In Italia sono in esercizio 1.875.870 impianti fotovoltaici e l’85%, 1,6 milioni, si concentrano nel settore residenziale. La numerosità degli impianti è strettamente correlata alle dimensioni demografiche e territoriali della regione; nelle tre regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, in particolare, si concentra il 40% degli impianti fotovoltaici e della potenza complessiva del settore.
I dati sono estratti dalle statistiche del Gse e mostrano che, almeno per quanto riguarda solare e fotovoltaico, il residenziale è protagonista. Non in potenza, perché gli impianti industriali sono più potenti ma sono meno, bensì in diffusione.
Quanto costa però un impianto fotovoltaico residenziale e quanto permette di risparmiare? Secondo Sorgenia, il prezzo di un impianto fotovoltaico da 4 kW chiavi in mano è di circa 1.500-2.500 euro a kW, con una spesa complessiva che può andare da 7.000 a 13.000 euro circa e un costo medio intorno a 8.000 euro. In questo caso si parla di un impianto senza batteria di accumulo, che sarebbe più costoso, ma farebbe spendere di meno e potrebbe anche permettere di scambiare l’energia in esubero.
Enel stima che, mediamente, il 30% dell’energia prodotta da un impianto fotovoltaico venga autoconsumata. Questa percentuale può arrivare anche al 70% nel caso in cui sia abbinata all’impianto anche una batteria di accumulo. Tradotto in denaro, si può parlare di una forbice di risparmio dai 300 ai 700 euro all’anno.
Il punto è che non tutte le case sono alimentate solo da energia elettrica, anzi, lo sono spesso solo quelle di nuova costruzione o quelle ristrutturate. Secondo l’Istat, infatti, il 16% delle famiglie usa la legna e il 7,8% il pellet, combustibili impiegati soprattutto nei comuni di piccole dimensioni che, a conti fatti, hanno ancora una diffusione capillare.
La direttiva Case Green incoraggia l’uso delle rinnovabili e dal 2030 le nuove costruzioni dovranno già essere efficienti, quindi è prevedibile un aumento di impianti nel residenziale.
Finora il bonus per gli impianti di rinnovabili è del 50% per la prima casa, ma il governo ha annunciato che scenderà al 36% nel 2026. Il nodo, ancora una volta, sta negli aiuti che verranno erogati alle famiglie, visto che per efficientare è stata stimata una spesa tra i 30mila e i 65mila euro per un’abitazione di 100 mq.
Si tratta di un investimento rilevante e che si ripaga, visto che il prezzo medio di una casa efficiente (A e A+) è in media del 52% più alto rispetto a una casa da ristrutturare (fonte immobiliare.it). Ma come i pannelli solari hanno bisogno di luce per funzionare, così gli investimenti economici delle famiglie hanno bisogno di una bella scintilla per accendersi.
Senza rinnovabili un costo per l’Italia di 137 mln di euro
In questo contesto di possibile risparmio, il ritmo di crescita delle rinnovabili in Italia resta comunque insufficiente per raggiungere gli obiettivi fissati dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), che prevede 131 GW al 2030. Nonostante l’accelerazione registrata nel 2024, con 7,5 GW di nuova capacità, rispetto al 2023, quasi interamente fotovoltaica, l’Italia rischia infatti un gap di circa 17 GW rispetto ai target previsti, con ripercussioni non solo ambientali ma anche economiche, sociali e industriali.
I dati del rapporto annuale 2025 dell’Osservatorio rinnovabili (Oir) di Agici, sottolineano che se l’Italia non dovesse rispettare gli obiettivi previsti dal Pniec 2024, il costo complessivo per l’economia nazionale ammonterebbe a 137 miliardi di euro al 2050, pari a oltre 5 miliardi di euro l’anno nel periodo 2025-2050.
L’inazione energetica comporterebbe inoltre impatti ambientali e sociali rilevanti, tra cui un consumo aggiuntivo di 233 miliardi di metri cubi di gas naturale, 10 milioni di tonnellate di olio combustibile, quasi 700 mila tonnellate di carbone, oltre a 585 milioni di tonnellate di CO₂ emesse in più e la perdita potenziale di 342.480 posti di lavoro.
Al contrario, il pieno raggiungimento degli obiettivi del Pniec – che prevede una crescita media annua del 9% fino a 122 GW di capacità rinnovabile al 2030 – genererebbe benefici economici complessivi superiori a 162 miliardi di euro al 2050. Di questi, il 47% deriverebbe dal minore consumo di combustibili fossili, il 26% dalla riduzione delle emissioni, il 20% dall’effetto del fotovoltaico sui prezzi dell’energia e il 6% dall’aumento dell’occupazione. Il raggiungimento dei target richiederebbe un investimento aggiuntivo di 24 miliardi di euro, che sarebbe tuttavia ampiamente compensato dai benefici economici, ambientali e occupazionali derivanti da uno sviluppo accelerato delle rinnovabili.
Per valutare concretamente le prospettive future di investimento nelle Fer in Italia, Agici ha poi analizzato le strategie di 17 operatori italiani ed europei attivi nel Paese nel settore delle fonti rinnovabili e dei sistemi di accumulo. A livello globale, nel 2024 la capacità complessiva detenuta dal campione raggiunge i 193 GW, in crescita del 51% rispetto al 2019, di cui 31 GW installati in Italia, con investimenti globali per 18 miliardi di euro, di cui 2,6 miliardi nel paese.
Per il periodo 2025-2030, gli operatori prevedono ulteriori investimenti, con l’obiettivo di realizzare 102 GW di nuova capacità a livello mondiale e 14 GW in Italia, con impegni finanziari stimati in 64 miliardi di euro a livello globale e 16 miliardi in Italia, concentrati su fotovoltaico, eolico e sistemi di accumulo.
Lo studio conferma così che investire nelle rinnovabili è una scelta economicamente vantaggiosa rispetto all’inazione e mette in evidenza le principali criticità che ancora rallentano la transizione. L’assenza di una cornice normativa stabile, i ritardi del permitting e la mancanza di una governance nazionale coordinata continuano infatti a rappresentare ostacoli significativi per imprese e investitori. Guardando al futuro, l’osservatorio rinnovabili sottolinea l’importanza di regole certe e regia nazionale quali condizioni indispensabili per attrarre capitali, garantire una transizione ordinata e rafforzare la sicurezza energetica del Paese.
“È fondamentale sottolineare come al centro del discorso sulle rinnovabili ci sia un tema di sviluppo che non è solo di natura economica, ma anche sociale”, ha dichiarato Marco Carta, ad di Agici. “Gli impianti FER, infatti, non vengono sviluppati nei grandi centri metropolitani, ma nelle aree più periferiche del Paese, maggiormente esposte al rischio di spopolamento e di inasprimento del disagio economico. Investire sulle rinnovabili vuol dire quindi impegnarsi anche per una crescita più uniforme del Paese, creando benessere, servizi e soprattutto occupazione qualificata nei territori che ne hanno più bisogno”.
“I risultati presentati oggi dimostrano che il costo delle rinnovabili è minimo rispetto alle spese che l’Italia dovrebbe sostenere se non investisse con decisione nelle fonti pulite” – ha dichiarato Anna Pupino, responsabile dell’Osservatorio rinnovabili (Oir) di Agici. “Il mancato raggiungimento degli obiettivi del PNIEC comporterebbe infatti costi oltre cinque volte superiori. Oggi gli operatori mostrano segnali di ottimismo verso l’Italia e gli incentivi sono già in campo, ma serve un passo ulteriore: costruire un quadro normativo stabile e sicuro. Solo così la decarbonizzazione rappresenterà una reale opportunità di crescita sostenibile e competitiva per il nostro Paese”.