I sacerdoti anziani possono continuare a vivere in canonica, ritirarsi se hanno famiglie che li accolgono, ma anche avere bisogno di un luogo dove stare, soprattutto se hanno problemi di salute. Il punto è sempre quello: anche il patrimonio della Chiesa è obsoleto e ha bisogno di un rimodernamento, soprattutto per realizzare residenze che siano accoglienti e possibilmente abbiano al loro interno spazi per la liturgia religiosa.
In Italia le residenze per sacerdoti anziani si trovano all’interno di case di riposo, Rsa religiose oppure in comunità residenziali religiose, come la Casa del Clero della Diocesi di Trento, realizzata partendo dall’ex seminario minore. Anche la nuova casa diocesana per il clero di Roma è pensata per accogliere i sacerdoti anziani delle diocesi, ed è menzionata come iniziativa pastorale e abitativa.
Le strutture più rilevanti in Italia si trovano a Roma, con la nuova casa per i sacerdoti anziani inaugurata all’interno del santuario; a Cesano Boscone, con la Fondazione Sacra Famiglia, che nel 2024 ha aperto la residenza dedicata ai preti anziani in co-housing con servizi; a Cremona, la realizzazione di appartamenti per sacerdoti anziani in una porzione del seminario vescovile; e a Viterbo, la recente inaugurazione della Casa del Clero Anziano, sempre in un’ala adiacente al seminario.
A Treviso si trova una struttura diocesana dedicata ai sacerdoti anziani con servizi sociosanitari e, a Verona, la Casa del Clero presso l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria può essere considerata tra le prime strutture provinciali per sacerdoti e religiosi anziani.
Da tutto questo emerge che il modello prevalente in Italia per il senior housing dei sacerdoti anziani è il riuso di parti dei seminari, probabilmente già dotati di alcune funzioni indispensabili, o di complessi ecclesiastici come santuari, che possono diventare unità abitative dedicate al clero anziano, spesso con servizi sociosanitari e, ovviamente, spazi liturgici integrati.
La capienza è comunque minima: si va da pochi posti a 30 posti e oltre, e le formule spaziano dal co-housing fino a vere e proprie Rsa religiose.
Il senior housing è nuovo per tutti
Nonostante l’Italia stia attraversando un inverno demografico, il senior housing resta un comparto relativamente nuovo. Secondo l’Istat, nel 2050 gli ultra sessantacinquenni saranno il 34,9% della popolazione totale e gli ultraottantenni raddoppieranno, passando al 14,1%: la popolazione italiana sarà una delle più anziane del mondo. Questo apre all’evidenza che servono alloggi, cure e assistenza più adeguati all’età.
Come sottolinea Rics in un articolo, in Italia ci sono circa 30.000 residenze private per anziani, ma sono gestite da soli otto operatori. La tendenza va verso la creazione di residenze con un vivere condiviso, quindi appartamenti singoli che hanno però servizi specifici nell’edificio, come aree comuni e ambulatori.
In questo scenario, il senior housing dedicato ai sacerdoti anziani rappresenta una forma di attenzione dovuta, anche perché tutti hanno diritto di vivere una vecchiaia dignitosa, in luoghi accoglienti, sicuri e umani.
Questa tipologia di living è comunque un mondo a sé. Per rispondere davvero ai bisogni di una popolazione che invecchia, religiosa e non, può servire spinta più decisa nel comparto, con politiche di investimento, partenariati pubblico-privato e una visione comune capace di trasformare l’esigenza abitativa in un modello concretamente attuabile e accessibile alla popolazione.