C’è un’Italia che si sveglia presto, prima dell’arrivo degli ospiti, quando i corridoi sono ancora silenziosi e il profumo del caffè apre le porte al giorno. È un’Italia che accoglie da sempre — ma oggi lo fa con un nuovo sguardo. L’edizione 2025 dell’Hospitality Forum di Scenari Immobiliari e Castello Sgr ospitata al Palazzo Lombardia, ha mostrato come il settore alberghiero non sia più solo una questione di camere e metri quadri. È diventato racconto, strategia, rigenerazione. È qui, tra investitori, fondi, SGR e operatori del settore, che si è delineato il perimetro di un cambiamento profondo: l’hospitality come infrastruttura culturale del futuro.
Nel 2024, il mercato immobiliare alberghiero italiano ha attirato 2,2 miliardi di euro. Nel primo semestre del 2025 siamo già oltre 1,5 miliardi, e le stime indicano una chiusura d’anno verso quota 3 miliardi: +50% in un solo anno. A guidare questo slancio sono le strutture luxury e upper upscale, che rappresentano oltre il 60% degli investimenti recenti.
La fotografia europea conferma il trend. Secondo la European Hotel Investor Intentions Survey 2025, l’Italia è tra le destinazioni preferite dagli investitori, dopo Spagna e Regno Unito. Le “grandi quattro” (Roma, Milano, Firenze, Venezia) restano centrali, ma cresce una nuova mappa: Palermo, Bologna, Napoli e Verona che entrano nel radar internazionale.
I numeri parlano di un mercato ampio e variegato: 32.940 hotel, 1,09 milioni di camere, più di 230.000 strutture extra-alberghiere per oltre 3,2 milioni di posti letto. Tuttavia, la penetrazione delle catene è ancora limitata rispetto al resto d’Europa: solo il 7,3% delle strutture e il 20,7% delle camere sono affiliate. Il 70% dei brand resta italiano — ed è forse anche questo uno dei nostri punti di forza.
Cambia anche il modo di operare. Il focus non è più (solo) sulla rendita immobiliare, ma sulla gestione operativa. Cresce il ricorso ai management contract, segnale che anche in Italia si consolida un modello più manageriale, orientato al valore d’uso e non solo alla rivalutazione dell’asset.
In questa direzione, l’intervento pubblico ha un ruolo decisivo. CDP, attraverso il Fondo Nazionale del Turismo, ha investito oltre 200 milioni dal 2022, attivando operazioni di rigenerazione e sale & lease back su immobili pubblici e privati. L’obiettivo? Valorizzare territori, creare impatto.
E infatti, sono proprio i territori “fuori dai radar” a offrire oggi le opportunità più interessanti. Lecce, Trieste, Perugia, Lago Maggiore: in queste aree si combinano rendimenti superiori e una crescente domanda turistica. Percorrendo la penisola, l’Umbria ospita oggi operatori come Six Senses; Napoli e Palermo si affermano come nuove capitali del lusso, grazie al posizionamento di brand internazionali come W Hotels.
Non è più solo una questione di ospitalità. È una forma di narrazione culturale. In molte strutture di fascia alta, il food & beverage genera oltre il 40% del fatturato. Ma il dato, da solo, non basta: ciò che conta è il modello. Dinner-show, club riservati, format ibridi. L’esperienza si disegna su misura, spesso con un occhio al territorio e uno al lifestyle urbano.
Nel frattempo, la parola “sostenibilità” entra stabilmente nel lessico dell’hospitality. Glamping, hotel sugli alberi, strutture galleggianti: forme nuove di accoglienza si affacciano sulla scena, intercettando il turismo esperienziale e la sensibilità green delle nuove generazioni. In Italia sono già operative 320 strutture glamping, con previsioni di superare quota 400 entro il 2030.
Eppure, le sfide non mancano: scarsità di personale qualificato, turnover elevato, difficoltà di accesso al credito, burocrazia. Il governo ha introdotto incentivi per ristrutturazioni e alloggi del personale, ma servono strumenti più agili per accompagnare l’innovazione.
Nel complesso, si delinea un’Italia che — pur mantenendo il suo DNA — guarda al futuro con ambizione. Il settore alberghiero non è solo un asset economico: è una piattaforma di rigenerazione territoriale, sociale e culturale. Se sostenuta da visione pubblica e imprenditorialità diffusa, può diventare un motore stabile per il sistema Paese.
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