La testimonianza: “A Los Angeles convivi col pericolo incendi, ma questo martedì…”

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Viaggiare verso l’ufficio un lunedì mattina, in autostrada. Non ci sono molti tratti in cui si possa andare veloce. Il traffico sulla 405 Northbound è intenso. Ma, dove si può premere un po’ l’acceleratore, bisogna tenere le mani ben salde sul volante. L’auto ogni tanto si sposta. Una raffica di vento. Poi un’altra. Raffiche intense, forti. Qui ci siamo abituati. Sono iniziate ieri notte, ora che ci penso: sentivo il vento sbattere sulle finestre mentre dormivo. Il mio pensiero va ai “funghi” riscaldanti che ho in giardino. Quando soffiano queste raffiche, cadono sempre. E la bombola del gas? Speriamo bene. Dovrò sicuramente riparare, ancora una volta, il loro cappello di latta. Poi penso alle foglie degli alberi intorno a casa. Andranno ovunque. Ancora una volta.

Santa Ana Winds. Talvolta, l’ho scoperto in questi giorni, chiamati anche venti del Diavolo. Venti secchi, con raffiche intense, spesso vicine ai 100 km/h. Come in questi giorni. La temperatura qui è mite. Mezze maniche. A inizio gennaio. Anche questo un effetto dei venti, del loro calore, della bassa umidità. Il bello della vita in California, il clima, mai estremo.

Eppure, il pericolo di incendio è sempre presente. Appena ti trasferisci, Impari in fretta che tutto ciò che possiedi è appeso a un filo: può essere un incendio, può essere un terremoto. Nel mio quartiere abbiamo predisposto un piano di evacuazione, sapendo che alcune strade sono più difficili da evacuare di altre. Ci sono punti di ritrovo dove dovremmo radunarci e attendere istruzioni.

Impari che la pioggia è rara e la siccità è la norma. Devi prestare attenzione a come utilizzi l’acqua. Nel giardino, l’irrigazione deve seguire regole locali. Negli altri stati degli Stati Uniti, quando si va al ristorante, ti servono automaticamente acqua del rubinetto; in California, invece, non è sempre così. In alcuni ristoranti, devi chiederla espressamente. Inoltre, la distribuzione delle precipitazioni è spesso irregolare, con fenomeni estremi attribuiti al cambiamento climatico. Ad esempio, nel febbraio 2024, la California ha sperimentato due fiumi atmosferici (atmospheric rivers) consecutivi che hanno portato piogge torrenziali e inondazioni, seguiti da un periodo di siccità che, da aprile in poi, ha reso difficile vedere anche una sola goccia di pioggia. Questa variabilità climatica, nota con il nome di “hydroclimate whiplash” aumenta la vulnerabilità della ragione a incendi.

Ho imparato a scaricare alcune applicazioni sul mio telefono che forniscono informazioni aggiornate su ciò che accade nei dintorni – WatchDuty per gli incendi, MyEarthquake Alerts per i terremoti, PulsePoint per capire dove sta correndo l’autopompa dei vigili del fuoco di cui ho appena sentito la sirena. Magari hai amici con una casa nel Nord della California, che hanno rischiato di perderla quando l’incendio era a poche decine di metri dal loro recinto. Oppure, una sera, mentre passeggi, puoi scorgere delle fiamme in lontananza, sui monti di fronte al tuo quartiere. O ancora, vorresti trascorrere un weekend sul lago di Big Bear, ma non puoi perché la strada principale è chiusa a causa di un incendio. Insomma, impari a convivere con l’incertezza e il timore che, in ogni istante, possa svilupparsi un incendio capace di sconvolgere completamente la tua vita.

Impari che assicurare la propria casa può essere una corsa a ostacoli. Negli ultimi anni, molte compagnie assicurative hanno deciso di ritirarsi dal mercato in California, citando i rischi legati a incendi e terremoti. Allo stesso modo, in Florida, le compagnie evitano di offrire copertura a causa della frequenza e dell’intensità degli uragani.

Mark Carney, ex governatore della Banca del Canada e della Banca d’Inghilterra, e probabile contendente al ruolo di nuovo primo ministro del Canada, ha dichiarato durante il Daily Show di Jon Stewart lunedì sera che i Lloyds di Londra, già dieci anni fa, avevano adottato una strategia per ridurre l’offerta di assicurazioni in aree ad alto rischio come California e Florida. Il motivo? Il cambiamento climatico. Quando si riesce a trovare una compagnia disposta ad assicurare contro questi rischi, i costi risultano proibitivi, rendendo tali polizze accessibili solo a chi dispone di un reddito elevato.

Ma lunedì, mentre vado e torno dal lavoro, il rischio di un incendio di grosse proporzioni mi sembra stranamente lontano. Basta però un niente: un escursionista che – chissà – getta una sigaretta lungo il suo cammino dopo pranzo, e interi paesi possono essere spazzati via in un solo pomeriggio e una notte. Con questi venti, poi, il fuoco si propaga a gran velocità. Persino le foglie che volano non sono più soltanto un fastidio da raccogliere, ma diventano possibili cause della diffusione dell’incendio.

Quando rientro in ufficio, mercoledì mattina, la tragedia è già sotto gli occhi di tutti. Dall’autostrada, a nord-ovest, si vede benissimo la colonna di fumo. Il cielo è diviso a metà: la parte bassa è il solito blu californiano, magari solo un po’ più sbiadito, mentre in alto domina un grigio cupo che si estende per chilometri. Vado comunque in ufficio perché abbiamo una visita importante. La giornata prosegue come al solito: ogni tanto l’incendio entra nelle nostre conversazioni, ma per il resto, business as usual. Mi avvertono di fare attenzione al ritorno e mi consigliano di iniziare a usare una maschera. A Los Angeles, la vita sembra continuare nonostante questo sia l’incendio più grande che la città abbia mai visto. Almeno finché non ti trovi nella zona di evacuazione.

Ovviamente, si prendono precauzioni; ad esempio, nella mia Università, da mercoledì sera tutte le attività si spostano online. La città si mobilita per offrire sostegno. Anche nel mio quartiere si organizza un centro di raccolta per le donazioni: acqua, prodotti per l’igiene personale, vestiti, maschere, carte regalo. È straordinario vedere come tutti si attivino per aiutare quando un evento sconvolge il nostro solito modo di vivere. Qualcuno paragona questa mobilitazione a quella che seguì l’attacco alle Torri Gemelle.

La politica, in questo momento, sembra interessare solo chi non vive qui. I responsabili saranno individuati, e le responsabilità discusse. Anche se fosse vero che ci siano stati tagli per 17 milioni di dollari al budget dei vigili del fuoco, che ammonta a quasi 1 miliardo di dollari, non sono questi a fare la differenza in situazioni come questa. Ciò che conta è essere preparati, rapidi e capaci di rispondere con efficienza alle emergenze.

Ad esempio, secondo quanto riportato oggi dal Los Angeles Times, i vigili del fuoco non avrebbero dispiegato autopompe aggiuntive nella zona di Pacific Palisades prima dell’incendio, ritenendo che altre aree fossero più a rischio e spostando quindi i mezzi in quelle zone. Tuttavia, con fiamme di tale intensità e distruttività, dubito che questa decisione avrebbe fatto una grande differenza.

Il Santa Ynez Reservoir, una riserva idrica di 117 milioni di galloni vicino a Pacific Palisades, era fuori servizio e vuota quando gli incendi hanno devastato il quartiere la scorsa settimana. Il serbatoio era stato svuotato a febbraio a causa di una lacerazione nella copertura che aveva reso la riserva di acqua potabile vulnerabile alla contaminazione. Sarebbe servito a evitare il disastro? Secondo gli esperti, no: avrebbe solo alleviato i danni, ma la distruzione sarebbe stata comunque inevitabile.

Al momento in cui scrivo, leggo su Watch Duty che il Palisades Fire è contenuto solo al 20%. Il restante 80% rimane fuori controllo, con il rischio che le fiamme possano espandersi se le condizioni – vento, calore o presenza di combustibile – peggioreranno. L’Eaton Fire, l’altro devastante incendio a est della città, è invece contenuto al 45%. Con incendi di queste proporzioni, è difficile immaginare che una riserva d’acqua o qualche autopompa in più potessero fare davvero la differenza.

In un certo senso, come detto all’inizio, qui sappiamo di dover convivere con la probabilità degli incendi e accettarne la distruttività. Cosa ci resta da fare, allora? La risposta, secondo me, risiede nella prevenzione e nella preparazione.

In questi giorni si è discusso molto di forest management. Con risorse limitate e quasi 900 mila acri di foreste pubbliche protette solo nella contea di Los Angeles, senza contare le migliaia di acri di aree private, tuttavia, è irrealistico pensare che la semplice pulizia delle foreste o gli incendi controllati – per quanto importanti – possano prevenire del tutto eventi come questi. La natura segue il suo corso, indipendentemente da qualsiasi considerazione di bilancio. Noi esseri umani ci troviamo sempre a inseguire.

Ciò che conta davvero è la preparazione: individuale, aziendale, in termini di analisi statistica dei rischi e di costruzione immobiliare.

Infatti, si può diventare piromani anche solo per ignoranza. Nel 2020, un vasto incendio nella zona di San Bernardino fu provocato da un gender-reveal party durante il quale venne utilizzato un dispositivo pirotecnico. La maggior parte degli incendi, infatti, è causata dall’uomo o da problemi legati a infrastrutture come quelle delle compagnie elettriche o di altre industrie. Secondo il Los Angeles Times, chi indaga sull’Eaton Fire — che ha causato almeno 17 vittime e distrutto circa 7.000 strutture tra Pasadena e Altadena — sta concentrando le ricerche su un’area intorno a una torre di trasmissione elettrica di Southern California Edison situata nell’Eaton Canyon. Sembra che le linee elettriche fossero completamente in funzione quando sono divampati gli incendi della settimana scorsa. Le infrastrutture elettriche, come le linee di trasmissione, sono state spesso la causa di grandi incendi, tra cui il devastante Camp Fire del 2018, che provocò 85 morti e distrusse la città di Paradise. Sembra che il Los Angeles Department of Water and Power (LADWP) non abbia un programma per interrompere preventivamente l’elettricità nelle aree urbane ad alto rischio, una pratica invece adottata da tempo dalle aziende energetiche private in California.

Prevenzione significa anche sviluppare modelli analitici capaci di prevedere dove sia probabile lo sviluppo di incendi. Lo dico da statistico: mentre possiamo prevedere con relativa certezza il futuro corso di un uragano, i modelli statistici per l’analisi e la previsione di incendi o terremoti hanno ricevuto meno attenzione. Non per mancanza di volontà, ma perché questi fenomeni dipendono sia da cause umane che naturali e sono, quindi, più difficili da prevedere. Tuttavia, proprio per questa complessità, è essenziale destinare maggiori fondi alla ricerca in questo ambito.

La prevenzione passa anche attraverso l’adozione di standard elevati nella costruzione degli edifici. Un esempio significativo è rappresentato dal museo Getty, che ha dimostrato una straordinaria resistenza al fuoco grazie a una progettazione preventiva. Come riportato dal Wall Street Journal e dal LA Times, negli ultimi anni è stata completata una pulizia intensiva della vegetazione circostante, consapevoli che gli incendi rappresentano una costante nella vita di Los Angeles e che i periodi di siccità rendono inevitabili eventi distruttivi. Inoltre, il museo dispone di un serbatoio d’acqua da un milione di galloni, utilizzato per alimentare il sistema di acqua per il giardinaggio e per supportare gli interventi di emergenza. Le pareti dell’edificio sono realizzate in cemento armato o acciaio ignifugo, mentre i tetti sono ricoperti di un aggregato di pietra altamente resistente alle fiamme. Case private non hanno le risorse del Getty, ma magari qualche accorgimento può essere replicato in queste strutture per mitigare i rischi.

Anche a livello domestico, molti iniziano a discutere di come rendere le proprie abitazioni più resistenti agli incendi. Nella mailing list del mio quartiere, diversi residenti si sono chiesti ad esempio come verificare la resistenza al fuoco delle coperture metalliche delle prese d’aria, delle finestre in vinile o delle grondaie, e se i tetti in cemento o in tegole siano certificati come classe A per la protezione dagli incendi. Altri suggeriscono di sostituire le recinzioni in legno con recinzioni in cemento. Un residente ha condiviso un’interessante conversazione avuta con un capitano dei vigili del fuoco ad Altadena mentre aiutava amici evacuati dalla loro casa. Il capitano ha spiegato che gran parte dei danni devastanti è stata causata da braci volanti, piccole scintille trasportate dal vento che possono superare le prime linee di difesa dei vigili del fuoco e innescare incendi anche a un miglio di distanza. Queste braci non incendiavano principalmente la vegetazione, ma direttamente le abitazioni, trovando punti deboli come tetti sporchi, grondaie o materiali infiammabili nelle vicinanze. In alcune delle aree più colpite, molte case sono rimaste intatte grazie a misure preventive come tetti puliti e l’assenza di materiali infiammabili all’esterno. È stato dato anche il suggerimento di creare una zona di sicurezza intorno alla casa di almeno 6 metri, anche se con venti così forti, si commentava che neppure una distanza di 30 metri potrebbe garantire una protezione totale. Punti messi in risalto anche in un recente articolo su Bloomberg. Alcune case hanno resistito alle fiamme grazie a una combinazione di design strategico e materiali ignifughi: muri in cemento armato, assenza di sporgenze come grondaie o abbaini, tetto in metallo con sottostrato ignifugo e vetri temperati. Anche dettagli invisibili, come pareti con un’ora di resistenza al fuoco e un uso attento di materiali ignifughi nel decking, hanno giocato un ruolo chiave. Secondo l’articolo, la progettazione adattiva al clima, come quella promossa dal movimento Passive House, dimostra che è possibile ridurre l’impatto degli incendi attraverso materiali efficienti e design compatti. Tuttavia, gli esperti avvertono che la ricostruzione in zone vulnerabili, come le interfacce urbano-forestali, richiede una visione integrata che bilanci sicurezza, sostenibilità e costi di costruzione. Le modifiche ai codici edilizi potrebbero includere restrizioni sull’uso del legno e l’adozione di materiali non combustibili, ma ciò rischia di aumentare i costi, aggravando ulteriormente la crisi abitativa di Los Angeles.

Parlare di ricostruzione è ancora prematuro, ma il desiderio di ripartire è forte. Per facilitare questo processo, il governatore della California, Gavin Newsom, ha firmato un ordine esecutivo che sospende temporaneamente alcune normative che rallentano il rilascio dei permessi di ricostruzione, come quelle previste dal California Environmental Quality Act (CEQA) e dal California Coastal Act. Questo provvedimento ha l’obiettivo di consentire alle vittime degli incendi di ricostruire le loro case e attività più rapidamente. L’ordine include anche l’impegno a identificare ulteriori regolamenti che possano essere sospesi o modificati per accelerare i lavori, mantenendo al contempo alti standard di sicurezza contro futuri incendi. La California, storicamente nota per un sistema di permessi altamente burocratico, sembra mostrare ora una chiara volontà di semplificare le procedure per favorire una ripresa rapida e sostenibile delle comunità colpite. Tuttavia, tra il dire e il fare, come si dice, c’è sempre di mezzo il mare.

Intanto qui continuiamo a seguire con attenzione le previsioni sui prossimi venti, consapevoli che le condizioni atmosferiche potrebbero ancora influenzare la situazione e anche generare nuove emergenze.

Michele Guindani (Professor, Department of Biostatistics, University of California, Los Angeles) è professore ordinario di statistica a UCLA

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