La S è molto Lunga

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Un’insegna che non possiamo non definire un colosso della grande distribuzione, non solo per i numeri che esprime, ma per l’apporto valoriale, di innovazione, di efficacia ed efficienza che da anni comunica senza soluzione di continuità.

Su Esselunga si è detto e scritto molto durante il suo percorso che l’ha portata, dal primo supermercato aperto verso la fine del 1957, fino agli attuali 170 punti vendita dislocati in solo (!) sette regioni d’Italia. Si è raccontato della sua novità, della sua crescita, del suo modo di fare marketing, di affrontare la concorrenza e i prezzi. Ci ha perfino tenuti attenti quando si è trattato di parlare della politica che ne avrebbe condizionato le sorti e i luoghi del suo sviluppo immobiliare e ci ha trovato in apprensione quando si è trattato di assistere al lungo e discontinuo processo di cambio generazionale della governance.

Ma ciò che merita qui approfondimento è l’ultima “fatica” dell’operatore che – sempre più – pensa ed agisce da guida del mercato, ovvero il nuovo punto vendita EsselungaLab aperto di recente presso il complesso immobiliare MIND che sta sorgendo sulle ceneri dell’ex area Expo a Milano.

Fin dalla scelta degli spazi e sino al riempimento con contenuti nel punto vendita, questa nuova realizzazione si pone indiscutibilmente sul fronte dell’innovazione.

La base è di un formato semplice, su due livelli, composto da uno snack bar, da un minimarket e da uno spazio ristoro. Un bacino d’utenza che è ristretto in numero e in tipologia e che, solo in futuro promette una crescita e una diversificazione.

Questa è forse la prima innovazione, ovvero la scelta di una posizione non scontata, concettualmente in linea con la parte sperimentale dello sviluppo di MIND, ma certamente meno profittevole rispetto a posizioni più classiche e affermate. Dietro questo apparente masochismo, si cela invece la potenza della scelta ovvero quella di innovare ed eventualmente anche di sbagliare, senza l’ansia di un conto economico il cui rispetto implicherebbe certamente l’abbandono o il ridimensionamento di scelte che solo il tempo e le rimodulazioni, invece, potrebbe far diventare vincenti.

Soffermiamoci su alcune di queste innovazioni. Con circa 1.000 referenze, il minimercato offre una selezione di prodotti in modalità self-service; una esperienza di acquisto fluida con un robusto dispiegamento di sistemi di video-riconoscimento e tracciamento per un pagamento veloce (e senza contanti); uno scontrino dematerializzato e il collegamento con una app dedicata come veicolo di marketing e di controllo dell’acquisto da parte del consumatore. Il ristorante con un’offerta ampia di pietanze fresche ed un menu in costante evoluzione; uno schermo Oled trasparente capace di veicolare messaggi ma al contempo di lasciare intravedere la cucina a vista; un robot in grado di contribuire alla preparazione dei cibi (insalate e gelati).

Quello che conta nel descrivere questo punto vendita, tuttavia, è inquadrare questa esperienza dal giusto punto di vista. Non un tipico flagship-store, ovvero un punto vendita rappresentativo da sperimentare e da replicare con le eventuali correzioni in altri luoghi con i dovuti adattamenti. Piuttosto un punto vendita la cui continua sperimentazione possa costituire il suo elemento caratterizzante e la replicabilità nei singoli aspetti più che sull’intero formato. Qui si esamina il modello e non il contenuto, poiché quest’ultimo tra qualche mese sarà certamente cambiato, ma il primo no.

Anche questa è innovazione e siamo sicuri che, direttamente o indirettamente, ciò continuerà a contribuire in modo determinante alla crescita di tutto il settore – come fin qui avvenuto per altre esperienze dell’insegna – anche per l’emulazione di altre insegne, non solo alimentari, che esercitano il loro sviluppo sul mercato immobiliare di tutto il territorio nazionale.

di Alberto Deianaresponsabile immobiliare, Mi.No.Ter.

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