mercoledì, Settembre 17, 2025

“Svilente semplificazione argomentativa”

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L’inchiesta sull’urbanistica milanese appare sempre di più un castello di panna montata: passati i primi entusiasmi per la sorpresa la costruzione dei PM milanesi si sta smontando e inacidendo. Il Tribunale del Riesame ha depositato 52 pagine di motivazioni che, di fatto, smontano alla radice le accuse di corruzione avanzate dalla Procura di Milano contro il cosiddetto “modello Milano”.

Le argomentazioni dei giudici sono nette: “mancano le prove” per sostenere il teorema accusatorio, definendo la tesi della Procura una “svilente semplificazione argomentativa“.

Le motivazioni riguardano le ordinanze che, già all’inizio di agosto, avevano portato alla scarcerazione di due indagati chiave colpiti da misure cautelari: l’architetto Alessandro Scandurra e il costruttore Andrea Bezziccheri.

Questa ondata di liberazioni aveva già preannunciato una “brutta aria” per la Procura, ma le speranze dei pubblici ministeri, di veder riconosciuti almeno i “gravi indizi di colpevolezza”, sono state completamente disattese. Il Riesame ha dichiarato che “difetta l’individuazione degli elementi essenziali del reato contestato“, traducendo in modo inequivocabile l’assenza di prove di corruzione.

Il nucleo dell’impianto accusatorio della Procura, guidato dal procuratore Marcello Viola e dal vice Tiziana Siciliano, era un vero e proprio “teorema“: quello di una commistione affaristica e politica che avrebbe governato l’urbanistica cittadina, con la corruzione come meccanismo operativo. I pm individuavano tale corruzione, in assenza di passaggi di contante, negli incarichi professionali affidati dai costruttori ad architetti membri della Commissione Paesaggio, considerata uno “svincolo cruciale” negli iter burocratici. Migliaia di chat telefoniche erano state depositate dalla Procura per tentare di dimostrare la sudditanza della giunta comunale – inclusi l’ex assessore Giancarlo Tancredi e il sindaco Beppe Sala – ai voleri degli immobiliaristi, con figure come Manfredi Catella e l’archistar Stefano Boeri al centro.

Tuttavia, il Tribunale del Riesame ha categoricamente respinto questa costruzione. Per i giudici, la “Cupola” non esiste e le corruzioni non sono state provate. La corte ha criticato le conclusioni del GIP Mattia Fiorentini, che aveva accolto le richieste di arresto, ritenendo che l’esistenza di un pagamento e lo svolgimento di una funzione pubblica in presunto conflitto d’interessi fossero sufficienti a configurare un accordo corruttivo.

Il Riesame ha invece evidenziato che non basta la “mera accettazione di un’indebita utilità” per configurare la corruzione; è necessario verificare in concreto se l’esercizio della funzione pubblica sia stato “condizionato dalla ‘presa in carico’ dell’interesse del privato corruttore”.

Nel caso dell’architetto Scandurra, non è stato possibile comprendere “sulla scorta di quali evidenze il gip abbia ritenuto che gli incarichi di progettazione siano stati affidati in ragione della sua funzione pubblica e non dell’attività di professionista di alto livello”. Le fatture contestate, inclusa una da circa 22mila euro che la Procura riteneva fittizia, sono state ricondotte a prestazioni professionali realmente effettuate e con importi concordati.

Un altro pilastro accusatorio demolito riguarda la disciplina del conflitto di interessi nella Commissione Paesaggio. Il Tribunale ha rilevato che tale regolamentazione era “connotata da indubbi profili di lacunosità e ambiguità”, una circostanza “del tutto trascurata dal gip”. I giudici hanno chiarito che l’architetto Scandurra, durante i suoi due mandati, si è sempre astenuto nelle discussioni di progetti a lui direttamente affidati. Il regolamento comunale, per quanto “strano possa sembrare”, fino al giugno 2023 imponeva l’astensione solo sui progetti propri, non su quelli di costruttori clienti. Non sono emerse “evidenze di indebite pressioni o sollecitazioni da parte di Scandurra”. Anche le chat tra Scandurra e gli imprenditori sono state giudicate di “contenuto piuttosto disadorno”, senza palesare alcuna sollecitazione da parte dei privati.

In definitiva, per i giudici del Riesame, le condotte contestate si configurerebbero, al massimo, come abuso d’ufficio, un reato recentemente abrogato e per il quale non è prevista la misura dell’arresto.

La botta per la Procura è indubbiamente di quelle che stordiscono. Nei prossimi giorni, si attendono le motivazioni per le altre ordinanze di annullamento degli arresti, tra cui quella riguardante Catella, con la probabilità che confermino le stesse conclusioni.

A questo punto, la Procura di Milano si trova di fronte a un bivio cruciale: proseguire con la sua strategia, puntando a un maxi-processo per corruzione ai vertici comunali (incluso il sindaco Sala) basandosi su un teorema già smentito in modo così netto dal Tribunale del Riesame, o fare un passo indietro, limitandosi a contestare semplici, ingombranti violazioni edilizie. L’esito di questa vicenda avrà ripercussioni significative non solo sull’urbanistica milanese, ma anche sulla credibilità dell’azione giudiziaria in un settore economico vitale per la città.

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