Crescono le partite Iva: cosa cambia per il mercato immobiliare

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Nel panorama immobiliare italiano, la crescente frammentazione del mercato del lavoro pone interrogativi profondi sull’adeguatezza dei criteri tradizionali di accesso al credito. In particolare, i lavoratori autonomi (oggi oltre 4,4 milioni secondo i dati MEF 2023) continuano a scontrarsi con un sistema bancario ancora tarato su modelli di redditività lineari e continui, propri del lavoro dipendente.

Una transizione del lavoro non accompagnata da innovazione creditizia

Il profilo tipo del lavoratore autonomo è cambiato. Non si tratta più (solo) del piccolo imprenditore o del professionista affermato, ma sempre più spesso di freelance ad alta specializzazione, consulenti digitali, ingegneri, architetti, formatori, creativi, operatori tech. Si tratta di soggetti con redditi stabili, ma discontinui nel tempo, spesso capaci di produrre valore aggiunto superiore alla media nazionale, ma esclusi dai parametri di ammissibilità tradizionali al credito immobiliare.

Il merito creditizio, infatti, viene ancora misurato in base a uno storico fiscale di almeno tre anni, all’assenza di fluttuazioni importanti nei ricavi, e alla possibilità di fornire solide garanzie collaterali. Ne deriva un paradosso evidente: soggetti solvibili vengono penalizzati per la forma, non per la sostanza del loro reddito.

Un credito non inclusivo

Secondo i dati raccolti da MutuiOnline, oltre il 60% delle domande di mutuo presentate da titolari di Partita Iva viene rifiutato o approvato con condizioni fortemente penalizzanti (tassi più alti, Ltv inferiori, richieste di anticipi sopra il 30%). Un sistema “de-risked” per le banche, ma profondamente escludente per un’intera categoria emergente.

In uno scenario dove il lavoro autonomo è destinato ad aumentare (il tasso di freelance in Europa è cresciuto del +25% negli ultimi dieci anni, dati Eurostat), l’immobiliare rischia di diventare una frontiera inaccessibile. Non per mancanza di domanda, ma per inadeguatezza degli strumenti.

L’immobiliare come leva sociale: ma per chi?

Storicamente, la casa di proprietà ha rappresentato in Italia un vettore di inclusione e stabilità. Ma oggi, la forbice si amplia: da un lato chi può permettersi subito l’acquisto (capitale ed accesso al credito), dall’altro chi resta fuori. In mezzo, una fascia sempre più ampia di individui con buone prospettive di reddito, ma tempi di maturazione più lunghi.

L’interrogativo non è se concedere credito a chi non può permetterselo, ma se esistano modelli di transizione all’acquisto più coerenti con la realtà lavorativa contemporanea.

Verso strumenti più flessibili: il ritorno dell’opzione

Tra le soluzioni emergenti, il modello Rent to Own – previsto in Italia dalla Legge n. 164/2014 – si configura come una formula di accesso graduale alla proprietà. Si tratta di un contratto che prevede la possibilità di abitare da subito un immobile, versando una caparra iniziale e successivi canoni mensili, parte dei quali costituiranno l’anticipo per l’acquisto futuro. Il prezzo è fissato all’inizio, riducendo l’incertezza, e l’obbligo di acquisto può essere facoltativo o vincolante a seconda della struttura contrattuale.

Per il lavoratore autonomo, questo significa due vantaggi principali:

• accedere all’immobile senza attendere l’approvazione di un mutuo;
• accumulare nel tempo la solidità finanziaria e fiscale necessaria per l’eventuale richiesta di finanziamento finale.

In un contesto inflattivo, come quello degli ultimi due anni (+5,7% nel 2022 e +5,2% nel 2023 secondo ISTAT), questa modalità permette inoltre di “congelare” il prezzo d’acquisto, evitando l’erosione del potere d’acquisto e consentendo una pianificazione più strategica.

La standardizzazione necessaria

Il limite del Rent to Own è stato finora la frammentarietà delle applicazioni e la scarsa standardizzazione contrattuale. Mancando modelli replicabili e trasparenti, spesso si è trattato di soluzioni ad hoc, poco scalabili e difficili da proporre su larga scala.

Qui si inserisce una nuova piattaforma proptech: Ring33, che ha iniziato a strutturare questa formula in modo digitale e normativamente robusto. Il valore non risiede tanto nell’invenzione del modello, quanto nella sua trasformazione in uno strumento replicabile, chiaro, tracciabile e legalmente sicuro.

In queste esperienze, il canone mensile non è un affitto tradizionale, ma una forma di saving rate personalizzata. La casa non è più solo un bene da comprare o da affittare, ma un percorso contrattualmente tracciato verso la proprietà.

Conclusione: un nuovo accesso alla casa per una nuova forza lavoro

La crescita delle Partite Iva non è una parentesi congiunturale, ma un elemento strutturale del nuovo mercato del lavoro. Ignorarla significa perdere un segmento crescente di domanda immobiliare.

Per chi opera nel settore, la vera innovazione non sarà solo tecnologica o edilizia, ma distributiva. Sarà nella capacità di strutturare strumenti di vendita più flessibili, più personalizzabili e più aderenti alla nuova realtà socioeconomica. Il Rent to Own non è l’unica risposta, ma è sicuramente una delle più concrete oggi disponibili e, soprattutto, è un segnale chiaro che qualcosa si sta muovendo nella giusta direzione.

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