Lunedì 27 ottobre, nella cornice del Palazzo Lombardia a Milano, si è tenuto il Green Building Forum Italia, organizzato al Green Building Council Italia. Un punto di riferimento cruciale per il mercato delle costruzioni e dell’immobiliare nel nostro Paese.
Un susseguirsi di interventi per rimarcare l’importanza dell’associazione di tre parole: futuro, costruzione e sostenibilità. Tutto ciò, da una parte attraverso l’impegno governativo e imprenditoriale per garantire città più vivibili, sicure, inclusive e sane. Dall’altra l’impegno della responsabilità collettiva nell’attuare pratiche sostenibili, per esempio attraverso l’investimento in tecnologie verdi. Un connubio di attività che porterebbero ad un miglioramento della qualità di vita. L’evento, come ricordato dal Presidente GBC Italia Fabrizio Capaccioli, si è assunto l’impegno di fornire, attraverso il contributo di professionisti del settore, una roadmap che parta dalla progettazione di un edificio, alla sua demolizione. Un unico obbiettivo, il futuro sempre più sostenibile.
L’acquisizione di una sostenibilità sempre più presente e consapevole comporta una transizione giusta e produttiva, che non penalizzi ma sostenga, che non imponga ma accompagni. Ancora, che non divida ma unisca. Un filo rosso quindi che guardi soprattutto alla salvaguardia dell’economia (grazie agli investimenti in attività strategiche) e della società (garantendo quindi città, edifici e comunità sempre più innovative e visionarie).
Non a caso nel piano regionale di sviluppo è stato aggiunto il termine “sostenibile”. Nello specifico, il Forum ha avuto lo scopo di sollecitare a far sì che non sia una parola lasciata a se stessa in “nero su bianco”, ma che tutto ciò che verrà diventi compatibile con il termine.
La transazione ambientale diventa quindi un impegno principe di Green Building Council Italia e il forum ha sottolineato le tre direzioni di azioni principali della transazione medesima, illustrate dal Dierettore GBC Italia Marco Caffi: decarbonizzazione dell’ambiente costruito; la circolarità dell’ambiente costruito e il benessere che viene fornito all’interno di un ambiente costruito. Il cammino non è facile. Ecco perché il quarto pilastro viene ad essere la resilienza, grazie alla quale si potrà pensare ad obbiettivi nel lungo termine supportando così le generazioni future.
È proprio guardando alle generazioni future che il Presidente della regione Attilio Fontana, intervenendo durante la sessione della mattina, ha sottolineato la collaborazione del comparto politico-regionale con il Politecnico di Milano, al quale si sono rivolti per affrontare lo studio di possibili ipotesi energetiche: “Partendo dal presupposto che sul vento non possiamo fare riferimento, di energie compatibili ce ne sono, da quella solare ai biocarburanti, fino ad arrivare agli impianti geotermici”.
L’unione tra istituzioni e professionisti del settore è quindi chiara: da una parte le istituzioni sfornano parchi normativi per mettere le fondamenta ad una transizione consapevole, dall’altra i professionisti, grazie al loro sapere, mettono in atto tutte le competenze per renderla sempre più su misura della collettività.
Ma la collettività cosa ne pensa? Qual è la percezione della popolazione tenendo presente che la normativa non è mai chiara al 100%? Renato Manheimer, Advisory Board Consultant Eumetra ha dato una risposta a queste domande attraverso i risultati ottenuti in un sondaggio.
Partendo dal presupposto che la maggior parte della popolazione italiana è proprietaria immobiliare di abitazioni (circa 75%), ad oggi, alcuni edifici del nostro patrimonio immobiliare si trovano in ottime condizioni, ma molti altri necessitano di importanti ristrutturazioni (specie per renderli più efficienti dal punto di vista energetico e ambientale). L’Unione Europea ha quindi deliberato che tutti i paesi dovranno riadattare le proprie abitazioni per rispettare le norme di sostenibilità e risparmio di energia entro il 2035. Ciò comporterà, ovviamente, una massa imponente di lavori, per la gran parte a carico degli stessi proprietari.
I proprietari immobiliari sono a conoscenza di questo obbligo futuro? Fin dove si spinge la loro sostenibilità ambientale? Possiedono le risorse economiche per far fronte ai lavori?
“Cercare e vedere la la verità è un atto di grande coraggio e voglia di fare”, è così che Manheimer ha aperto il suo intervento. È stato intervistato un ampio campione di proprietari di case, un totale di 800 casi, rispettando la distribuzione italiana dei proprietari di case al nord, al sud, tenendo altresì conto del centro e delle zone intermedie.
Tipologia di casa posseduta: 91% di proprietà, case singole 23%, condomini il 24%. Una media di 120mq.
Si applica la sostenibilità? L’80% ha detto di si, confermando la consapevolezza sulla sostenibilità immobiliare. In aggiunta il questionario ha poi indagato sulla consapevolezza o meno che occorra fare dei lavori, il 63% è d’accordo. Il 28% invece dice che non occorre fare niente. Prendendo da parte quel 63% sono stati esaminati i lavori fatti al proprio immobile.
I risultati hanno evidenziato una tendenziale crescita per quanto riguarda l’installazione di infissi isolanti e pompe di calore, guadagnando così classi energetiche e allineandosi al contempo alle norme attuali.
“Il punto è che tutti vogliamo fare ma poi i soldi vanno tirati fuori”: il 37% paga, il 34% vuole una casa green ma gratis, il 29% rimane nel dubbio.
Chi deve pagare? Solo il 14% pensa che il costo sia completamente a carico dei privati. D’altro canto, la maggior parte dei proprietari sostiene che sia necessario un contributo pubblico.
Il campione intervistato è a conoscenza delle norme? Nello specifico alla normativa avente come data x il 2035, quale anno in cui tutti dovranno comparire in regola dal punto di vista energetico? Il 56% è a conoscenza; il 37% no.
Ebbene, la conoscenza è una cosa, ma il consenso? La legittimazione popolare? Il 30% ritiene giusta l’imposizione UE, il 55% non considera giusta l’imposizione medesima. Succede quindi che a giugno 2025 diminuiscono i proprietari che pensano di adeguarsi alla normativa UE. Coloro invece che restano propensi ad un adeguamento sono la popolazione più giovane (fino a 44 anni).
Infine, da chi si adeguerebbe alla normativa emerge un 37% che avrebbe bisogno di un consulente per decidere. D’altro canto, uno su tre non si farebbe convincere da nessuno.



