Il panorama globale degli investimenti in infrastrutture digitali sta attraversando una fase di crescita senza precedenti, con proiezioni che prevedono un impiego di capitali nei data center fino a 7.000 miliardi di dollari entro il 2030. Questa cifra straordinaria, che supera il doppio del PIL annuo di numerose economie avanzate, rivela non un semplice trend tecnologico, ma una profonda trasformazione strutturale dell’economia globale.
Tale mobilitazione di risorse riflette la crescente fiducia riposta nel futuro dell’intelligenza artificiale e nella centralità dell’infrastruttura digitale. Stiamo assistendo alla realizzazione del tessuto connettivo dell’economia del futuro, in cui ogni settore – dall’healthcare al manufacturing, dalla finanza all’istruzione – dipenderà intrinsecamente da una potenza di calcolo distribuita e continua.
Tuttavia, questa espansione solleva interrogativi complessi sulla sua sostenibilità e natura. È fondamentale discernere quanto di questi investimenti derivi da una visione strategica a lungo termine e quanto sia influenzato da una corsa “alla potenza” alimentata da aspettative esagerate e dinamiche geopolitiche. Una simile iniezione di capitali impone una riflessione approfondita su priorità, ritorni sociali e impatti ambientali. Non è accettabile destinare ingenti risorse solo a finanziare silos di calcolo a elevato consumo energetico, spesso ancora dipendenti da fonti fossili. Se queste cifre non sono accompagnate da un chiaro piano di efficienza, innovazione responsabile e accessibilità globale, rischiamo di edificare una cattedrale tecnologica priva di solide fondamenta etiche.
Un aspetto critico riguarda anche la distribuzione di questi investimenti. È essenziale considerare se tali capitali si concentreranno nelle mani di pochi colossi del cloud e dell’intelligenza artificiale, o se ci sarà spazio per lo sviluppo di un ecosistema più distribuito e aperto. La crescente complessità della supply chain, che include chip, energia, software e gestione, è un campanello d’allarme: una eccessiva concentrazione del controllo sull’intero stack tecnologico da parte di un numero limitato di attori potrebbe condurre a un’oligarchia digitale globale.
In conclusione, l’attuale scenario degli investimenti infrastrutturali legati all’AI non solo offre un quadro concreto delle sfide tecnologiche, ma stimola anche una riflessione più ampia sul rapporto tra investimenti, tecnologia e impatto sociale. La gestione di trilioni di dollari non è solo una questione finanziaria, ma una responsabilità collettiva che richiede un approccio strategico e lungimirante per garantire uno sviluppo equo e sostenibile.
A cura di Luca D’Alleva, head of service for cost management Italia, Spagna e Portogallo di Bcs Italia.