L’attento recupero di un edificio anonimo diventa un progetto-manifesto

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LOM Locanda Officina Monumentale rappresenta per Andrea Borri Architetti una sorta di progetto-manifesto: l’edificio protagonista del progetto nasce come cascina intorno al 1850 alle spalle del Cimitero Monumentale di Milano, ai tempi un contesto ben più rurale rispetto ad oggi. La cascina aveva un uso tecnico e manifatturiero e faceva parte di un complesso più grande che aveva il nome di Cascina Lupetta. L’immobile poi era stato abbandonato e quindi occupato e lasciato in condizioni di totale degrado.

Rigenerazione urbana, riattivazione del patrimonio architettonico esistente trasformato in spazio sociale, upcycling, restauro radicale, sostenibilità: questi concetti sono stati il timone alla guida per la realizzazione di LOM, che diventa così non solo un progetto innovativo, intraprendente, sperimentale, ma anche un nuovo punto di partenza per il territorio e per lo studio stesso.

Lo spazio, rilevato da Andrea Borri, Michele Borri, Stefano Micelli e Alfredo Trotta e radicalmente ristrutturato, ha acquistato una vita completamente nuova. I 1.200 mq della cascina oggi vengono utilizzati in diversi modi: 700 mq ospitano aziende aderenti al progetto di accelerazione d’impresa (ospitando artigiani 4.0 che realizzano produzioni custom made con una attenzione alla qualità e alla sostenibilità), 200 mq sono aperti al pubblico con attività di bar e ristorazione; 70 mq sono spazi comuni e i restanti adibiti a formazione e ospitalità.

Modernità e restauro radicale, ma anche conservazione dei segni lasciati dal tempo, nel rispetto della storia del luogo. Laddove possibile sono stati conservati tutti gli intonaci originali, soprattutto al primo piano, cercando di intervenire nella maniera più delicata possibile, lavando e proteggendo i decori storici con smalti all’acqua trasparenti. All’ultimo piano è stato recuperato anche il sottotetto attraverso un intervento piuttosto radicale, ovvero lo slittamento verso il basso di circa 60 cm della soletta che divideva primo piano e sottotetto.

La struttura compositiva è molto semplice: edificio a pianta rettangolare suddiviso in otto blocchi identici fra loro e una piccola spina di servizio posta al centro. In origine era interamente realizzato in mattoni e legno e questo ha permesso di gestirne molto meglio il processo di smontaggio e riassemblaggio. La facciata presentava una serie di aperture e alcune “cicatrici” derivanti dagli interventi di modellazione avvenuti negli anni successivi, utilizzate poi nella definizione della nuova architettura e dei nuovi spazi.

In tutta la ristrutturazione, la scelta dei materiali e dei partner è stata guidata da criteri di sostenibilità. Il giardino, affidato al paesaggista Vittorio Peretto, non necessita di essere innaffiato, se non in minima parte: tutte le piante scelte sono a basso consumo idrico e per sicurezza è stata posizionata una cisterna di accumulo di acqua piovana, riutilizzata per le poche fasi di innaffiatura necessaria (foto Marco Manta).

di Danilo Premoli – Office Observer
Archivio Architettura

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