Il 2025 si è aperto con vendite oltre confine del comparto della moda per 6,2 miliardi di euro, in flessione del 5,5% rispetto all’anno precedente. Una correzione severa sui mercati extra Eu (-9,3%) e inter Eu (-14%). I dati di Confindustria Moda parlano quindi di un export che sta soffrendo, con il tessile che nei primi mesi dell’anno è sceso del -3,1% e l’abbigliamento almeno del -6,2%.
Il quadro è quello di un settore che continua una tendenza negativa e che si trova a fare i conti con l’incognita dazi. Se nel primo semestre non erano ancora in vigore, si potrà ora capire il loro impatto su un’industria che negli Stati Uniti resta importante, ma che probabilmente guarderà ad altri Paesi, Cina in primis, per trovare un equilibrio commerciale.
La dinamica del fatturato per il primo semestre 2025 si prevede a -4,5%, con un margine di errore che la pone tra almeno -3,8% e -5,2% (dati della Camera Nazionale della Moda). Da questa sofferenza dell’export si può partire per una panoramica della logistica italiana della moda, che può essere vista dal punto di vista dei distretti ma anche di quello del commercio elettronico e del second hand che sembra essere l’unico comparto afarsi realmente sentire.
Per quanto riguarda i distretti della moda, in un approfondimento Intesa Sanpaolo ha sottolineato i segnali di rallentamento che si sono verificati tra la seconda metà del 2023 e per tutto il 2024. Le spinte inflazionistiche, il rallentamento dei consumi cinesi, la sovrapproduzione post-pandemica e le politiche di prezzo aggressive hanno di fatto ridotto la domanda. Nei primi nove mesi del 2024 i distretti del sistema moda italiano avevano comunque realizzato 33,7 miliardi di esportazioni (+2,3% rispetto al 2023).
Questi distretti comprendono tessile, abbigliamento, filiera della pelle, oreficeria e occhialeria. Al primo posto il distretto dell’oreficeria di Arezzo con 5,3 miliardi di vendite all’estero, principalmente grazie ai flussi verso la Turchia. Poi Vicenza (+13%) e Valenza tra le prime 10 realtà distrettuali grazie all’oreficeria. Maggiori difficoltà invece per la filiera della pelle (-12,9%) e i distretti del tessile (-10%).
In particolare, il distretto che ha risentito del maggior calo nel 2024 è stato quello della pelletteria e calzature di Firenze, con 3,6 miliardi di esportazioni (-21,5%). Bene invece la maglieria e l’abbigliamento di Perugia, che ha realizzato un +19,4%.
Tra i mercati di destinazione, la Francia si conferma il primo sbocco (4,5 miliardi) anche se con un leggero calo del -2,6%. Forte contrazione verso la Svizzera, passata da 2,8 miliardi nei primi nove mesi del 2023 a 1,1 miliardi nel 2024. Ancora positive invece le vendite negli Stati Uniti, che nel 2023 rappresentavano circa il 12% dell’export distrettuale della moda.
Le prospettive per il 2025 sono quindi di incertezza, alimentate dalle politiche commerciali americane e da una spinta ai consumi che potrebbe beneficiare di un recupero del potere d’acquisto, ma orientandosi più verso gli Stati orientali.
Logistica e investimenti
Il quadro generale della logistica italiana delineato da Word of Capital Group parla di investimenti nel comparto che hanno raggiunto i 910 milioni di euro nel primo semestre 2025, pari al 17,7% del volume complessivo del real estate italiano. I rendimenti sono instabili e il 40% delle trattative si conclude entro otto mesi.
Lato operatori, il 50% considera il mercato stabile, mentre la restante percentuale si divide tra dinamico e instabile. Le previsioni: il 50% si attende una crescita, il 30% stabilità, mentre il 20% teme una contrazione.
La logistica della moda interessa sia l’export, sia le consegne fatte alle persone che acquistano online. In questo caso serve garantire consegne flessibili, competenze verticali, sdoganamenti veloci e sostenibilità. Una sostenibilità richiesta dalle maison, che guardano sempre più a soluzioni a ridotte emissioni di CO₂, utilizzo di Saf (Sustainable aviation fuel) prodotti da materie prime più sostenibili e riduzioni all’interno della supply chain, che include trasporto e distribuzione.
E-commerce e second hand
L’e-commerce B2C, secondo le previsioni del Politecnico di Milano, supererà i 40 miliardi di euro nel 2025 (+6%). Per quanto riguarda la moda, l’abbigliamento presenta una crescita in linea con il settore, con tassi compresi tra +5% e +6%. Questo si collega al second hand” che non è più solo una moda e i grandi brand l’hanno compreso.
Il mercato dell’abbigliamento pre-owned è cresciuto del 15% nel 2024, toccando i 227 miliardi di dollari. Dall’indagine “Second hand first choice” di Ipsos è emerso che il 29% degli intervistati ha dichiarato di essere attivo nella vendita dei propri capi di abbigliamento, mentre il 40% si dedica esclusivamente all’acquisto. Negozi, mercatini e fiere rimangono i canali preferiti rispetto all’online, che si attesta al 39%, mentre le piattaforme raggiungono il 31%.
Il primo motivo che porta verso l’acquisto di un abito second hand è il risparmio economico (69%). Ciò che blocca resta invece il pregiudizio legato all’igiene. Tuttavia, i numeri delle piattaforme come Vinted o Vestiaire Collective non interessano solo il fast fashion, ma anche l’abbigliamento firmato, soprattutto vintage.
Vinted conta 80 milioni di utenti registrati nel mondo e oltre 11 milioni di membri in Italia nel 2024. Vestiaire Collective ha numeri leggermente inferiori ma punta sull’Italia con nuovi progetti, in un mercato che secondo la co-founder Sophie Hers vale 200 miliardi di dollari con una crescita del 20% annuo.
Qui entra in gioco la tecnologia, che definisce anche l’esperienza d’acquisto su Vestiaire Collective e si intreccia con una logistica efficiente. L’utente che vende un capo firmato può richiedere l’autenticazione manuale, ma questa viene comunque effettuata inizialmente tramite sistema automatizzato e la risposta arriva entro 24 ore, il che permette al capo di entrare velocemente nel circuito di vendita. La tecnologia limita così le truffe e mantiene alta la qualità complessiva della piattaforma.
Il 2025 si conferma quindi un anno di sfide per il comparto moda italiano: da un lato i cali dell’export che mettono sotto pressione i distretti tradizionali, dall’altro la crescita del mercato del pre-loved.
La logistica, sempre più strategica, sarà probabilmente chiamata a tenere insieme entrambe le tendenze, quindi gestire l’incertezza dei flussi internazionali e accompagnare la trasformazione digitale e sostenibile della moda, fino a integrare in modo efficiente anche il nuovo ciclo di vita dei capi.