Anonimo: “Come fa uno a vivere a Milano con 1.400 euro al mese?”

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Trasferirsi a Milano per inseguire il sogno di una carriera di successo può sembrare la svolta ideale per molti giovani del Sud Italia. Ma la realtà, spesso, è ben diversa da quella immaginata. Anonimo, 26 anni, originario di Bari e laureato in Economia, racconta a “I giovani e la casa” la sua esperienza di vita nel capoluogo lombardo, dove si è trasferito circa due anni fa alla ricerca di nuove opportunità lavorative nel mondo della consulenza finanziaria. Tra affitti alle stelle, orari di lavoro non molto semplici e una solitudine crescente, il nostro giovane si ritrova infatti a fare quotidianamente i conti con una realtà che lo ha cambiato profondamente, senza avergli ancora dato ciò che sperava prima del trasferimento.

Dopo anni di sacrifici in Puglia, divisi tra lo studio e il lavoro come cameriere per aiutare la famiglia, il sogno per un futuro migliore combatte con un sistema-Italia fatto di stipendi modesti e costi della vita molto elevati, a cui talvolta si aggiunge la consapevolezza che “una carriera da idraulico o da elettricista” forse avrebbe potuto offrire maggiori soddisfazioni. Milano, oggi, è anche la città di chi cerca di farcela unicamente con l’aiuto delle proprie forze. La vita, del resto, è fatta di gioia e di dolore, di fatica e di quiete.

Domanda: Com’era la tua vita a Bari prima di trasferirti a Milano?
Risposta: Ricordo grande abbondanza, di tutto: tanto cibo, tanta compagnia, tanto sole, tanto affetto, tanta fatica, ma anche tanto divertimento. Vengo da una famiglia umile, ma che è sempre stata molto unita, gioiosa e ospitale. Ho lavorato per dare una mano in casa da quando ho 14 anni, ma la mia famiglia non mi hai mai fatto mancare l’affetto e il sostegno nei momenti di difficoltà. Secondo me è questa la cosa più importante per una persona: l’amore. A chi manca l’affetto manca il senso della vita. A 18 anni ho avuto un incidente in macchina e me la sono vista brutta. Sono stato fermo, tra ospedale e a letto, per quasi tre mesi. Non c’è stato un giorno in cui non abbia visto almeno cinque o sei persone della mia famiglia. Penso che non ci sia bisogno di commentare questa fortuna. Ho tre fratelli: uno di dieci, una di quindici e una di ventiquattro anni. Noi sei siamo una forza. Poi giù al Sud c’è molto più senso di protezione verso i nostri cari. Alcuni anni fa la mia sorella più grande ha rifiutato un ragazzo che ci provava con lei insistentemente. Erano a ricreazione e lui l’ha spinta a terra, facendola cadere e piangere. Il giorno dopo con mio padre e due miei amici abbiamo aspettato che tornasse a casa da scuola, lo abbiamo guardato negli occhi con le braccia incrociate e non c’è stato bisogno di dirgli nulla. È venuto con noi fino a casa nostra e ha chiesto scusa a mia sorella. E il bello è che c’era pure suo padre con noi, che gli ha tirato uno schiaffo in mezzo alla strada appena ha saputo dell’accaduto. Ma in famiglia non ci siamo solo noi. Mia madre ha tre fratelli e una sorella, mio padre due sorelle, e tutti gli zii hanno figli, in età tra i cinque e i trentacinque anni. I miei nonni sono ancora tutti e quattro vivi, e anche alcuni loro fratelli. La domenica e durante le feste siamo anche in quaranta/cinquanta, tutti a casa di nonna, un appartamento di 200 metri quadrati che, escluse le camere, per le occasioni diventa una specie di ristorante. I parenti si portano i tavoli, le sedie o le panche da casa e mangiamo in tre stanze, siamo tutti strettissimi e parliamo e ridiamo per ore. Le nonne e le zie cucinano sempre per tutti (cibo e carne di contadini), e stiamo a tavola quasi tutto il giorno. In estate, periodo in cui cadono molti dei nostri compleanni, stiamo invece in cortile, unendo i tavoli in una lunga grande fila. Il Sud è anche questo.

D: Hai detto che hai sempre lavorato. Che cosa hai fatto per dare una mano in casa?
R: Il mio primo lavoro risale a quando avevo quattordici anni, appena finita la terza media. Sono andato a lavorare come tuttofare in un hotel a Polignano a mare. Ho fatto così per tre stagioni, fino ai 16 anni. Mi pagavano 400/500 euro al mese, in nero. Lavoravo tutta la settimana dell’estate, appena finita la scuola, dalla mattina fino all’allestimento della cena tranne un giorno di riposo, e vivevo in una camera vicino all’albergo con altri lavoratori stagionali, tutti più grandi di me. Bellissimi ricordi. A quell’età mi sembravano tantissimi soldi, e poi mangiavo in albergo gratis tutti i giorni. Cibo buonissimo. Il lavoro mi ha svegliato. Sono sempre stato più sveglio dei miei coetanei che non facevano nulla dalla mattina alla sera. E mi sono sempre trovato più in sintonia con chi, come me, già lavorava e doveva dare una mano in casa. Grazie al lavoro ho parlato con un sacco di persone: ricchi e poveri, brava gente e gente meno brava. Ho visto cose che avrei preferito non vedere e ho imparato a stare zitto, pensando soltanto a me stesso e alla mia famiglia. Al Sud un po’ funziona così. Anche al Nord c’è tanta criminalità organizzata, soprattutto a Milano e in Lombardia, ma al Sud la incontri a tutti i livelli, purtroppo fa parte della quotidianità in molti meccanismi. Dai 17 anni in poi ho iniziato a lavorare anche durante l’anno. Facevo il cameriere in un ristorante a Bari (mezzo in regola e mezzo no), e in estate ho continuato con le stagioni a Polignano, spaziando tra diversi lavori: pulizia camere, barista, cameriere, animatore. Alcune volte ho fatto anche il tassista abusivo!

D: A che cosa ti hanno dato accesso il lavoro e i soldi a un’età così giovane?
R: Ad aiutare la famiglia prima di tutto. Poi a responsabilizzarmi e togliermi gli sfizi e, negli anni dell’università, a mantenermi e pagarmi gli studi. Vivendo con i genitori non è che avessi tutte queste spese. E poi non mi è mai piaciuto spendere. Il bar, i vestiti di marca e tutte le altre cose futili a cui aspirano le persone io non le capisco. Ho sempre risparmiato molto e questo alla lunga mi ha dato tanto. Gli unici miei sfizi erano e sono il cinema e la corsa. Due passioni che tutto sommato sono economiche. Cambio scarpe due volte all’anno, circa ogni sei mesi, perché corro quasi ogni giorno sui 20 o 30 chilometri. Questa è la mia più grande spesa, perché corro molto e ho il piede sensibile. Mi piace correre all’alba o la notte quando non c’è nessuno in giro. Poi, come ti dicevo, grazie al lavoro ho visto tantissime tipologie di persone e ho capito come funziona il genere umano. Siamo tutti molto buffi.

D: Che ricordi hai dell’università?
R: A 19 anni ho deciso di studiare Economia a Bari. È andata bene. Ho conosciuto tantissime persone e avevo la mia stabilità economica. Non avevo più 14 anni, non guadagnavo più soltanto 400 euro al mese, ero più che indipendente dal punto di vista economico, anche considerando che vivevo con i miei. Gli zii e i nonni mi hanno aiutato con qualche paghetta di tanto in tanto e con tanti sacrifici e poche ore dormite sono riuscito a laurearmi. Studiare e lavorare non è facile, ma ti rende forte e determinato. Non ho mai invidiato i miei compagni di corso che ogni giorno dopo lezione andavano a bere e fare gli aperitivi. Ho sempre guardato me stesso, la mia famiglia e i miei tre migliori amici: Fabio, Marco e Giuseppe. Ho tanti amici ma sono loro tre i miei veri soldati. Secondo me il lavoro rende migliori le persone, soprattutto noi giovani. I miei tre migliori amici hanno sempre lavorato e studiato contemporaneamente, come me. Questo ci ha resi diversi.
La mia laurea è stata un grande evento: sono stato il primo della famiglia a laurearsi. I miei genitori piangevano tantissimo durante la proclamazione. Mi sono sentito molto felice di aver terminato gli studi. Però il mio sogno era andare a Milano, fin da quando ero piccolo. Non ci ero mai stato ma l’amavo con tutto me stesso: il Duomo, Piazza Gae Aulenti, Silvio Berlusconi, il Milan e l’Inter, la televisione, le modelle. E, negli ultimi anni, l’immagine degli uomini della finanza in giacca e cravatta a San Babila. Che bello. I miei per la laurea mi hanno regalato un completo blu di Boggi con scritto “Milano ti aspetta, sarai il più forte di tutti”.

D: Com’è stato il tuo impatto con Milano?
R: Il trasferimento a Milano è stato un grande cambiamento. Me l’aspettavo, ma non pensavo che sarebbe stato così difficile. Venivo da una vita barese faticosa, ma sorridente e piena di amore. Anche se ho sempre lavorato parecchio, quasi tutti i giorni della mia vita, non ho mai sentito di essere parte di un sistema in cui vigono sfruttamento o ingiustizia. Arrivato a Milano, invece, ho fatto i conti con tantissime novità. Qui la gente comunica poco, non ci si saluta per strada, le persone che vivono nello stesso condominio a volte non sanno nemmeno della loro reciproca esistenza. È una città costosissima, e tutti pensano soltanto a lavorare. Oltretutto, si guadagna poco in relazione ai costi della vita, gli affitti sono altissimi e gli stipendi sono bassi, soprattutto per noi giovani. Mi sono trasferito con la speranza di trovare più opportunità di lavoro e di carriera, perché al Sud, in generale, le possibilità sono più limitate, in particolare in settori come la consulenza finanziaria. A Milano le aziende e le opportunità ci sono, ma la competizione è altissima, lo sfruttamento è ai massimi livelli e ti devi adattare a un ritmo di vita che a volte è senza senso. Mi ero preparato mentalmente a questi nuovi sacrifici, perché ci sono tanti lavoratori pugliesi che vivono a Milano con cui avevo parlato negli anni, ma la realtà è sempre più dura del previsto. Anche perché io non ho una famiglia che mi aiuta. Il lavoro mi piace da morire, lo amo, ma di fatto sto in ufficio fino almeno fino alle 20 o le 21 e non guadagno il giusto rispetto alla mia fatica e dedizione. Straordinari mai pagati. Se stacchi alle 18 o alle 19 per andare a casa ti guardano tutti male. Mi chiedo se ne valga la pena.

D: Lavori nella consulenza finanziaria, un settore ambito da tantissimi neolaureati. Tuttavia, sembra che tu non sia soddisfatto. Che cosa ti manca?
R: Guadagno 1400 euro al mese, a cui si aggiungono poco meno di 200 euro di buoni pasto, soldi che in una città come Milano non ti permettono di vivere in tranquillità. Dopo un anno di stage a 800 euro, mi sembrava già un passo in avanti, ma guardando la situazione con un po’ di distacco, mi rendo conto che sono ben lontano dall’essere nel “futuro migliore” che avevo sperato. I colleghi non mi capiscono quando esprimo questi pensieri, forse perché loro hanno famiglie che possono aiutarli economicamente. Io invece devo pensare a ogni singolo centesimo. Sono consapevole che in rapporto guadagnavo di più come cameriere o lavoratore stagionale quando stavo in Puglia, anche se in nero, e in alcuni momenti mi chiedo se non avessi fatto meglio a scegliere una professione più manuale, come l’idraulico o l’elettricista, che forse mi avrebbe dato più soddisfazioni, sia economiche sia personali. A Polignano conosco un idraulico che ancora oggi mi chiede di andare a lavorare da lui. Qui a Milano lavoro tutto il giorno e il tempo per me è davvero poco. E poi, nonostante abbia un contratto regolare e paghi i contributi, probabilmente non vedrò mai una pensione, o vedrò una pensione misera. Non so dire se mi manca la vita di prima oppure no. Ci sono punti a favore della mia vita a Milano, non è tutto solo fatica e non voglio passare come quello che parla soltanto male della città che lo ospita. Qui sono a contatto con grandi aziende, grandi professionisti, sto imparando un bel lavoro e vivo in un mondo più dinamico e internazionale. Ma la realtà è che con questi soldi non faccio una vita serena. Vivo in una stanza singola (in un appartamento con altre tre persone, tutti della mia età), pago 650 euro al mese di affitto escluse le spese e le bollette, e il cibo e la vita sono molto costosi. Tornare a casa dai miei costa molto (sia in areo sia in treno), e devo passare dei soldi alla famiglia ogni mese. Non lo so, quando studiavo e lavoravo mi sembrava di fare fatica, ma adesso sono davvero molto più in difficoltà. Non si tratta soltanto di lavorare, cosa che non mi pesa. Si tratta di prospettive. Ce ne sono davvero poche, sono tempi duri.

D: Oltre al lavoro in consulenza, mi hai detto che hai anche un secondo impiego per avere qualche guadagno in più. Che cosa ti ha spinto a cercare un secondo lavoro nel weekend?
R: Sì, per arrotondare e risparmiare un minimo ho trovato lavoro il weekend in un bar-pasticceria. Il problema è che questo secondo lavoro è tutto in nero, pago le conseguenze fisiche e non posso neanche lamentarmi altrimenti mi cacciano o si sparge la voce che sono un fannullone. Le mie mansioni sarebbero da barista e servire la clientela, ma spesso mi trovo a sollevare casse pesanti o spostare mobili e piante. Un mese fa mi è caduto un vaso sul piede e mi sono rotto un’unghia. L’ho fatto notare al mio capo e lui ha fatto finta di niente, dandomi del ghiaccio per dieci minuti e costringendomi a finire le ultime due ore della giornata. Mi mangio i pasticcini di nascosto e faccio sconti ai clienti in senso di protesta. Nella vita bisogna fare così quando si subisce. Uno pari. Ah sì, per fortuna ha smesso di farmi spostare le cose dopo l’incidente: due a uno per me! I miei genitori pensano che stia facendo tutto questo solo per tenermi impegnato, ma la verità è che non posso permettermi di vivere e aiutarli solo con il mio stipendio principale. È un sacrificio che faccio anche per non dar loro preoccupazioni, ma è chiaro che la situazione è lontana dall’ideale. E sì, sicuramente posso crescere economicamente, così come a breve me ne andrò dalla pasticceria, ma quando e a quale costo? Uno deve avere un quadro generale delle cose. Non ha più senso dire che Milano è “la locomotiva d’Italia” se la gente non affronta i problemi e non racconta le cose come stanno.

D: E quindi guardando al futuro come ti vedi? Quali sono i tuoi sogni e le tue speranze?
R: Ultimamente ho riflettuto molto sul mio futuro, e sinceramente non mi vedo continuare così per tanto tempo. Tornare a Bari? Forse, ma voglio vivere in una casa da solo. Un bell’appartamento con una terrazza per le persone che vengono a trovarmi. Mi sono abituato facilmente alla mia indipendenza, pur non avendo perso l’amore e la vicinanza con la famiglia. Chiamo i miei genitori tutti i giorni e sento il resto della famiglia settimanalmente, anche solo con qualche messaggio su Whatsapp. Poi, come ti dicevo, devo guadagnare bene in fretta, perché non ho una famiglia che mi può passare 500 o 1000 euro al mese, come alcuni miei colleghi. Lo stage di un anno a 800 euro al mese è stato pesantissimo per me. Ho finito tutti i soldi da parte e ancora oggi sto lavorando molto, weekend compresi. Prima lavoravo e studiavo. Adesso lavoro e lavoro!
Un sogno che mi attrae sempre di più è quello di mollare tutto e trasferirmi in Guatemala. Ho un amico di mio zio che vive lì da vent’anni, con sua moglie, e stanno vivendo una vita molto più semplice e felice. Lui lavora per un’azienda di spedizioni e lei organizza corsi di yoga e tour dell’isola per turisti occidentali. L’idea di aprire un piccolo chiringuito in riva al mare mi affascina tantissimo. Sarebbe una svolta radicale, ma potrebbe essere una via d’uscita da questa routine che non mi soddisfa del tutto e che mi lascia anche un po’ solo e incompreso. Se continuerò a sentirmi così ancora a lungo, forse arriverà il giorno in cui prenderò questa decisione o una decisione simile.

Nota: l’immagine in evidenza è stata generata con l’intelligenza artificiale di Canva

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