martedì, Ottobre 28, 2025

Bocconi-Cncc: serve riforma strutturale per rilanciare l’immobiliare quotato in Italia

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Quali riforme servono per rendere il mercato immobiliare quotato moderno, trasparente e competitivo, oltre che più attrattivo per investitori istituzionali, sia italiani che internazionali? Risponde la ricerca “L’esigenza di un ampliamento dell’immobiliare quotato a vantaggio dell’economia, della società e dei mercati finanziari”, realizzata da Sda Bocconi School of Management in collaborazione con il Cncc-Consiglio nazionale dei centri commerciali.

Lo studio è stato presentato al convegno Immobiliare Quotato, un volano per l’economia e i mercati che si è tenuto nella sede romana di Sda Bocconi, a cui hanno preso parte, tra gli altri, Maurizio Leo, viceministro dell’economia e delle finanze, Paolo Savona, presidente Consob, e Fabrizio Testa, ceo Borsa Italiana.

La ricerca pone l’accento sulla contraddizione che caratterizza il mercato real estate in Italia: infatti, a fronte di un patrimonio immobiliare tra i più rilevanti in Europa, che contribuisce ad oltre il 19% del Pil, la quota effettivamente rappresentata sui mercati finanziari è ancora del tutto marginale. In particolare, soltanto lo 0,06% del real estate commerciale risulta quotato in Borsa, ovvero il livello più basso tra i principali Paesi europei.

La fotografia del mercato immobiliare quotato italiano, che emerge dall’analisi approfondita svolta, mostra come il modello italiano delle Siiq (Società di investimento immobiliare quotate), introdotto oltre un decennio fa, non ha raggiunto la massa critica necessaria a sostenere un ecosistema dinamico e liquido. Nel dettaglio:

  • Dimensioni ridotte del mercato dei Reit (Siiq) italiani: oltre al numero esiguo di società immobiliari quotate italiane attive, che si è ulteriormente ridotto negli anni, si evidenzia anche una capitalizzazione marginale che, complessivamente, nel 2024 era di appena 600 milioni di euro (in Spagna 30 miliardi di euro, in Germania 60 miliardi di euro).
  • Sconto sul Nav record: le Siiq italiane quotano mediamente a -75% rispetto al valore netto degli asset, segnale di una sfiducia strutturale del mercato.
  • Limitato volume delle transazioni immobiliari: pari allo 0,36% del Pil per il 2024, contro una media dello 0,8% per il commercial real estate delle sei maggiori economie dell’Europa occidentale.
  • Normativa fiscale non incentivante: l’adozione in Italia del regime Siiq da parte dei Reit residenti in altri Stati europei è fortemente penalizzata dall’attuale sistema di tassazione delle branch e delle controllate; inoltre, l’ingresso nel regime è soggetto ad un’imposta del 20%, che appare elevata rispetto all’attuale aliquota di tassazione delle imprese.

Dal raffronto eseguito a livello europeo si evidenzia come in altri paesi il mercato Reit abbia saputo crescere su basi normative e fiscali solide, rendendo strategico il comparto immobiliare quotato nei portafogli degli investitori istituzionali, favorendo la rigenerazione urbana e accelerando gli investimenti Esg. Tra tutti, particolarmente significativo è il caso della Spagna, che, con la riforma delle Socimi del 2012, ha trasformato un comparto marginale in un mercato da oltre 14 miliardi di euro di investimenti annui, segnando solo nel 2024 un incremento del 22%.

Le conclusioni, a cui giunge lo studio, mostrano una chiara necessità di una riforma strutturale del comparto, attraverso un quadro normativo più aperto e lungimirante, capace di supportare la valorizzazione del patrimonio immobiliare italiano, anche favorendo la rigenerazione urbana e l’efficientamento energetico, e trasformandolo in un volàno di investimenti, occupazione e innovazione.

Individuate le best practice europee, l’allineamento normativo punterebbe ad attrarre capitali privati e istituzionali, mediante:

  • promozione, tra gli investitori istituzionali e gli investitori retail, della conoscenza dei vantaggi derivanti dall’inserimento dei Reit e del real estate quotato nei loro portafogli di investimento;
  • creazione di un listino dedicato e un entry package semplificato (iter documentali, fiscali e regolamentari) per le Siiq startup che decidano di quotarsi (asset > 50 milioni di euro);
  • apertura ai capitali esteri, permettendo ai Reit europei di costituire e controllare in Italia veicoli Siinq non quotati (modello Socimi) o di operare tramite branch alle stesse condizioni delle Siiq quotate), favorendo così una rapida espansione del comparto anche grazie all’afflusso di capitali globali;
  • rimodulazione dell’imposta di ingresso, riducendo l’aliquota applicata al momento dell’ingresso sulla differenza tra valore contabile e valore di mercato degli immobili, oppure rimandandone l’applicazione al momento della cessione degli immobili, così come avviene in altri Stati europei;
  • costituzione di veicoli ad hoc, rafforzando la trasparenza e gli incentivi per gli investitori istituzionali, in linea a Solvency II e Basilea III.

Alla luce dei risultati della ricerca, Roberto Zoia, presidente Cncc, commenta: “Come operatori del settore real estate, siamo convinti dell’urgenza di intervenire in un comparto, come quello dell’immobiliare quotato, che riteniamo strategico per la crescita economica del Paese. Grazie al lavoro di analisi svolto dalla SDA Bocconi, è stato possibile non solo quantificare il divario esistente tra il nostro mercato e gli esempi più virtuosi a livello europeo, ma anche individuare i modelli più efficienti da poter implementare con interventi normativi mirati. Questo consentirebbe un deciso sviluppo dell’immobiliare quotato, introducendo criteri di maggiore trasparenza e competitività, necessari per attrarre capitali e, con essi, contribuire all’incremento della creazione di valore lungo tutta la filiera immobiliare”.

Maurizio Dallocchio, professore ordinario di finanza aziendale, Sda Bocconi School of Management, aggiunge: “Abbiamo accolto con entusiasmo lo stimolo del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali a studiare le possibilità di ampliare il comparto dell’immobiliare italiano quotato. In primo luogo, perché i mercati finanziari europei soffrono ormai da anni per i numerosi delisting; per la dimensione limitata delle realtà quotate, se comparate con gli Stati Uniti e la conseguente limitata liquidità relativa; per la relativa ritrosia delle imprese non finanziarie a raccogliere debito con emissioni obbligazionarie. E come non considerare la necessità degli investitori di disporre di titoli legati al mondo immobiliare per una più diversificata asset allocation, oltretutto in un paese come l’Italia dove l’immobiliare è un asse portante del sistema? Infatti, ormai anche nel nostro Paese (finalmente…) gli investitori istituzionali hanno imparato a considerare l’investimento nel mattone come una asset class “alternativa”, così come succede in tutto il mondo finanziariamente evoluto”.

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