“Apprezziamo che le stazioni appaltanti e i RUP stiano applicando l’Equo compenso senza che stia determinando criticità nel settore. La strada è ormai tracciata ed il nostro auspicio è che venga ampliata la platea della sua applicazione per favorire, nell’interesse generale, la qualità delle Opere pubbliche. Auspicio che è rivolto a quelle stazioni appaltanti che ancora non si attengono alla nuova disciplina.”
Così Massimo Crusi, presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori (Cnappc) commentando i dati dell’Onsai, l’Osservatorio nazionale sui servizi di architettura e ingegneria realizzata in collaborazione con il Cresme.
Secondo l’Osservatorio dal 1° luglio del 2023 al 12 marzo 2024 si evidenzia l’applicazione delle norme sull’equo compenso nel 34% delle gare (94 bandi), relative al 21% del valore di corrispettivi in gara (77,6 milioni). E che nel 27% delle gare è richiesto il ribasso sulle sole spese e oneri accessori (74 bandi su 94 bandi totali). Da sottolineare, inoltre, un crescente e progressivo ricorso all’Equo compenso tra agosto e dicembre 2023. Positivo anche il dato dei primi mesi del 2024 con una incidenza dell’Equo compenso sul totale gare del 58% a gennaio, e del 39% a febbraio e nei primi 12 giorni di marzo.
E’ in questo contesto che va ricompresa la recente delibera dell’Anac – che fa riferimento alla mancata esclusione dalla gara relativa ai lavori dell’ospedale San Giovanni di Dio di Salerno di operatori economici che hanno formulato un ribasso – con la quale l’Autorità ha risposto a una istanza di parere precontenzioso, richiesto da una impresa partecipante a una gara di appalto per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria svolta secondo il vecchio codice dei contratti pubblici, D. Lgs. 50/16, precedente la introduzione della disciplina dell’Equo compenso.
Si tratta, infatti, di un caso specifico, che riguarda un determinato provvedimento di aggiudicazione che l’operatore economico aveva ritenuto poter essere illegittima..
In buona sostanza Anac ha ritenuto che quello specifico bando potesse ritenersi legittimo, e che la non applicabilità nella specie dell’equo compenso non potesse in ogni caso mutare l’esito della gara, in virtù del punteggio attribuito alle offerte tecniche dei partecipanti.
Anac, in ogni caso, ha ben rilevato “l’assenza di chiare indicazioni normative e di orientamenti giurisprudenziali consolidati circa i rapporti tra la normativa sull’Equo compenso e le procedure di gara dirette all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura”. E da simile “assenza” ha concluso che il bando di gara non potesse essere “eterointegrato” e quindi non potesse essere consentita la esclusione dalla gara stessa di operatori economici che avessero “formulato un ribasso tale da ridurre la quota parte del compenso professionale”.
Di conseguenza, sottolinea il Cnappc “la delibera non può essere applicata per analogia a altre situazioni e per i bandi che applicano il nuovo Codice appalti e che ha, quindi, efficacia, temporalmente e esclusivamente, per il caso di specie. E non potrebbe essere diversamente, considerato che non potrebbero essere introdotte interpretazioni che non tengano conto sia del nuovo regime normativo, sia del valore e della complessità del lavoro svolto dai professionisti nella attività di progettazione nelle gare pubbliche, e dei relativi costi che occorre sopportare”.
“L’Equo compenso – conclude il Cnappc – rappresenta un principio fondamentale per garantire la qualità e l’innovazione nell’ambito dell’architettura e della progettazione, e la delibera dell’Autorità non compromette affatto questa esigenza. Il nostro impegno – conclude il CNAPPC – è non solo quello di monitorare l’applicazione della Legge sull’Equo compenso, ma anche quello di collaborare con le Istituzioni per trovare soluzioni che rispettino i diritti e la dignità della nostra professione garantendo al contempo la qualità e l’efficienza del settore delle Opere Pubbliche”.