Il progetto più recente si chiama Near ed è un polo dedicato alla rigenerazione urbana e al living a Milano, promosso da Redo ed EuroMilano che propone anche soluzioni di sustainable housing e alloggi per studenti.
Giovanni Azzone, presidente di Fondazione Cariplo, tra i maggiori investitori del progetto, aveva dichiarato la volontà della Fondazione di realizzare soluzioni accessibili e di qualità per giovani coppie, studenti e persone che sono al centro del funzionamento della città, con spazi che rafforzano la comunità e offrono nuove opportunità.
Il punto è questo: le città le fanno per persone, ma in Italia non poca trippa per gatti, perché l’offerta di abitazioni usate è scarsa, costosa e gli stipendi non sono adeguati ai costi per comprare casa, soprattutto in città.
Questo porta a una difficoltà enorme, soprattutto per i più giovani, circa un milione, che non riescono nemmeno a pensare di potersi comprare casa da soli e che sono tra chi si sta guardando intorno per trovare soluzioni abitative alternative.
Si entra quindi nel campo del living, un abitare temporaneo che può andare anche oltre i 12 o 24 mesi di affitto.
La prima opzione di questo comparto ha un senso logico: se non ci si può permettere una casa di metratura adeguata (di solito la base in Italia è di circa 90 mq), si riducono le superfici, che ora possono rasentare la salubrità grazie al Decreto casa 2024 che ha abbassato le dimensioni minime: monolocali da 28 a 20 mq, bilocali da 38 a 28 mq.
Si è quindi aperta ufficialmente la porta del micro living nel contesto italiano: spazi compatti, rivolti soprattutto a studenti, professionisti e persone che vivono sole, con forte concentrazione nelle aree metropolitane, Milano su tutte, con il progetto City Pop con 261 micro appartamenti dedicati principalmente ad affitti brevi per studenti e lavoratori in trasferta.
Già un anno fa si erano aperti scenari inaspettati sul micro living perché, secondo la ricerca “Micro Living Urban World 21” a cura del Gottlieb Duttweiler Institute, l’abitare del futuro avrà poco spazio e sarà più individualista. Questo per via di una crisi demografica lenta e di una popolazione sempre più anziana, tanto che nel 2050 gli over 65 in Italia saranno il 34,5% del totale. Inoltre, le nuove generazioni non hanno più bisogno di grandi spazi come in passato e considerano la casa un servizio più che un nido.
Al via allora le operazioni di co-living, tanto che a inizio anno, Axa Im ha puntato 3 miliardi di euro sullo student housing e proprio sul co-living europeo entro il 2031. La strategia prevede un mix di acquisizioni di asset esistenti, sviluppo da zero e conversione di ex uffici, con focus soprattutto sulla Francia e sulle principali capitali europee, per creare soluzioni di abitare condiviso destinate a professionisti giovani, studenti e lavoratori.
Il co-housing o co-living si è già sviluppato in Europa, soprattutto nei Paesi nordici, tanto che in Danimarca e Svezia tra l’1 e il 2% della popolazione vive in co-house. Secondo la ricerca “Co-housing in Italia, un nuovo trend” realizzata da Gabetti e Homers, se anche solo l’1% della popolazione italiana adottasse questo modello, verrebbero ristrutturati oltre 130.000 edifici.
Nel 2024 erano circa una trentina i progetti di co-housing attivi, quasi tutti localizzati nel nord del paese, soprattutto di condomini rivitalizzati, con aree comuni, spazi aperti, giardini, orti, sale polifunzionali, cucine attrezzate, lavanderie, servizi di portineria e persino aree wellness.
Secondo i questionari diffusi allora da Gabetti e Homers, nonostante la metà degli intervistati si fosse dichiarata soddisfatta della propria casa, il 37% sarebbe stato aperto a un cambio, segnale che la casa tradizionale, anche di proprietà, non soddisfa più le esigenze attuali.
E, ancora, il senior housing, le residenze per anziani autosufficienti che hanno brillato nel 2024 con diversi progetti, su tutti lo Spazio Blu, 130 milioni di euro di investimenti da Inps, Cdp, Gemelli InvestiRe Sgr, per la riqualificazione di un complesso immobiliare di circa 300 appartamenti destinati ad anziani autosufficienti.
A livello nazionale, si prevedono circa 600.000 posti letto in senior housing nei prossimi cinque anni. La domanda e l’opportunità di investimento restano insoddisfatte, con margini di crescita ampi rispetto al resto d’Europa, dove l’Italia è ancora indietro rispetto a Regno Unito, Germania, Spagna e Francia.
Un capitolo a parte va allo student housing: la cronica mancanza di posti letto per studenti spinge il settore. Milano e Padova sono al centro, e nel primo semestre dell’anno lo student housing ha registrato circa 300 milioni di investimenti, con un +54% su base annua. Milano da sola assorbe il 60%, seguita da Roma. Nel secondo trimestre sono stati contati 130 milioni di euro di capitali diretti al comparto, e secondo le stime entro fine 2025 l’Italia avrà bisogno di altri 20.000 posti letto per studenti, di cui almeno 7.000 solo a Milano.
Guardando al mercato, secondo Wcg, gli investimenti immobiliari del primo semestre 2025 hanno superato i 5,1 miliardi di euro, con un +60% nel secondo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2024. Di questi, il 21,9% è stato destinato agli asset alternativi e al living.
Per tracciare una previsione si può guardare al rapporto di JLL “Global living investment universe, uscito a maggio 2025, a livello europeo il living è passato dal rappresentare il 17% degli investimenti immobiliari nel 2014 al 26% nel 2024, con previsioni di superare il 33% entro i prossimi cinque anni. Il multi-family resta il segmento dominante, ma si attende anche in Europa la crescita degli alloggi per studenti, del senior housing e del social housing.
A livello europeo, nei prossimi 10 anni serviranno 16 milioni di nuove abitazioni urbane, mentre lo stock attuale detenuto dagli investitori copre solo il 4% del fabbisogno previsto. Un divario che apre prospettive enormi per il settore, alimentate da fattori sociali ed economici: la mancanza cronica di posti letto per studenti, le difficoltà nell’acquisto della casa soprattutto per i giovani, l’inadeguatezza degli stipendi medi italiani (e ancor più di quelli femminili) rispetto al costo dei mutui, la scarsità di offerta abitativa decente a prezzi accessibili che riguarda l’intera penisola.
La nuova era dell’abitare sarà governata dal mattone classico o insidiata da un living sempre più pressante? Probabilmente in Italia le persone faranno sempre sforzi per comprarsi casa, magari con l’aiuto dei familiari, ma l’abitare alternativo merita di essere considerato, perché significa che una buona fetta della popolazione si sta muovendo verso soluzioni nuove e indipendenti.
Non comprare casa vuol dire rinunciare a un capitale immobiliare, ma significa anche avere meno vincoli, più libertà, la possibilità di adattarsi ai cambiamenti e di scegliere spazi diversi a seconda delle fasi della vita. In fondo, domani può sempre esserci un’altra casa.