Napoli è diventata il centro europeo del dibattito sul diritto delle costruzioni. Nella cornice di Villa Doria d’Angri, sede storica dell’Università Parthenope, oltre 110 delegati provenienti da 18 Paesi hanno partecipato all’Annual Conference della European Society of Construction Law (Escl), dedicata al tema Construction Projects and the Cultural Context.
Ad aprire i lavori è stato Roberto Panetta, chairman di Escl, che ha posto subito l’accento sull’importanza del contesto nei progetti edilizi: “Parlare di grandi opere senza tener conto del contesto in cui si inseriscono significa perdere metà della sfida”, ha osservato, ricordando quanto i progetti edilizi e infrastrutturali siano intrecciati alla cultura e alla storia dei luoghi. Non solo. L’avv. Roberto Panetta ha parlato ampiamente del tanto discusso progetto del “cubo nero” che rischia di offuscare la bellezza rinascimentale di Firenze e di far perdere a quest’ultima lo status di sito Unesco.
Un messaggio condiviso a livello internazionale. Dall’Australia, Caroline Beaumaris, Chair della Society of Construction Law, ha ribadito l’importanza della cultura come leva strategica: “Gestire la cultura non è un aspetto soft, ma un fattore determinante per il successo dei progetti di costruzione”. Un concetto ripreso anche da Marilia Xanthouli di Strabag SE, che hanno portato l’esperienza di grandi opere internazionali: “Le differenze culturali incidono su comunicazione e leadership: saperle gestire significa trasformarle in vantaggio competitivo”.
La tutela del patrimonio è stata al centro di diversi interventi. Stephanie Englert-Dougherty, esperta tedesca di edilizia e ambiente, ha lanciato un allarme preciso: “Un terzo degli edifici storici è a rischio: solo strategie mirate e riforme normative potranno tenere insieme sostenibilità e identità culturale”. Sulla stessa linea Adriana Spassova, membro bulgaro del FIDIC Contracts Committee, che ha sottolineato: “Il cambiamento climatico deve essere gestito dalle persone, e le persone sono influenzate dai valori culturali dei Paesi in cui vivono”.
Anche l’Italia ha portato un contributo significativo con Giuseppe La Rosa, associato di diritto amministrativo, che ha richiamato l’attenzione sulla delicatezza del rapporto tra energia e paesaggio: “Il concetto giuridico di paesaggio non è statico, ma il risultato dell’interazione tra fattori naturali e umani: le valutazioni devono essere sempre proporzionate e contestuali”.
Dai Paesi Bassi, Henri van Lidth de Jeude ha illustrato le complessità burocratiche dei progetti in aree vincolate: “Ogni progetto deve misurarsi con livelli multipli di protezione – paesaggio, patrimonio, registri immobiliari – e richiede una forte concertazione istituzionale”. Più netto il partecipante ungherese Bence Rajkai, che ha osservato: “Chi costruisce in aree di patrimonio culturale deve dialogare non solo con gli stakeholder attuali, ma anche con il passato”.
Dalla Romania, Ovidiu Ioan Dumitru e Laura Spătaru-Negură hanno lanciato un appello: “Il Paese ha bisogno di un Codice del Patrimonio Culturale che renda più efficace la tutela dei monumenti”. Mentre Alfonso Pelosi, forte di 44 anni di esperienza internazionale, ha sintetizzato l’essenza del dibattito: “La riuscita di un progetto dipende dalla fiducia reciproca: è il presupposto essenziale per superare le differenze culturali e far funzionare i contratti”.
Ampio spazio è stato dedicato anche alle dispute e agli strumenti per risolverle. Giovanni Di Folco, Presidente di Techno Engineering & Associates Group, ha ricordato che “i Dispute Boards e la mediazione sono strumenti capaci di prevenire e risolvere conflitti, garantendo l’equilibrio tra interesse pubblico e diritti privati”. Sullo stesso tema, Franco Mastrandrea, partner di HKA, ha ammonito sui rischi di eccessiva rigidità nella gestione dei conflitti, ricordando come occorra un approccio più equilibrato per garantire buona fede e proporzionalità”.
L’attenzione si è poi spostata sugli strumenti internazionali di risoluzione delle controversie. Renato Nazzini (King’s College London) e Aleksander Godhe hanno ribadito che “l’arbitrato deve adattarsi alle differenze culturali e normative, sviluppando tecniche che favoriscano anche la mediazione”. Ancora. Anthony Lavers, Visiting Professor sempre al King’s College, ha osservato: “Il modello dell’Engineer FIDIC riflette una cultura giuridica precisa: la sua accettazione dipende dalle tradizioni locali e non può mai essere data per scontata”.
Un mosaico di voci che ha confermato Napoli come crocevia del dibattito globale sul futuro delle costruzioni. Una città che, più di molte altre, conosce la difficoltà – e la necessità – di tenere insieme innovazione, sostenibilità e rispetto dei contesti culturali.