venerdì, Ottobre 31, 2025

Conti pubblici e affitti brevi: sarebbe ora che Saturno si mettesse a dieta

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I governi italiani come moderni epigoni di Crono? La divinità arcaica greca, identificata in Saturno nel pantheon romano, che aveva la singolare abitudine alimentare di mangiare i propri figli? Detta così sembra un’ipotesi un po’ bizzarra, ma a ben vedere c’è sotto una buona logica.

Sono numerosi gli esempi di attività o settori economici, a volte addirittura di nuove iniziative prima inesistenti, sponsorizzati e incentivati a livello governativo e poi abbandonati a sé stessi, o sbranati da imposte o da cambiamenti normativi che ne hanno decretato la prematura fine.

Andando a memoria tornano alla mente le Sale bingo – promotrici di un’attività di una noia apocalittica, nessuno lo nega – sbarcate in Italia nel 1999 al ritmo della grancassa del “gioco responsabile” e le cui prime aperture risalgono al 2001. In breve tempo dopo la nascita sono state sottoposte a una legislazione schizofrenica in termini di requisiti e controlli, dettata molto spesso da intenti moralistico-propagandistici più che da una chiara strategia industriale, e sono state colpite da canoni di concessione crescenti anno dopo anno. Un ambo che ha portato a chiusure in serie.

La sigaretta elettronica ha subito più o meno lo stesso fumus persecutionis. I primi negozi specializzati sono sbarcati in Italia nel 2009, ma il boom vero e proprio si ebbe tra il 2012 e il 2013, grazie alla crescente domanda di alternative al fumo tradizionale e all’apertura capillare di punti vendita fisici su tutto il territorio nazionale. A partire da lì il settore ha subito un forte giro di vite da parte delle istituzioni, fatto di restrizioni e divieti simili a quelle del fumo tradizionale – cosa scientificamente poco sostenibile – e soprattutto dell’inserimento della cosiddetta “imposta di consumo” al 58,5% applicata al prezzo di vendita al pubblico dei prodotti a partire dal 1° gennaio 2014. L’effetto? Basta farsi una “svetrinata” per verificarlo.

Passiamo alla cannabis light, settore “nato” formalmente con la Legge n. 242 del 2 dicembre 2016, intitolata “Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”, esploso negli anni successivi la cui sciagura è stata servita sul piatto con il divieto imposto nel 2025 dal Decreto Sicurezza e giustificato con argomenti di “sicurezza pubblica” e “tutela dei minori”, nonostante la comunità scientifica e la stessa Cassazione abbiano riconosciuto la differenza tra cannabis light (senza effetto psicotropo) e cannabis stupefacente.​ Con questa furba mossa, orgogliosamente rivendicata da politici di spicco tra cui in particolare il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, lo Stato ha scelto di azzerare un settore da 2 miliardi di euro e 22.000 posti di lavoro, senza prevedere alcuna transizione o sostegno ai lavoratori coinvolti.​

Il nuovo “spuntino” che il Saturno nazionale sembra volere mettere sotto i denti è quello degli affitti brevi turistici. In Legge di Bilancio, con una mezza gabola retorica, si intende far passare un aumento dell’aliquota della cedolare secca del 5%, dal 21 al 26%, per tutte le abitazioni concesse in affitto breve tramite intermediario, fisico (l’agenzia) o virtuale (portali tipo Airbnb) che sia. A subire questo morso saranno circa mezzo milione di case vacanza, consentendo allo Stato di racimolare 102,6 milioni di euro l’anno per far quadrare i conti.

Buffo che a raccogliere le briciole sotto il tavolo saranno soprattutto i partiti che governano città, anche importanti, ma che a livello nazionale sono all’opposizione, e che vedono per motivi ideologici gli affitti brevi dei privati come il fumo negli occhi.

L’ipotesi che tale stretta fiscale porterà a un aumento di offerta sul mercato degli affitti ordinari è tutta da dimostrare. E anche dal punto di vista economico, fuor di bilancio, le conseguenze non potranno che essere negative. In questo modo si va ad azzoppare un settore su cui molti cittadini e piccoli proprietari avevano scommesso, invogliati anche dalla retorica del “turismo petrolio nazionale” sbandierata da qualsiasi governo pro tempore a prescindere dal colore. Si disincentivano peraltro quei proprietari che muovono, anche nel loro piccolo, un po’ di economia affidandosi a fornitori di servizi (portali, agenzie immobiliari, property manager specializzati) per promuovere la propria mercanzia e, a volte, per gestirla.

E chi affitta una sola abitazione in autonomia, tramite passaparola e amicizie, senza lasciare tracce elettroniche o reali che potrebbero tornare utili in ottica di controllo, del fatto che l’aliquota della cedolare secca sia ordinaria o aumentata, francamente, è probabile che se ne infischi preferendo il buon caro e vecchio nero.

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