Angela: “Casa è dove sento amore, famiglia e bellezza”

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Angela Sidran, nonché mia sorella gemella, è attualmente business manager in una società di consulenza per Ict e Ingegneria con sede a Milano, e negli anni ha lavorato nei reparti marketing e consulenza di multinazionali nel mondo economico e biomedicale. Solare e splendente, Angela è rappresentante di numerose iniziative di pubbliche relazioni legate alla Scuola Navale Militare Francesco Morosini di Venezia, che ha frequentato dal 2012 al 2015 negli ultimi tre anni di Liceo Classico. Quali sono state e quali saranno le case della vita di Angela? Nel corso dell’intervista risponderemo a queste ed altre domande ripercorrendo la storia abitativa di una giovane professionista in cui uno sguardo proiettato nel futuro tende a dialogare con un passato che al contempo pesa ed è leggero.

Domanda: Che cosa rappresenta per te la casa?
Risposta: Per me la casa è un luogo di rifugio, certezze, condivisione, amore e famiglia. Quando sento la parola casa, penso subito al luogo in cui ho vissuto di più nella mia vita, a Fossalta di Portogruaro, in provincia di Venezia. Non è una casa come le altre. Ho infatti avuto la fortuna di crescere in una villa veneta del 1700 immersa nel verde, e questo mi ha permesso di sviluppare una forte sensibilità per la bellezza e un rapporto quotidiano con l’armonia. Oltre a essere bella, è una casa ricca di storia e ha un significato legato alla nostra famiglia. È piena di energia positiva e di racconti che si tramandano da generazioni. Certo, è e sarà un peso che dovrò sempre portare con me, ma anche un peso positivo, perché è una grandezza storico-familiare. Oltre a questo, è una casa grande e accogliente, che ha dato vita a tantissimi momenti di aggregazione con la famiglia e gli amici, soprattutto in estate. A Fossalta abbiamo ricordi che ci porteremo dentro per tutta la vita: da quando eravamo piccoli con i nonni paterni (e crescere con i nonni è qualcosa di eccezionale) fino alla nostra adolescenza e ai momenti più importanti come la laurea e i compleanni. La casa di Fossalta è e sarà sempre la prima che mi viene in mente.
Un’altra casa della mia vita è il palazzo dei nonni materni, Palazzo de Götzen, che si trova in centro a Portogruaro: per noi un luogo fondamentale. Anzi, forse durante l’infanzia abbiamo vissuto più a Portogruaro che a Fossalta, dove, ad eccezione delle feste o dell’estate, durante l’anno scolastico per lo più studiavamo, dormivamo e facevamo colazione. Eravamo sempre in giro: a studiare musica, fare danza e praticare sport. Anche il palazzo di Portogruaro è sempre stato un luogo di bellezza assoluta. È un palazzo gotico-veneziano del 1400 ed è elegantissimo, con un giardino che dà sul Lemene, il fiume che attraversa la cittadina. È molto simile alla casa di Fossalta da un punto di vista emotivo. Qui durante elementari, medie e liceo pranzavamo tutti i giorni della settimana con il ramo materno della famiglia. Qualche volta c’erano anche ospiti o altri famigliari, ed eravamo sempre in almeno 7 o 8 persone. Discutevamo di tutto: scuola, lavoro, politica, sport, relazioni, sogni, personaggi famosi. Per non parlare delle cene a Natale, Pasqua e nei giorni di festa: quanti bei momenti! Sono fortunata a sapere che ancora oggi è un punto di riferimento così importante per la nostra famiglia.

D: Ci sono altri luoghi abitativi legati alla tua infanzia e adolescenza?
R: Bibione, località balneare in provincia di Venezia, è stata la casa di molte estati della nostra vita. Ne abbiamo avuto conferma l’estate scorsa quando dopo molti anni abbiamo deciso di tornare nel nostro albergo di fiducia, l’Hotel Holiday, sentendoci subito a nostro agio. A Bibione abbiamo conosciuto tantissimi amici e siamo cresciuti prima come bambini e poi come adolescenti. Un’altra casa per me importantissima sono stati i centri estivi della Federazione Italiana Tennis: a Pievepelago (Modena), Caprese Michelangelo (Arezzo) e soprattutto al Brallo (Pavia), dove abbiamo vissuto le prime esperienze fuori casa lontano dai genitori. Anche queste sono cose che porteremo sempre dentro di noi, che ci hanno fatto crescere e scoprire lati del nostro carattere ancora inesplorati. E tutto grazie al tennis, allo sport e alla condivisione. Anche se penso all’infanzia in Veneto, alle elementari e alle medie, ho tanti bei ricordi: tra le case delle mie amiche, quelle a cui sono più legata sono le case di Silvia e Chicca, entrambe di Portogruaro. Pomeriggi di gioco, svago, crescita, confronto e creatività. Giocavamo in casa, in giardino, con i videogiochi e inventavamo balletti. Per non parlare dei compleanni, che da bambini erano dei veri e propri eventi di networking.

D: E poi Venezia, più esattamente Sant’Elena. Dal 2012 al 2015 sei stata infatti allieva della Scuola Navale Militare Francesco Morosini, la scuola della Marina Militare dove hai frequentato il Triennio del Liceo Classico. Che significato ha questa scuola per te?
R: Il Morosini lo considero la mia seconda casa a tutti gli effetti, e per sempre. Sono arrivata a Venezia a 16 anni, nell’età in cui cominci a conoscere te stesso e metterti in discussione. Con tutti i pregi e i difetti che puoi. Dentro la scuola ho vissuto tre anni, perché si tratta di una scuola militare. Sono stati anni stupendi, che mi hanno dato tantissimo a livello di esperienze, legami e amicizie che sono come la mia seconda famiglia. Ancora oggi la Scuola è il mio punto di riferimento, dato che possiamo tornare quando vogliamo grazie alle numerose attività associative. Dal 2015 sono infatti membro del Consiglio Direttivo di Asso Morosini, l’associazione che riunisce gli ex allievi della Scuola Navale Militare Francesco Morosini. Nel 2022 abbiamo celebrato il 60° anniversario della nascita della scuola, l’evento più importante organizzato con l’associazione. Hanno partecipato circa 2000 ex allievi di diversissime età, professioni e provenienza geografica, tutti spinti dal desiderio di tornare nel cancello verde per rivivere le esperienze, i suoni e le emozioni degli anni al Morosini. Siamo stati in Piazza San Marco per il Giuramento degli allievi attuali e poi abbiamo proseguito con le feste fino a San Giorgio. Tutti quanti volevano tornare a “casa”, dai ventenni ai settantenni, e tutto grazie alla passione della nostra associazione nell’organizzare eventi, conoscere e far incontrare le persone. Quindi la casa, capisci bene, è sempre qualcosa che va oltre il muro domestico. Noi del Morosini manteniamo in vita una casa che ormai, salvo i grandi eventi all’interno della Scuola, è tutto tranne che fisica. Ripensando agli anni da allieva, il Morosini mi ha insegnato a condividere gli spazi, a rispettare la privacy altrui, la poca che avevamo, e a cercare un equilibrio non scontato con le altre persone, per conoscere tutti i punti di forza e debolezza della nostra “famiglia” e creare una squadra forte in cui ognuno potesse contare sull’altro. Nessuno avrebbe potuto andare avanti da solo. È una cosa molto intensa, perché in qualche modo continua ad essere così.

D: Dopo il Morosini quali sono state le tue case della vita?
R: Dopo il Liceo mi sono trasferita a Milano, dove vivo ancora oggi, per studiare Economia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e in seguito lavorare. In nove anni ho cambiato quattro case, e due sono state le più significative. Nella prima, vicino a via Washington, ho vissuto i miei primi cinque anni a Milano con altre tre ragazze. Era una casa grande e accogliente, che si prestava a cene e festini universitari, in una zona residenziale, signorile, servita dai mezzi e ben frequentata. Anche a Milano ho imparato a rispettare le persone con cui vivevo. Per la prima volta mi sono imbattuta nella gestione delle pulizie, nelle spese e nella gestione dei soldi. Soprattutto nei primi anni, ho fatto un salto importante in termini di maturità e responsabilità economica, anche perché quella casa mi ha permesso di trovare il mio primo lavoretto. All’interno del palazzo in cui vivevo, ho fatto da baby sitter per una bambina delle elementari e aiutato nello studio i suoi fratelli, due ragazzi che andavano alle medie e al liceo (un maschio e una femmina). Anche la casa di quella famiglia è stata una vera casa per me. E loro sono una famiglia meravigliosa, con cui ancora oggi sono in stretto contatto. Terminati quegli anni, ho cambiato casa rimanendo in zona Washington: un piccolissimo cambiamento, perché i riferimenti geografici erano gli stessi. In quel momento, però, sono diventata lavoratrice a tutti gli effetti. La prima era la casa del periodo universitario. La seconda, la casa del mio primo lavoro. Nel frattempo è arrivato il covid e, dopo un breve ritorno in Veneto, sono stata ospite di un mio amico in zona Forlanini per alcuni mesi, cambiando completamente quartiere. Fortunatamente avevo la macchina aziendale, perché con i mezzi era dura spostarsi laggiù: c’era solo la 73 e un altro autobus che portava a Lambrate. Adesso c’è la metro blu ed è tutto molto più semplice, per fortuna. Quando ho vissuto a Forlanini non mi sembrava di essere a Milano. È un quartiere molto verde e tranquillo. E quella casa era bellissima, nuovissima.

D: Attualmente dove vivi?
R: Da quasi due anni, ho trovato casa insieme a te in zona Ortica. Anche questo cambiamento è stato importante: è un quartiere diverso da quelli tipici di Milano. Qui ci sono case basse, c’è una chiesetta di paese, e tutto è molto vicino. Anche con i mezzi ci si trova bene: la metro blu, inaugurata l’estate scorsa, è a meno di 10 minuti a piedi. Per la prima volta a Milano mi sono sentita come se fossi in una piccola cittadina, o dovrei dire in un quartiere. Perché Ortica è così, piena di bellissimi locali che sono dei veri e propri centri di aggregazione: in primis la Pasticceria Eoliana, il mio posto del cuore, ma anche la birreria Impronta e La Balera dell’Ortica. Invece prima, magari anche perché avevo voglia di sperimentare e scoprire la città, non frequentavo moltissimo il mio quartiere. Qui invece mi sono adagiata sentendomi veramente a casa. Oltre a questo, la zona est di Milano è anche la più comoda per guidare fino a casa, in Veneto. Magari è meno bella e meno signorile, ma per le pretese che abbiamo adesso è stata sicuramente una soluzione straordinaria. E poi io e te abbiamo avuto modo di tornare a vivere insieme dopo undici anni di distacco. E questo ha rafforzato il nostro legame facendoci sentire ulteriormente a casa.

D: Come immagini la tua casa del futuro?
R: L’idea di casa del futuro dipenderà da tantissime variabili. Adesso mi trovo in una fase della vita in cui non riesco a rispondere bene. Le mie ambizioni professionali ma anche abitative sono alte e spero di ritrovarmi in una casa grande per condividere momenti e ricordi con la mia futura famiglia, la mia famiglia attuale, gli amici di una vita eccetera. Quindi la casa del futuro me la immagino un luogo vivo al 100%. Poi mi piacerebbe avere una casa al mare, che non abbiamo mai avuto. Ma non riesco a guardare avanti senza guardare indietro. Forse il mio più grande obiettivo è far rivivere la villa di famiglia attraverso eventi, feste, matrimoni ed esperienze uniche per gente di tutto il mondo. Purtroppo per motivi di lavoro devo momentaneamente restare lontano dal Veneto e dalla provincia di Venezia, ma ridare una seconda vita alla villa di famiglia è il mio più grande sogno, che mi permetterebbe di mantenere il legame con la mia terra e con la passione per organizzare eventi e stare con le persone.

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