Transizione energetica, Edison-Teha: da un mix di tecnologie 190 mld di indotto al 2050

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Mancano meno di 5 anni al traguardo del 2030 fissato dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) e meno di 1 anno al completamento degli investimenti del Pnrr, la cui ultima tranche è attesa nel 2026.

In questo contesto emergono due esigenze prioritarie per il Paese. La prima è avere un quadro sistemico e fact-based sullo stato della transizione energetica in Italia, un vero e proprio health check che consenta di valutare i progressi compiuti, misurare i gap rispetto agli obiettivi al 2030 e analizzare l’efficacia e gli ambiti di focalizzazione delle policy finora adottate.

La seconda esigenza è guardare al futuro, delineando un percorso al 2050 con una visione che promuova un approccio sistemico alla transizione. Si tratta di una roadmap che preveda un mix bilanciato di tecnologie mature e scalabili (fotovoltaico, eolico onshore, batterie e pompaggi idroelettrici) e di soluzioni strategiche per la sicurezza energetica (nucleare, Ccs, eolico offshore) funzionale a ridurre il costo complessivo del sistema e dell’energia per il cliente finale.

È quanto emerge dallo sudio “Lo stato della transizione energetica in Italia: principi e policy per garantire sicurezza e competitività”, realizzato da Edison e Teha group e presentato oggi, nell’ambito della 51o edizione del Forum “Lo Scenario di oggi e di domani per le strategie competitive” di Teha.

“La transizione energetica è una sfida complessa che coinvolge non solo il modo di produrre e consumare energia, ma anche la competitività industriale e la sicurezza del Paese. Per centrare gli obiettivi serve un approccio sistemico che acceleri le autorizzazioni, dia certezza agli investimenti e contenga i costi in bolletta. Occorre ridurre la dipendenza energetica e tecnologica dall’estero, valorizzare filiere nazionali come i pompaggi idroelettrici, e costruire partnership europee sulle tecnologie emergenti, dal nucleare di nuova generazione alla cattura della CO₂. L’Italia ha le competenze per trasformare questa sfida in un volano di crescita economica e industriale, coniugando sostenibilità, sicurezza e sviluppo”, commenta Nicola Monti, ad di Edison.
“I dati raccolti attraverso l’Energy Transition Indicator di TEHA ci forniscono un quadro chiaro: l’Italia è in linea con i target al 2030 nel 30% dei Key Performance Indicator considerati, con ritardi superiori a 10 anni in ambiti chiave come la generazione da fonti rinnovabili e lo sviluppo dei sistemi di accumulo. Questo significa che, proseguendo con l’attuale velocità di implementazione, non saremo in grado di rispettare gli impegni assunti a livello nazionale ed europeo. Si tratta di una sfida che non possiamo permetterci di sottovalutare, perché da essa dipende non solo la traiettoria della decarbonizzazione, ma la stessa capacità del sistema-Paese di mantenere un ruolo competitivo nello scenario globale.” ha commentato Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House – Ambrosetti e Teha Group. “La transizione energetica è un percorso complesso e articolato che coinvolge dimensioni diverse e interconnesse – dalla generazione elettrica ai trasporti, dall’edilizia all’industria – e che richiede di essere governato con un approccio sistemico. Per questa ragione, lo Studio individua quattro principi guida come pilastri di una visione sistemica che promuova un approccio più coordinato e bilanciato alla transizione e renda più efficiente gli investimenti massimizzandone le ricadute per il sistema-Paese che lo Studio stima in circa 190 miliardi al 2050″.

La visione programmatica e sistemica per la roadmap al 2050individuata dallo studio, prevede 4 principi chiave la cui combinazione consente di avere una transizione effettivamente compiuta nei termini più efficienti:

1. lo sviluppo sinergico e bilanciato tra tecnologie mature e immediatamente scalabili — come fotovoltaico, eolico onshore, batterie e pompaggi idroelettrici — e soluzioni strategiche fondamentali per la sicurezza e l’indipendenza del sistema, quali nucleare, Ccs e eolico offshore e che inserite nel giusto mix consentono di ridurre il costo complessivo dell’energia;

2. la valutazione del mix ottimale di tecnologie, da effettuare sulla base di criteri quali rapidità di dispiegamentocosto complessivo del sistema e dell’energia per il cliente finale, capacità di contribuire alla resilienza e sicurezza sistemica e di generare impatti economici e industriali per il Paese;

3. la formalizzazione di un meccanismo di monitoraggio annuale e aggiornamento triennale della roadmap, finalizzato a garantire flessibilità e reattività rispetto all’evoluzione tecnologica, ai contesti di mercato e agli scenari geopolitici;

4. il bilanciamento tra misure incentivanti lato offerta e lato domanda, affinché l’incentivazione alla produzione di energia decarbonizzata si accompagni a strumenti in grado di stimolare l’adozione di nuove tecnologie da parte di cittadini e imprese e l’attivazione di nuove filiere produttive collegate.

“La transizione energetica verso un sistema a emissioni nulle per contenere il cambiamento climatico è un percorso complesso a causa della difficile programmabilità delle diverse tappe, della “multifattorialità” della transizione, legata alle dimensioni che coinvolge – tra loro interconnesse e mutuamente determinanti- e dell’asimmetria delle situazioni di partenza” ha commentato Stefano Venier (portavoce dell’advisory board che ha supervisionato lo studio; già ad Snam e già ad Hera), “Il presente Studio, oltre a fare una sintesi efficace dello stato di implementazione delle diverse politiche sin qui decise rispetto agli obiettivi fissati per l’Italia, attraverso l’Energy transition indicator, sviluppa una serie di considerazioni ed analisi per suggerire possibili azioni per indirizzare alcuni dei temi che incidono su tempi e costi del percorso in atto, oltre che stimolare alcune considerazioni sul ruolo di alcune tecnologie emergenti a cui il Paese sta guardando e sull’approccio per mantenere lungo il percorso un sistema sicuro, resiliente e competitivo sull’intera value chain”

All’interno di questa cornice strategica, lo Studio affronta nel dettaglio il ruolo delle diverse tecnologie nel percorso della transizione. Lo sviluppo delle rinnovabili è una componente chiave della visione sistemica per il Paese, ma oggi è ostacolato da extra-costi sistemici legati a congestioni di rete, iter autorizzativi e disponibilità dei terreni che rendono i progetti “Ready to Build” fotovoltaici italiani oltre il 20% più costosi rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna.

Parallelamente, la crescita delle rinnovabili nel mix elettrico richiede lo sviluppo dei sistemi di accumulo di breve (batterie) e medio-lungo termine (pompaggi idroelettrici) secondo una logica sinergica e complementare per garantire la stabilità della rete e massimizzare i benefici per il Paese. I nuovi pompaggi idroelettrici sono una risorsa fondamentale per la sicurezza sistemica grazie a una vita utile superiore a 50 anni, filiera nazionale consolidata, capacità di ridurre dipendenza da materiali critici e lock-in tecnologico da Paesi terzi e di promuovere una migliore gestione della risorsa idrica in regioni a rischio idrogeologico come quelle del Sud, aumentando la capacità di accumulo dei bacini esistenti. Lo Studio stima in 13,6 GW la potenza di nuovi pompaggi installabile attraverso 56 nuovi impianti in aree già infrastrutturate o prossime a bacini esistenti. La valorizzazione di questo potenziale può generare un impatto economico complessivo di circa 110 miliardi di euro.

Accanto alle rinnovabili e ai pompaggi, tecnologie mature e immediatamente scalabili, lo Studio sottolinea l’importanza delle tecnologie low-carbon strutturali, decisive per rafforzare l’indipendenza energetica e garantire la sicurezza del sistema: il nuovo nucleare e la Carbon capture & storage (Css). Il nuovo nucleare – fondato sui reattori di piccola taglia Smr e Amr – si configura come leva strategica per integrare le rinnovabili intermittenti con una produzione continua, programmabile e decarbonizzata. L’Italia può contare su un tessuto industriale competitivo con 70 aziende già operative nel settore e che mobilitano oggi 556 milioni di euro di ricavi e circa 2.900 occupati. La valorizzazione di tale tecnologia può generare entro il 2050 fino a 50 miliardi di Euro (pari al 2,5% del PIL) se sviluppato secondo una logica di collaborazione europea. Un aspetto chiave per valorizzare il contributo del nuovo nucleare è quindi la promozione di partnership a livello europeo basate sul co-sviluppo della tecnologia SMR ed AMR e sul co-investimento negli impianti del ciclo del combustibile, strategici per la sovranità energetica italiana ed europea. Parallelamente, la CCS emerge come strumento essenziale per decarbonizzare i settori hard-to-abate e per mantenere l’operatività del parco termoelettrico. La traiettoria internazionale ne conferma il ruolo crescente: gli impianti Ccs sono passati da 65 nel 2020 a 628 nel 2024, mentre numerosi Paesi europei stanno già adottando programmi strutturati per integrarla nelle proprie strategie climatiche e industriali.

Nel complesso, il dispiegamento della visione basata su un mix bilanciato di tecnologie mature e scalabili e soluzioni strategiche per la sicurezza energetica può abilitare al 2050 circa 190 miliardi di euro di ricadute attraverso la valorizzazione di nuovi pompaggi idroelettrici, nuovo nucleare e Ccs facilitando l’accesso a energia decarbonizzata e con un costo competitivo per l’industria.

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