo Monti Prestige Prime Residential 2024, rapporto 2024 e previsioni 2025 sul mercato delle case di pregio a Milano, che ha avuto come focus la Direttiva Case Green e il mercato prime di Milano.

Prima di entrare nei dettagli, corre l’obbligo di una premessa. È normale che le case in classe A, essendo quasi sempre le case più nuove e più vendibili, siano anche quelle più ricercate. Se ci si riferisce al mercato prime, nello specifico per la città di Milano, considerando le dieci zone di pregio individuate dal report (Quadrilatero, Porta Nuova,  Castello–Bonaparte–Cairoli, Brera–Moscova, Cadorna–Magenta–Monti, Cordusio-Piazza Affari–Duomo, Palestro–Duse–Venezia, Sant’Ambrogio–Carrobbio, CityLife–Vercelli-Piemonte, Canova–Arco della Pace), gli immobili di maggior valore e più attraenti e i quartieri cosiddetti di rilevanza residenziale per il mercato, sono quelli presenti nel vecchio centro storico delle città (prima circonvallazione), dove il nuovo praticamente non esiste. Di conseguenza, si tratta di prodotti per lo più posti all’interno di stabili d’epoca.

D’altronde, secondo i dati Istat, il patrimonio immobiliare italiano è costituito per il 60% da edifici oggi in classe F e G e dal 25% da edifici residenziali costruiti dal 1919 al 1945. Il 1945 è una data spartiacque per l’accesso ai bonus casa. Gli edifici realizzati prima della guerra, infatti, sono per lo più soggetti a tutela che, peraltro, sembrerebbero poter essere esclusi dalla “direttiva case green”. Infatti, dopo il consiglio del Parlamento Europeo e il voto raggiunto dalla Plenaria di Strasburgo, il dato significativo emerso per gli edifici della nazione rispetto alle statistiche pensate nei mesi scorsi, è un emendamento (approvato) in cui si dice che oltre agli edifici vincolati, anche gli edifici storici ante 1945 posizionati all’interno del centro che fanno parte del patrimonio storico dovrebbero essere sollevati dall’obbligo degli interventi previsti.

Rinnovare immobili storici è difficile

Conti alla mano, resterebbero fuori oltre 3 milioni di edifici. Migliorare la classe energetica degli edifici storici non è poi così facile. Inoltre, della tanto temuta traccia del divieto di vendita o locazione, presente nelle bozze circolate nei mesi scorsi, degli immobili più inefficienti in termini di consumi dal punto di vista energetico entro il 2033, norma che avrebbe obbligato milioni di famiglie, soprattutto in Italia, a ristrutturare le proprie case nell’arco di pochi anni, non c’è traccia.

Con la direttiva europea sulle cosiddette “case green”, votata prima dal Parlamento Ue e poi dall’Ecofin ed entrata in vigore lo scorso 28 maggio, non vi è nessun obbligo di classe energetica minima per la compravendita o la locazione, tantomeno al momento non sono previste sanzioni per i cittadini, questo il messaggio che arriva dalla Commissione Europea, ma si cercherebbe di responsabilizzare gli Stati a raggiungere gli obiettivi consapevoli della propria legislazione e degli strumenti di incentivazione messi in atto.

Se i proprietari vendono, agli acquirenti spettano i lavori

Poi, parlando sempre di mercato prime, per immobili da milioni di euro, i proprietari continueranno a vendere come sempre hanno fatto, ovvero presentando semplicemente la certificazione energetica dello stato di fatto in cui si trova l’immobile al momento della vendita. Sarà poi l’acquirente a fare i lavori ed a migliorarne la classe energetica, magari approfittando degli incentivi, ma di certo non saranno intaccati da timori di costi di ristrutturazione.

Agli occhi dell’acquirente del mercato prime queste voci di costo non saranno un ostacolo per l’acquisto o meno dell’attico posto all’ultimo piano dello stabile dell’800 con facciata liberty del centro. Maggiori timori nascono, semmai, per l’eventuale mancanza del garage, piuttosto che del terrazzo desiderato.

Da 25 anni Vincenzo Monti sottolinea che chi compra determinati prodotti nei quartieri analizzati, poi ristruttura la casa completamente (anche se ristrutturata di recente). Inoltre, con la poca disponibilità del prodotto, da sempre caratteristica del mercato immobiliare prime milanese, non cambierà nulla. Chi vorrà accedere a questi (pochi) prodotti, dovrà acquistare al prezzo richiesto, che terrà conto di indirizzo, piano, affaccio ed accessori, etc., non certo della sua classe energetica, che tanto cambierà in meglio in considerazione dei lavori che comunque verranno affrontati successivamente. Se poi si parla di super Prime, neanche a preoccuparsi.

Zanni (Confabitare): “Sarà essenziale capire costi e tempi”

Confabitare, associazione proprietari immobiliari, ha organizzato un importante convegno dal titolo “Dalla direttiva Ue sulle case green alle Comunità energetiche: quale futuro per l’Italia?” presso il Saie di Bologna. L’evento, svoltosi nell’11 ottobre, ha visto la partecipazione di esperti del settore che hanno discusso le sfide della transizione energetica e il ruolo delle case green e delle Comunità energetiche nel contesto italiano, alla luce della recente Direttiva Ue.

Al centro del dibattito moderato dalla giornalista Simona Iannessa, è emerso il nodo della transizione energetica, un processo che promette di trasformare l’edilizia italiana in chiave sostenibile, ma che pone interrogativi complessi legati ai costi, ai tempi e alle specificità del contesto immobiliare nazionale. Il futuro delle case green e delle Comunità energetiche dipenderà dalla capacità del sistema italiano di rispondere a queste sfide. Innovazione, sostenibilità e sicurezza sono le parole d’ordine, ma saranno necessarie risorse finanziarie e un forte sostegno legislativo per garantire che la transizione energetica non sia un peso.

Alberto Zanni, presidente nazionale di Confabitare, ha aperto i lavori sottolineando la necessità di comprendere come l’Italia applicherà la direttiva Ue: “Il futuro dell’Italia dipenderà in gran parte dalle modifiche che verranno apportate a questa direttiva e da come il nostro Paese deciderà di applicarla. Siamo tutti favorevoli alla riqualificazione energetica degli edifici, ma è essenziale capire quali saranno i costi e i tempi”. Stefano Cavedagna, parlamentare europeo e rappresentante di Fratelli d’Italia, si è mostrato critico nei confronti della direttiva, evidenziando le difficoltà economiche e strutturali che gli edifici italiani, tra i più antichi d’Europa, pongono: “Ci siamo espressi chiaramente contro questa direttiva che impone sforzi eccessivi sia agli Stati membri che ai cittadini, soprattutto ai proprietari immobiliari. Il nostro obiettivo sarà applicare la direttiva in modo che non gravi troppo sui piccoli proprietari, proponendo anche modifiche a livello europeo”.

Alberto Zanni ha anche ribadito l’importanza di incentivare i proprietari immobiliari, sottolineando come l’Onorevole Stefano Cavedagna abbia suggerito di usare i fondi europei per finanziare gli interventi. A fornire una visione più propositiva sul futuro della transizione energetica è stato il professor Leonardo Setti dell’Università di Bologna, che ha parlato del ruolo chiave delle Comunità energetiche: “Le comunità energetiche rappresentano il futuro: le case diventeranno il fulcro della transizione energetica, producendo energia che alimenterà la rete, questo cambiamento rappresenta un’enorme opportunità, e le riqualificazioni energetiche saranno cruciali per rendere le abitazioni veri e propri generatori di energia”. Setti ha ribadito che chiunque può già far parte di una comunità energetica, spiegando come la condivisione dell’energia possa ridurre significativamente i costi delle bollette.

Sulle difficoltà tecniche della Direttiva si è espresso anche Andrea Gnudi, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Bologna, che ha richiamato l’attenzione su un aspetto cruciale: “L’implementazione della direttiva case green presenta sfide impegnative, è necessario uno sforzo collettivo, supportato da strumenti legislativi che aiutino gli investitori”. Gnudi ha sottolineato l’importanza di creare una cultura della sostenibilità per evitare il rischio di una nuova forma di ‘povertà energetica’, che potrebbe gravare sui piccoli proprietari incapaci di affrontare i costi delle riqualificazioni.

Vladis Vignoli, consulente tecnico di Confabitare, ha sintetizzato le difficoltà pratiche di attuazione della direttiva in Italia: “La maggior parte degli edifici italiani è vecchia e obsoleta, costruita molti anni fa, ed è difficile adattarli per raggiungere gli obiettivi stringenti della direttiva”. La sicurezza degli interventi è stata invece al centro del discorso dell’Ing. Paolo Migliavacca, business unit director Italy di Rockwool, che ha messo in guardia sui rischi legati a una cattiva installazione degli impianti fotovoltaici: “La transizione energetica è essenziale per rendere le case più efficienti e indipendenti, ma dobbiamo considerare i rischi legati a una cattiva progettazione e manutenzione. Un impianto fotovoltaico non installato correttamente può provocare cortocircuiti e incendi”.

A livello tecnico, il dott. Roberto Dall’Olio, segretario dell’Ordine dei periti industriali di Bologna e Ferrara, ha ricordato come i periti industriali siano cruciali per l’attuazione della direttiva: “Lavoriamo a stretto contatto con piccoli proprietari e amministratori condominiali per garantire interventi tecnici di efficienza energetica, il Superbonus ci ha insegnato che bisogna essere multidisciplinari e muoversi con serietà all’interno delle normative europee”. Marco Filippucci, presidente dell’Ordine degli Architetti di Bologna, ha invece posto l’accento su un approccio integrato che vada oltre gli aspetti tecnici: “È importante definire con chiarezza gli obiettivi legati al risparmio energetico e alla sostenibilità nelle abitazioni. Gli interventi devono considerare anche l’impatto a lungo termine in termini di valorizzazione degli immobili e dello spazio pubblico circostante”.

MutuiOnline.it: un’occhiata ai mutui green

In un mercato che fatica a decollare per via di tassi ancora alti che costringono le famiglie a rimandare l’acquisto della casa, i mutui green costituiscono la vera grande novità dell’ultimo anno nel mercato dei mutui, un’opportunità per risparmiare e garantirsi un immobile con valore crescente nel tempo. A incoraggiare la proposta di questa tipologia di mutui da parte delle banche c’è sicuramente l’ultima direttiva europea sulle case green, che si propone di raggiungere un patrimonio immobiliare energeticamente efficiente con gli stati membri, con l’obiettivo ultimo della neutralità climatica entro il 2050. Con un interesse crescente, le banche stanno dunque offrendo condizioni particolarmente vantaggiose, con tassi di interesse che sono mediamente mezzo punto percentuale inferiore rispetto ai mutui tradizionali. Vediamo adesso le ultime analisi di MutuiOnline.it, che ha dedicato al tema numerosi approfondimenti.

Nel 2030 i mutui green saranno il 30% del totale, nel 2050 più del 50%

I mutui green rappresentano una scelta vantaggiosa sia dal punto di vista economico siaambientale, con prospettive di crescita significative nel futuro del mercato immobiliare italiano. Secondo le previsioni di MutuiOnline.it, il mercato dei mutui green ha un potenziale straordinario. Si stima che entro il 2030 questi mutui rappresenteranno il 30% del mercato totalesuperando il 50% entro il 2050: un trend alimentato anche dai prestiti green destinati alle ristrutturazioni, che mirano a migliorare l’efficienza energetica degli immobili. Nel 2023, il 40% delle ristrutturazioni ha portato le abitazioni alla classe energetica A, mentre il 90% dei nuovi immobili già soddisfa questo standard.

Le analisi del Crif indicano che entro il 2030, il 14% del mercato immobiliare italiano sarà costituito da immobili di classe energetica superiore, con una crescita che potrebbe raggiungere il 37% entro il 2050. Tuttavia, queste previsioni ottimistiche si scontrano con la realtà attuale, dove solo il 4% degli immobili residenziali in Italia è in classe energetica A.

Perché scegliere un mutuo green?

I mutui green offrono tassi di interesse competitivi. Ad esempio, ad agosto i tassi medi per mutui green a 20 e 30 anni erano del 2,85%, rispetto al 3,20% dei mutui a tasso fisso, e al 4,39% rispetto al 4,64% dei mutui a tasso variabile. Un immobile con alta efficienza energetica non solo ha un valore di mercato più elevato, ma è anche più facile da finanziare per le banche, che offrono condizioni migliori per l’acquisto o la ristrutturazione di una casa green. Vediamo in pratica quanto si risparmia scegliendo un mutuo green rispetto a un classico mutuo prima casa.

Abbiamo ipotizzato di richiedere una somma di 100.000 euro a 30 anni per un giovane 35enne di Milano, e con un valore dell’immobile di € 200.000. La soluzione migliore offerta tra i partner di MutuiOnline.it il 4 settembre è Mutuo Greenback di Crédit Agricole Italia, al costo di 392,01 euro al mese, Tan 2,44% e Taeg 2,61%. Si tratta di una soluzione green offerta a condizioni vantaggiose per chi acquista immobili di classe energetica A oppure B. Se invece l’immobile non fosse in classe energetica superiore, la soluzione migliore è di Credem Banca, a un costo mensile di 393,04 euro, Tan 2,46% e Taeg 2,68%. La differenza tra i due Taeg è di 2,44% contro 2,46%, e in più Crédit Agricole Italia offre istruttoria e perizia gratuite, quindi un bel risparmio già fin dalla fase iniziale del mutuo.

Vitello (Gabetti): “La vera sfida della direttiva Epbd sarà di tipo normativo”

Dopo aver riportato numerosi studi e punti di vista sull’argomento, è facile intuire che quello che emerge è una duplice reazione alle sfide delle case green: da una parte troviamo un forte desiderio di rinnovare il patrimonio esistente e produrre un impatto positivo sull’ambiente; dall’altra le persone percepiscono alcuni timori, legati soprattutto ai costi e alle lungaggini burocratiche che si potrebbero incontrare nel percorso. A giugno di quest’anno, per avere le idee più chiare in materia, abbiamo intervistato Diego Vitello, senior analyst dell’ufficio studi Gabetti, che ha posto l’accento sull’importanza di reagire in modo opportuno alle sfide di carattere normativo della direttiva Epbd:

“La sfida principale sarà di tipo normativo. E’ fondamentale prevedere un incentivo fiscale per i lavori di efficientamento energetico degli edifici perché, se vogliamo che l’Italia possa raggiungere gli obiettivi fissati dall’Ue, un vantaggio fiscale e/o economico dovrà esserci. L’attuale ecobonus, seppur rimanga ancora un buon incentivo fiscale, potrebbe non avere la forza per avviare un processo di riqualificazione di tale portata. Occorre invece un incentivo chiaro e con un orizzonte temporale di lungo periodo. Basti pensare agli innumerevoli cambi normativi che il Superbonus 110% ha visto tra il 2020 e il 2023, che di fatto hanno ostacolato e complicato ulteriormente il mercato delle riqualificazioni. Attualmente – prosegue Vitello -, come incentivi fiscali è vigente l’ecobonus al 65%, con la possibilità di detrarre le spese di efficientamento. Al di là dell’aliquota che viene stabilita (che sia 65%, 75% o 80%), la ripartenza del processo di riqualificazione in Italia deve basarsi su alcune regole chiare: riattivazione della cessione del credito; contratti di miglioramento energetico; detrazione fiscale con aliquota fissa; detrazione fiscale con aliquota progressiva in base alle performance; detrazione fiscale con aliquota progressiva in base alla capienza; garanzie pubbliche su mutui a tassi agevolati; interrogarsi seriamente su come far ripartire i cantieri di riqualificazione. Oltre agli incentivi fiscali, molti istituti di credito stanno ampliando l’offerta di mutui green per acquisto e ristrutturazione a tassi maggiormente sostenibili”.

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