Crusi (Cnappc): “Per consulenti tecnici serve formazione tecnico-giuridica specifica”

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Il presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, Cnappc, Massimo Crusi, si è espresso nel corso di una audizione alla Commissione giustizia del senato. Il tema è il Ddl 683 e connessi, in discussione a Palazzo Madama e recante disposizioni in materia di consulenti tecnici d’ufficio.

“È importante che il Parlamento attraverso i provvedimenti in discussione al Senato miri a rafforzare il ruolo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU). Registriamo, infatti, da un lato, una grande riduzione del numero dei professionisti disponibili a svolgere questi incarichi, dall’altro, siamo in presenza di un mancato rinnovo generazionale.

L’importanza e la delicatezza del lavoro che viene chiamato a svolgere un CTU deve indurci a porre molta attenzione al tema di una formazione tecnico-giuridica specifica omogenea su tutto il territorio nazionale. Ciò per garantire la qualità delle consulenze tecniche e per ridurre il rischio di errori procedurali che possano pregiudicare i processi. Formazione che potrebbe senz’altro essere affidata, relativamente alla nostra professione, al sistema ordinistico provinciale.

Importante poi, la questione della liquidazione dei compensi, fattore questo che allontana i professionisti dal ruolo di consulenti. Intervenire opportunamente sulla liquidazione dei compensi degli ausiliari del giudice, introducendo tempi certi, rappresenta sicuramente una maggiore tutela per i Consulenti ed un elemento di equità. Una tempistica definita è, infatti, un importante passo avanti per assicurare pagamenti puntuali ai Consulenti Tecnici per evitare non solo quelle attese eccessive che si sono riscontrate, ma, talvolta l’impossibilità stessa di percepire il compenso.

Relativamente ai compensi degli esperti stimatori nelle procedure esecutive immobiliari, va assolutamente superato il legame tra compenso dell’estimatore ed esito della vendita immobiliare eliminando così una stortura normativa introdotta nel 2015. Da qui la necessità di abrogare questa disposizione, come proposto, ripristinando il principio secondo il quale il compenso va commisurato al lavoro svolto”.

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