Diminuisce la diversità di genere nel mattone europeo, ma solo un po’

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Cresce il numero di donne nelle posizioni apicali delle società europee del real estate scambiate in Borsa. La “quota rosa” nei consigli di amministrazione e di sorveglianza delle principali realtà di settore è infatti salita al 28% nel 2017 dal 22% di due anni prima.

A fare i calcoli è stata l’Epra (European public real estate association), che ha pubblicato lo studio nella sua conferenza annuale a Berlino che si è tenuta a inizio mese.

A presentare i risultati è stata, non a caso, Helen Gordon, amministratore delegato di Grainger Plc, la più grande società immobiliare quotata nel Regno Unito. “I consigli di amministrazione e gli investitori dovrebbero essere a conoscenza dell’ampio stock di documenti e studi che mostrano come, in media, le aziende che vantano team di gestione diversificati, anche per genere, producono risultati economici migliori – ha commentato Gordon, sottolineando come – l’industria immobiliare sta facendo progressi in questo senso, ma il ritmo del cambiamento è ancora troppo lento”.

Lo studio di Epra

Secondo lo studio, peraltro, la diversità di genere riguarda soprattutto le posizioni di comando e i vertici aziendali. Il mondo del real estate quotato in Europa, infatti, occupa indifferentemente uomini e donne, distribuiti equamente al 50% o giù di lì. Il problema è che solo il 22% delle posizioni dirigenziali in azienda è occupato da donne.

Complessivamente, per lo studio sono state valutate 140 società, sebbene il dato relativo alla rappresentanza femminile con ruoli e mansioni di dirigenza sia stato ricavato da un campione di 125 società.

Guardando ai singoli paesi, i risultati migliori sono stati segnati dai paesi nordici e dalla Francia. Nel dettaglio, in Svezia, nel 2017, il 45% dei dirigenti erano donne, seguiti dalla Norvegia con il 38%, dalla Finlandia con il 31% e dalla Francia con il 28%.

All’altro capo della scala, Belgio, Paesi Bassi e Germania avevano rispettivamente il 23%, il 15% e il 12%.

Circa 34 aziende, corrispondenti al 50% della capitalizzazione di mercato, hanno messo in atto politiche per promuovere la riduzione delle diversità per genere, etnia e talento potenziale, ma solo 11 aziende hanno dichiarato di aver fissato obiettivi specifici per la diversità di genere.

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