Zirnstein: “Servono volontà e coraggio di investire per la casa, a cominciare dai grandi investitori”

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Per comprendere a fondo lo stato del comparto residenziale italiano, le tendenze emergenti e le trasformazioni in atto tra domanda reale, prezzi e nuove esigenze dell’abitare, Requadro ha intervistato Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari. In occasione della quarta edizione del Forum dell’Abitare, Zirnstein ha offerto una lettura lucida e articolata del mercato a metà 2025, soffermandosi sul valore sociale della casa, sulla tenuta del residenziale come asset di investimento e sulle prospettive offerte da modelli pubblico-privati e strumenti fiscali per affrontare le sfide dell’accessibilità e dello sviluppo urbano.

DOMANDA: Il Forum dell’Abitare è giunto quest’anno alla sua quarta edizione, in un momento in cui il settore immobiliare vive dinamiche complesse. Quali segnali sono emersi dal vostro Osservatorio? E come si presenta oggi, a metà 2025, il comparto abitativo italiano tra domanda reale, prezzi e nuove esigenze?
RISPOSTA: La giornata è stata interessante perché non si è focalizzata tanto nell’evidenziare le problematiche, che tutti conosciamo, quanto sul proporre riflessioni costruttive. È un momento estremamente complesso, ma non tanto per una criticità economico-finanziaria come quella di due o tre anni fa. Gli indicatori che sostengono il real estate, come l’andamento dell’inflazione e dei tassi per mutui o prestiti alle imprese, nel 2024 si sono avviati verso una normalizzazione.

La Bce ha effettuato otto ribassi consecutivi e ce ne aspettiamo altri quindi oggi il mercato della finanza e la possibilità per le famiglie di accedere al credito, sia per immobili residenziali sia per immobili legati al lavoro, è molto più positiva rispetto a due anni fa. Questo lo stiamo già percependo, anche perché le banche anticipano sempre le mosse delle banche centrali e infatti sono mesi che i tassi sono in calo.

Il vero tema oggi è la volontà di investire nel real estate, ma questo riguarda soprattutto i grandi investitori, non le famiglie. In parallelo, con questa nuova fase economica, c’è però un elemento di incertezza legato alla nuova imposizione dei dazi del 2025: ancora non sappiamo bene come si concretizzerà. Inoltre, le guerre in corso e le difficoltà delle relazioni internazionali hanno causato un ulteriore aumento dei costi, trasporti ed energia in primis, che impattano profondamente sull’industria immobiliare.

Detto questo, il Forum è stato più propositivo che descrittivo. I problemi strutturali del mercato residenziale sono comuni a tutta l’Europa: abbiamo un patrimonio abitativo molto usato e un’offerta di nuovo o completamente ristrutturato scarsa. Nel 2024 abbiamo avuto circa 720.000 compravendite nel mercato residenziale, ma solo 60.000 hanno riguardato immobili nuovi – quindi meno del 10%, con una media nazionale dell’8%. Nei capoluoghi la situazione è ancora più critica.

Il mercato si regge dunque sull’usato, che ha bisogno di essere sistemato, efficientato, non solo per motivi di sostenibilità e risparmio energetico, ma anche per migliorare la qualità della vita. Questo non vale solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa. Nelle città metropolitane la scarsità di offerta spinge ulteriormente i prezzi al rialzo, aggravando i problemi di accesso alla casa, soprattutto per quella fascia grigia di popolazione spesso esclusa dai meccanismi di sostegno.

Tuttavia, abbiamo voluto raccontare una lettura positiva del mercato residenziale. Se si analizzano i dati degli ultimi 50 anni, dal 1975 ad oggi, e si confrontano l’andamento dell’indice azionario italiano, del prezzo dell’oro, dei tassi di interesse sui titoli di Stato e dell’inflazione, con i prezzi residenziali di Milano e Roma (nelle zone di qualità), si scopre che il mercato residenziale ha garantito la miglior crescita e la maggiore protezione degli investimenti delle famiglie italiane. Ed è per questo che oggi non parliamo solo di mercato residenziale, ma di abitare. Perché oggi abitare significa casa, ma anche quartiere, città, servizi, opportunità. Le città metropolitane continueranno ad attrarre domanda nei prossimi 25 anni perché rappresentano per le persone possibilità di crescita personale e professionale, perché sono centri universitari, perché offrono lavoro e varietà.

D: Al centro del dibattito anche il valore sociale dell’abitare. Come sta cambiando, secondo lei, la relazione tra persone, spazi e città? E come dovrebbero evolvere i modelli di sviluppo urbano per rispondere alle nuove esigenze delle persone?
R: Il valore sociale dell’abitare è il cuore di tutto questo discorso. La casa non è solo un tetto sopra la testa, ma è il luogo in cui vivi, costruisci le tue relazioni, e anche l’identità che vuoi rappresentare. Per anni si è pensato che i giovani avrebbero avuto un rapporto diverso con la casa, meno interessato. In parte è vero, ma solo in parte. Anche per loro la casa resta uno spazio centrale, magari non dove ospitare gli amici, ma dove gestire relazioni, anche grazie alle nuove tecnologie.

Dal mio punto di vista, il vero valore sociale della casa non è solo come diritto o come obiettivo da conquistare, ma come primo luogo di sicurezza. È da lì che parte il senso di stabilità e quindi anche la felicità personale.

D: Perché il residenziale è ancora un asset vincente per investitori istituzionali e privati?
R: In 50 anni, il residenziale ha attraversato cicli immobiliari, crisi economiche, oscillazioni finanziarie, cambiamenti sociali e climatici, ed è rimasto un investimento solido, soprattutto per le famiglie italiane. Ha fluttuazioni limitate e nelle giuste localizzazioni è più resiliente e reattivo rispetto ad altri mercati.

Per quanto riguarda gli investitori istituzionali, il volume di investimento in Italia è ancora limitato. Quest’anno siamo intorno ai 675 milioni di euro sul residenziale, rispetto a un totale di 10,5 miliardi complessivi sul real estate. Milano fa la parte del leone, seguita da Roma e dalle altre città metropolitane.

Questi investimenti si concentrano sul mondo del living: studentati, co-living, nuove residenze in locazione. Sono ancora pochi perché in Italia la gestione immobiliare su larga scala a fini locativi non è ancora del tutto sviluppata: l’affitto è ancora percepito come una necessità temporanea o economica. Parallelamente esiste un vivace mondo di operatori nazionali e locali che costruiscono e vendono immobili. Questo comparto è quello che oggi produce il nuovo, seppur rallentato da costi di costruzione elevati e incertezza generale.

D: Il mercato residenziale milanese è tra i più dinamici d’Europa, ma registra anche forti tensioni sociali legate all’accessibilità. Quali politiche, strumenti fiscali o modelli pubblico-privati possono realmente sbloccare soluzioni abitative per le fasce medie e giovani?
R: In questo momento si sta lavorando a livello nazionale sul Piano Casa, coordinato dal Ministero delle Infrastrutture. È uno strumento programmatico per contrastare il disagio abitativo, con risorse dedicate e una riorganizzazione dell’edilizia residenziale. Non può essere solo in mano al pubblico: il pubblico ha risorse limitate e competenze più amministrative che operative.

Per questo si sta rivedendo il partenariato pubblico-privato, introducendo strumenti finanziari innovativi attraverso fondi mobiliari, casse di previdenza, fondazioni bancarie.

A livello europeo è stata istituita una commissione parlamentare, presieduta da un’europarlamentare italiana, che sta consultando gli Stati per definire linee guida condivise. 

Per quanto riguarda Milano, il problema non sono tanto le grandi trasformazioni (che seguono iter già pianificati), ma tutto quel tessuto di rigenerazione urbana che genera valore nel quotidiano. 

Infine, va sottolineata la straordinaria capacità di Milano di reagire alle crisi. È questa la vera forza del mercato milanese. E da questa crisi, appena se ne avrà l’opportunità, si riuscirà a ripartire in modo proattivo.

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