Caccia Dominioni e lo spirito della città di Milano

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Quando frequentavo la Facoltà di Architettura, avevo un Maestro che ripeteva spesso, durante le correzioni delle tavole di progetto, “l’architettura è la soluzione a un problema“. Questo forse per placare l’entusiasmo acerbo che portava a cercare forme ardite, quasi sempre fini a se stesse, proprio come i ragazzini che iniziano a giocare a basket e vorrebbero subito andare a canestro “schiacciando”. Guardando alcune architetture e tra queste quelle di Luigi Caccia Dominioni, mi è sempre ritornata in mente quella frase, “l’architettura è la soluzione ad un problema”. L’architettura serve alle persone, non si compiace di se stessa, ma non per questo rinuncia alla bellezza, perché anche la bellezza serve alle persone.

Luigi Caccia Dominioni ha costellato la sua Milano, tra gli anni ’50 e gli anni ’70, di edifici che hanno saputo leggere e restituire nella forma lo spirito della città, una città concentrata sul fare, sul ri-costruire, senza autocompiacimenti, appunto, e senza rinunciare alla ricerca dell’eleganza. L’architetto ha interpretato le esigenze e le aspirazioni di una classe sociale, la borghesia, che, con consapevolezza e determinazione, ha trainato in quegli anni una rinascita economica e culturale solida e consistente.

Caccia Dominioni esordì nel 1939 con un oggetto, un radioricevitore a valvole per Phonola, in cui, poco più che ventenne, coniugava ricerca, stile e tecnica. Dopo la parentesi dolorosa della guerra, ricominció la sua attività di progettista ricostruendo, in Piazza Sant’Ambrogio, la casa di famiglia distrutta dalla guerra. Da allora, gli edifici realizzati a Milano sono stati tanti: l’edificio in Piazza Carbonari (1960/61), il palazzo di Santa Maria della Porta (1961), il palazzo di Corso Monforte (1963-1964), il palazzo delle Cartiere Binda (1966) e così via.

Fermamente convinto dell’importanza del lavoro di squadra, collaboró con progettisti della stregua di Ignazio Gardella, dei fratelli Castiglioni, di Vico Magistretti e con abili artigiani che, a suo dire, migliorarono, col loro saper fare, i suoi progetti di giovane designer: perché la sua lunga carriera vede anche un’ampia produzione di oggetti, quali lampade, sedie, poltrone, anch’essi caratterizzati da sobrietà ed eleganza e da lui considerati, a tutti gli effetti, progetti di urbanistica in piccola scala, esattamente come i progetti di interni.

Oggi, nella Basilica di Sant’Ambrogio, Milano saluta, con Luigi Caccia Dominioni, uno dei migliori interpreti della sua identità urbana, fattiva e innovativa, pragmatica ma attenta alla forma.

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