Il permitting è la rete di autorizzazioni che attesta la compatibilità di un’opera con ambiente, territorio e sicurezza. Attivarlo presto e governarlo con metodo trasforma norme e controlli in un acceleratore di qualità, sostenibilità e tempi certi di cantiere.
Quando si progetta un nuovo edificio, un impianto produttivo o un’infrastruttura energetica, la creatività e il calcolo strutturale sono solo metà del lavoro. L’altra metà è ottenere il permitting – cioè l’insieme di autorizzazioni pubbliche che certificano la compatibilità di ciò che stiamo costruendo con l’ambiente, il territorio e la sicurezza delle persone. Senza questa “patente”, perfino il progetto più innovativo resta fermo al disegno preliminare.
Secondo Iride, Istituto per la ricerca e l’ingegneria dell’ecosostenibilità, il cambiamento climatico sta imponendo tempi rapidi: servono centrali rinnovabili, reti efficienti, edifici resilienti. Tuttavia, rapidità non significa improvvisazione. Il permitting esiste proprio per garantire che la corsa alla transizione ecologica proceda senza compromettere paesaggio, biodiversità, salute pubblica o norme urbanistiche. Se ben gestito, diventa un acceleratore perché previene ricorsi, fermi cantiere e varianti onerose.
Ogni volta che l’opera – nuova o da trasformare – può generare impatti visibili o invisibili: movimento terra in area vincolata, emissioni in atmosfera, modifica dell’assetto idraulico, installazione di turbine o pannelli su larga scala, ampliamento di un capannone, riconversione di una linea di produzione. Anche interventi apparentemente “minori” (ad esempio un impianto fotovoltaico sul tetto o il potenziamento di un sistema di accumulo elettrico) chiedono spesso un aggiornamento delle autorizzazioni.
Il percorso autorizzativo ruota sempre attorno a tre domande: che effetti avrà il progetto? (fase di valutazione), posso costruirlo legalmente? (fase di autorizzazione), servono controlli preliminari o integrazioni? (fase di verifica). A seconda della scala e della localizzazione, cambiano i protagonisti – ministeri, regioni, comuni, enti ambientali – e cambiano i titoli richiesti: Autorizzazione Unica, Autorizzazione Integrata Ambientale, permesso di costruire, pareri di ASL e Vigili del Fuoco, nulla‑osta paesaggistici. Capire in anticipo quale combinazione si applica al proprio progetto è il modo più efficace per rispettare le scadenze.
Nella pratica quotidiana, i titoli che ricorrono di più sono l’Autorizzazione Unica (indispensabile per impianti energetici e infrastrutture complesse), l’Autorizzazione Integrata Ambientale per gli stabilimenti con impatti significativi su aria, acqua e suolo, l’Autorizzazione Unica Ambientale pensata per PMI e piccoli impianti, e la classica catena edilizia (Cila, Scia, Permesso di costruire). A queste si affiancano le valutazioni ambientali quali Via, Vas o VInCA, che vanno avviate in parallelo se l’opera supera determinate soglie o ricade in aree tutelate. Sapere quale combinazione si applica fin dall’idea preliminare è la prima arma per non perdere mesi nei rimpalli di competenza.
In Italia, ottenere un sì definitivo può richiedere da alcuni mesi a oltre tre anni. L’analisi indipendente “Renewable Thinking 2024” mostra che, nel settore eolico, si arriva a superare i cinquanta mesi contro i ventiquattro stabiliti dall’Unione Europea. Sono ritardi che incidono direttamente sulla realizzazione dei 66 GW di nuove rinnovabili previsti dal Piano nazionale energia e clima al 2030. La soluzione non è saltare le regole, ma conoscerle, pianificare ogni step documentale e dialogare con le amministrazioni fin dall’idea preliminare.
Iride, lavorando fianco a fianco con progettisti, studi di ingegneria e imprese, IRIDE coordina studi ambientali, relazioni tecniche, iter in Conferenza dei Servizi, fino alla consegna digitale sul nuovo portale Permitting del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, ha l’obiettivo è trasformare procedure potenzialmente conflittuali in processi chiari, tracciabili e più rapidi.
Verso il permitting digitale
Dal dicembre 2024 tutte le richieste di Autorizzazione unica per i sistemi di accumulo “stand‑alone” devono passare per il portale ministeriale dedicato. Presto la digitalizzazione si estenderà ad altre categorie di impianto. Per progettisti e aziende significa meno carta, ma anche formulari standardizzati e scadenze monitorabili online: un cambio di mentalità, prima ancora che di piattaforma.
Pensare al permitting come a una semplice casella da spuntare è il modo migliore per incagliarsi o, peggio, per vedere un progetto fermato quando il cantiere è già avviato. Considerarlo invece parte integrante del concept progettuale permette di ottimizzare layout, materiali, impatti acustici, consumi idrici, mitigazioni paesaggistiche: in pratica, di costruire meglio. Autorizzare il futuro significa proprio questo – assicurarsi che innovazione, business e sostenibilità procedano insieme, senza compromessi di retroguardia.
Il permitting non si attiva a progetto esecutivo inoltrato, ma va integrato fin dalle prime fasi. Avviare già durante lo studio di fattibilità un confronto con gli enti competenti permette di individuare criticità ambientali, vincoli o esigenze documentali prima che il progetto sia troppo avanzato. Questo approccio evita rielaborazioni, risparmia tempo e consente di affrontare l’iter autorizzativo con maggiore consapevolezza e completezza.