giovedì, Settembre 25, 2025

Coop-Nomisma: gli italiani credono nel mattone ma solo il 6,8% trova la casa ideale

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Gli italiani tornano a investire nel mattone, spinti dal desiderio concreto di stabilità e da condizioni di credito più favorevoli. L’acquisto di una casa resta un obiettivo ambito, ma non per tutti: solo il 15% dei giovani tra i 18-34 anni, il 7% tra i 35-55 e il 4% degli over 55 prevede infatti di comprare casa nei prossimi 12-18 mesi. I principali ostacoli: prezzi troppo elevati nelle zone desiderate e anticipi onerosi. Il sogno immobiliare si è dunque trasformato e solo il 6,8% degli acquirenti trova la casa ideale. Per tutti gli altri, l’acquisto comporta compromessi: budget da rivedere, quartieri alternativi, condizioni abitative non ottimali.

Questo quanto emerge dall’edizione 2025 del Rapporto Coop “Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani” (il Rapporto è parte integrante di italiani.coop), redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop) con la collaborazione scientifica di Nomisma.

Italiani preoccupati per il futuro

Dal rapporto emerge che la preoccupazione è il nuovo mood degli italiani che, abbandonata l’imperturbabile serenità e la fiducia caparbia degli ultimi anni, vedono ora allungarsi un’ombra sul loro domani: rispetto al 2022 cresce il timore (passato dal 20% al 39%), prende quota l’inquietudine (dal 24% al 37%) e l’allerta (dal 16% al 25%), mentre si riducono repentinamente serenità (dal 34% al 24%) e fiducia (dal 27% al 24%).

Nel mindset degli italiani certo restano le difficoltà quotidiane e la voglia di maggiori redditi, ma nell’immaginario collettivo è soprattutto la guerra a segnare la più ampia discontinuità (una buona metà dei nostri connazionali ha iniziato ad accettare la possibilità di un conflitto armato) e non stupisce che tra i diversi obiettivi di sostenibilità si affermino prioritariamente istanze di pace e diritti civili e quelle relative al contrasto della fame e della povertà nel mondo, anche sopravanzando la garanzia per tutti di un lavoro dignitoso e della riduzione delle disuguaglianze e gli stessi temi ambientali e del cambiamento climatico.

Nuove abitudini di acquisto “deconsumistiche”

Al contempo, se è vero che i consumi degli italiani tornano in positivo (+0,6% la variazione nel primo trimestre 2025 rispetto allo stesso trimestre 2024) oltre la metà è assorbita dalle spese obbligate (abitazione, utenze domestiche, trasporti e cibo) e il risparmio persiste come driver primario di acquisto per il 42% degli italiani.

Ad essere messa in discussione è l’essenza stessa della società dei consumi: al posto del piacere del possesso, l’Italia di oggi scopre il vero valore nelle esperienze di vita, acquista solo le cose indispensabili, ama il second hand e ripara gli oggetti piuttosto che sostituirli. E anche quando torna a spendere in acquisti tecnologici, lo fa privilegiando l’utilità alla gratificazione e meno elettronica di consumo.

Cibo e salute: il ritorno alla dimensione domestica

In un momento di convulsi cambiamenti, cambia ancora (ma resta privilegiato) il rapporto degli italiani con il cibo, che ha acquisito nella percezione corrente e maggioritaria una funzione di alleato della salute. I consumi (e le preparazioni) alimentari tornano innanzitutto nella sfera domestica, tanto che nei primi 6 mesi del 2025 la spesa per la ristorazione fuori casa cala di un -2,2% rispetto al 2024 e 1 italiano su 3 vi rinuncerà ulteriormente nei mesi a venire.

Contestualmente si registra una ripresa importante nei carrelli della spesa: le vendite a valore e a volume nella grande distribuzione crescono rispettivamente di un +3,8% e di un +2% nei primi sei mesi dell’anno.

Seppure l’inflazione alimentare sia meno alta nel nostro Paese che nel resto d’Europa (il tasso su base annua fa registrare un +3,1% a fronte di un +3,3% della media europea) le persistenti difficoltà reddituali degli italiani fanno sì che resti alta anche a tavola la ricerca del risparmio e di soluzioni di maggiore convenienza. Questa ricerca sembra rivolgersi però in minor misura all’utilizzo del discount che, per la prima volta dopo anni, cresce nei volumi meno dei supermercati, dove gli italiani prediligono i prodotti in promozione e quelli a marchio del distributore.

 

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